Tradito dalle mezze verità

Tradito dalle mezze verità Dopo due. anni risolto il giallo della ragazza trovata morta nella roggia Tradito dalle mezze verità Roberto Ravazzani rinviato a giudizio dal giudice Oggè per omicidio volontario: legò Patrizia Esposto a un masso e la gettò in acqua svenuta - Lo inchiodano continue contraddizioni e un cumulo di pesanti indizi Nei capi d'accusa con cui il giudice istruttore Oggè rinvia a giudizio davanti alla corte d'assise Roberto Ravazzani, 33 anni, per l'omicidio di Patrizia Esposto, che non aveva ancora compiuto 14 anni, c'è la soluzione del giallo che per più di due anni ha impegnato il magistrato, alle prese con un indiziato che si vantava, parlando con amici e conoscenti, di poter commettere un delitto perfetto e restare impunito. Si legge nell'ordinanza: -Ravmaani deve rispondere di omicidio volontario aggravato dai motivi abbietti perché con violenza, minaccia e inganno (dicendole prima che l'avrebbe condotta a casa e poi minacciandola ed usandole violenza) sequestrava Patrizia Esposto, commetteva su di lei atti di libidine, neprovocava la morte gettandola ancora viva, le mani legate dietro la schiena, nella roggia di Orbassano; ed infine ne sopprimeva il cadavere per ottenere l'impunità dai delitti precedenti: Ravazzani è difeso dagli avvocati Nisi e Zancan, la famiglia di Patrizia si è costituita parte civile con gli avvocati Mazzola e Merlone. Il fatto — Il pomeriggio del 3 luglio '81 Patrizia va in via Lisa, allo stabilimento dove lavora la sorella, per ritirare un documento. Incontra Ravazzani che l'attende davanti allo stabilimento chiuso e accetta un passaggio perché mt naccia di piovere. Da quel momento il suo destino è segnato. Ravazzani dirà più tardi, quando il cadavere della ra gazza sarà ritrovato nella roggia di Orbassano, che l'ha lasciala alla fermata dell'autobus, in via Braccini. I parenti di Patrizia sospettano di lui perché spesso si è vantato di poter commettere un delitto perfetto. L'arresto — Ra/azzani fermato ma i medici legali che hanno eseguito l'autopsia, non riscontrando alcun segno di violenza, propendono per l'ipotesi del suicidio: «Il nodo con la cintura dei bermuda che le legava le mani dietro la schiena può esserselo fatto lei, E' un tipico caso di suicidio adolescenziale«, concludono Ravazzani è scarcerato per insufficienza di indìzi. Il testimone — Nell'aprile dell'82 Oggè scopre un amico di Roberto, suo complice in furti d'auto. Il testimone racconta al giudice che erano soliti nascondere le carcasse delle macchine rubate prò prio vicino alla bealera dove è annegata Patrizia. Ravazzani ha sempre sostenuto di non conoscere quel posto. Ora contro di lui c'è il primo grave indizio. Il masso — Il magistrato non trascura alcun particolare. Il corpo è stato ritrovato il 17 luglio. Soltanto due giorni prima il guardiano della bealera era passato di 11 e non l'aveva visto: ci sono voluti 13 giorni perché il cadavere arrivasse alla griglia. Oggè fa scandagliare il fondo della roggia e recupera un masso di calcestruzzo attorno al quale sono legate delle funi. Le perizie — Per controllare quanto tempo è necessario ad un corpo «zavorrato» per percorrere quel tratto di canale il giudice si serve di sommozzatori della polizia scientifica: i risultati rafforzano i suoi sospetti. Fa verificare l'alibi di Ravazzani per il pomeriggio del 3 luglio. C'è un vuoto, dalle 16,15, quando Roberto dice di aver lasciato Patrizia Esposto in via Braccini, alle 18,15, quando ricompare in una latteria di via Colombo. Dal sacchettificio di via Lisa al viottolo della roggia si impiegano con la «600» di Ravazzani 28 minuti, da 11 a via Colombo altri 17: in tutto 45 minuti. Oli è rimasto tutto il tempo per legare la ragazza al masso e seppellirla nel canale. La cattura — Il 9 luglio dell'82 Oggè fa arrestare Ravazzani e lo sottopone a stringenti interrogatori. Lui cambia versione, confessa parte della verità ma non tutta. Anche quando ammette di aver portato Patrizia alla roggia non dice poi di averla gettata ancora viva in acqua. Un particolare più degli altri lo accusa: in una delle sue tante versioni ha descritto la biancheria intima della ragazza: se le avesse dato soltanto un passaggio certe cose non avrebbe potuto saperle. La confessione — Conclude il giudice Oggè: «In-tutte le sue confessioni, diverse una dall'alira, Ravazzani non ha mai detto la verità su tre punti: la natura dei rapporti tra lui e Patrizia, il perché di quel nodo delle mani dietro la schiena, la causa della morte. L'indiziato sapeva che quel pomeriggio lo stabilimento era chiuso: il padre gli aveva raccomandato di avvertire la famiglia di Patrizia perché non andassero a ritirare quel documento». E' l'ennesimo indizio che il magistrato ha raccolto contro 11 giovane. Ora Roberto ha ritrattato: ma ha svelato troppe mezze verità e Oggè ha costrullo intorno a lui una rete dalla quale non sarà né facile né semplice venir fuori. Claudio Ccrasuolo

Luoghi citati: Orbassano