Finlandia, l'orso russo è quasi umano di Mario Ciriello

Finlandia, l'orso russo è quasi umano Dalle brutali interferenze sovietiche dell'anteguerra e degli Anni Cinquanta al sottile equilibrio che regge Fattuale convivenza Finlandia, l'orso russo è quasi umano Un colloquio tra Kruscev e Kekkonen segnò l'inizio della fine della più sguaiata «finlandizzazione» (un termine che a Helsinki non piace) - Negli ultimi tempi, il Cremlino ha accettato un presidente e un premier socialdemocratici nel Paese confinante senza considerarli una minaccia ai suoi interessi - Il prezzo politico (deferenza verso Mosca, autocensura, estradizione per chi fugge dall'Est) ed economico di questo atteggiamento più morbido resta alto DAL NOSTRO INVIATO HELSINKI — C'è un capo dello Stato emerso dalla socialdemocrazia; c'è un primo ministro che della socialdemocrazia è la voce piti autorevole; c'è un governo senza comunisti; c'è una nazione profondamente occidentale; c'è una società libera, aperta; c'è perfino un boom in Borsa. Dov'è allora questa «finlandizzazione»? C'è, ma è una creatura difficile da ritrarre, dalle fattezze schive e mutevoli. VI sono limiti che Helsinki non può valicare senza esporre a pericolose tensioni i suoi rapporti con Mosca. Ma quali sono questi limiti? E quali sono imposti e quali volontari? E' un labirinto in cui lo straniero deve avanzare con cautela e senza pregiudizi. I finlandesi odiano la parola «finlandizzazlone», che considerano una rozza iperbole politica. Si risentono come farebbe chiunque veda il proprio nome sfruttato per descrivere un processo negativo, uno stato di inferiorità. Reagiscono, dunque, con amarezza a chi avverte, in Occidente, che gli SS-20 sovietici, se non eliminati o controbilanciati, potrebbero permettere al Cremlino una «finlandizzazlone» più o meno radicale dell'Europa: preferirebbero un altro termine, uno che non evocasse un concetto di semisudditanza del debole verso il potente. Ma il vocabolo, con tutte le sue sfumature, è ormai entrato nel linguaggio diplomatico, ha messo radici, si può soltanto chiarirlo. L'irritazione finlandese è tanto più acuta in quanto 11 passar del tempo ha smorzato, nei più giovani, il ricordo degli Anni Cinquanta e Sessanta, e con essi delle pressioni sovietiche più pesanti, più minacciose. Neppure l'abilissima presidenza del geniale Urho Kekkonen, tutto teso a impedire, anzi a prevenire ogni escalation nella cronica diffidenza di Mosca, poteva fermare sempre un Cremlino che vedeva nella Finlandia un suo feudo. Un feudo speciale, autonomo, ma che non doveva sottrarsi alle leggi ferree delle aree d'influenza. Nel '58, in quella che fu chiamata la «crisi del gelo notturno', la Russia si impose: la Finlandia si piegò. Era ben poca cosa se raffrontata alle brutali prepotenze sovietiche degli anni prebellici: ma confermava l'esistenza di un rapporto che, se pur corretto nel novanta per cento dei casi, permetteva a Mosca di esigere il rispetto del suoi desideri. Il Cremlino non era disposto a tollerare un primo ministro socialdemocratico; e voleva che il governo impedisse la pubblicazione di vari libri, tra 1 quali le memorie di Yrjò Leino, l'ex ministro comunista dell'Interno. La condiscendenza di Helsinki non placò purtroppo il sospettoso vicino, che nel '61 vide in un'alleanza conservatrice-socialista una potenziale minaccia ai suoi interessi. Kruscev convocò Kekkonen a Novosibirsk. Questo incontro — indetto con il pretesto di revanscismi tedeschi antlsovietici nel Nord europeo — segnò il culmine della «finlandizzazione» più rozza. Da allora, attraverso innumerevoli fasi, quella che ironicamente si potrebbe definire la special relation ship fra i due Stati si è evoluta fino ad acquistare un maggiore equilibrio. Con tenacia è intelligenza, la Finlandia ha esteso di anno in anno la sua libertà d'azione; ha arginato l'invadenza sovietica; ha arricchito e irrobustito i suoi rapporti con l'Occidente. Senza troppi mugugni, il Cremlino ha accettato, tra l'81 e 1*83, l'ascesa al potere di due socialdemocratici, il presidente Kolvisto e il premier Sorsa. Si ha dunque una «finlandizzazlone» diversa, più morbida, anche se le cause prime restano quelle di sempre: l'esistenza di una nazione con neppure cinque milioni di anime nella sfera d'influenza sovietica, una nazione che la geografia rende indifendibile. Le sfere di Influenza offendo no l'aspirazione etica a sovra nità illibate, tuttavia non possono essere ignorate: e nessuno lo sa meglio degli Stati latino-americani, le cui scelte, come disse Kisslnger parlando del Cile, non devono essere in conflitto con la strategia politica mondiale di Washington. A Helsinki, si è imparalo a convivere con la Russia; e la Russia ha imparato a trattare tale convivenza con più acume. Il prezzo, per i finlandesi, è alto. Tutti i partiti, senza eccezione, competono nel proclamare la loro amicizia per l'Unione Sovietica: dal comunisti ai conservatori del Kokoomus tutti partecipano a quella che un recente studio ha definito una «para di deferenza-. Lo fanno perché maggiore è la fiducia del Cremlino, minori saranno le sue inframmettenze. Da tale «amicizia» derivano, è ovvio, politiche spontanee, pressoché automatiche, che non turbano gli interessi e i disegni soviet! ci. Proprio perché si attiene senza titubanze alla sua «neutralità allineata-, Hcl sinki è libera di seguire la sua vocazione scandinava e occidentale. Vi è pure un prezzo economico; i commerci con la Russia e i suoi alleati costituiscono oltre il 20 per cento degli scambi finlandesi; non è troppo, ma non è poco; anche perché Mosca è la fornitrice di petrolio e di gas. Più avvilenti sono gli altri due fardelli della «finlandizzazione»: le estradizioni e l'autocensura. Sul primo punto, il silenzio delle autorità è ermetico, ma non sembra scorretto affermare che la Finlandia non offre asilo a chi fugga dall'Unione Sovietica. In Russia lo si sa; e chi desidera evadere punta verso la Svezia. Mosca potrebbe dunque riavere da Helsinki chi tenti di abbandonarla: e sarebbe avvenuto. L'autocensura è meno misteriosa, in quanto, oltre ad avere lunghe radici nel passato, è visibile ad occhio nudo. Soltanto in rari casi Mosca fa udire la propria voce, non ve n'è bisogno, i finlandesi già sanno cosa è sgradilo al sospettoso vicino. La stampa tocca con mano leggera gli argomenti scottanti o li evita del tutto; critica molti aspetti dell'Unione Sovietica, come il malgoverno economico.- ma non condanna le strategie fondamentali. La televisione è ancora più cauta, anche perché i suoi programmi pos sono essere captati sull'altra sponda del Golfo di Finlandia, in Estonia. Certi libri non escono (l'edizione finlandese di Arcipelago Gulag è comparsa soltanto poco tempo fa) certi film non arrivano. Allo stesso tempo, occorre riconoscere e sottolineare che il clima si è ammorbidito, che molte paure sono svanite. Pochissimi sono i libri che non trovano un editore; nei negozi di Helsinki è oggi possibile comprare le opere di Solgenitzin e Shostakovlch, nonché i j'accuse contro il sistema sovietico di ex comunisti finlandesi. I giornali indipendenti parlano con più coraggio. La vittima principale rimane ovviamente la tv, che non ha mostrato, ad esempio, né un'ottima serie della BBC sulla Finlandia, «con l'orso vicino di casa-, né un documentario tedesco sullo stesso tema, né un film della CBS sui campi di prigionia nell'Urss. Vani sono stati invece tentativi russi di indurre la televisione a sospendere le cronache del suo inviato a Varsavia. Se la mano di Mosca si è fatta meno pesante è perché 11 Cremlino ha compreso che la vecchia «finlandizzazione» era ormai controproducente. Un osservatore ha scritto: «/ rustd preferiscono adesso una Finlandia-cavallo di Troia a una Finlandia-ostaggio-. Il «cavallo di Troia» è quello che dovrebbe agevolare la diffusione del neutralismo nell'area nordica, o scandinava: sostenendo le proposte di Stoccolma per una zona denuclearizzata, iniettando dubbi nell'atlantismo della Danimarca e della Norvegia. A tale fine, Mosca non obietta neppure al rafforzamento difensivo della Finlandia, che con soli quattro milioni 800 mila abitanti è ora in grado di mobilitare 700 mila uomini. Insomma, la Finlandia dovrebbe essere un allettante esempio, un convincente interlocutore. I legami con Mosca e la libertà nazionale non devono più apparire incompatibili. Ma quanta libertà? I finlandesi sono i primi a conoscere le frontiere invisibili, ma ferree, che 11 circondano. Mario Ciriello

Persone citate: Kruscev, Sorsa