Diamo a Cesare quel che è di Cesare

Diamo a Cesare quel che è di Cesare Diamo a Cesare quel che è di Cesare Concludiamo la garbata polemica sulla «paternità» del Palazzo a Vela - Questa volta interviene il prof. Giorgio Rigotti per ricordare coloro che collaborarono alla riuscita dell'opera Palazzo a Vela, chi è il padre? Sulla garbata polemica abbiamo pubblicato nei giorni scorsi due articoli. Adesso interviene, per la seconda volta, il prof. Giorgio Rigotti per indicare «in riassunto i compiti e le realizzazioni di quanti (e 'pon sono evidentemente ricordati tutti) per la loro parte collaborarono alla riuscita dell'opera». Ci sembra giusta questa precisazione: e con ciò riteniamo chiusa la polemica. «Un "Palazzo" (qualunque esso sia) è frutto di una conceciane architettonica-compositiva molto complessa ma unitaria che cerca di risolvere i problemi proposti dai committenti utilizzando i mezzi, i sistemi, i materiali più adatti, liei modo più equilibrato e con l'intento supremo di fare "opera d'arte", e tale concezione è compito del progettista. Il "Palazzo a Vela" non sfugge a questa regola generale. «Nei componenti elementari esso è composto da un salone a pia.Ja circolare di m 130 di diametro interno compietaniente Ubero, senza appoggi intermedi, con copertura ar¬ cuata a tre punti di appoggio; dalle pareti laterali a strapiombo, elicoidali e completamente vetrate: dal gruppo dell'ingresso principale con uffici e servizi; dai gruppi angolari dei servizi sussidiari; dalle finiture e dai servizi distributivi. Fin dal 1957 Torino-Esposizioni (presidente ing. Daniele A. Derossi, direttore generale aw. Gino Potetti) affidava all'arch. prof. Annibale Rigotti e all'ing. prof. Giorgio Rigotti la progettazione del Nuovo Palazzo per Mostre a "Italia 61", progettazione die dopo laboriose e alterne vicende di terreni da occupare e di soluzioni architettonico-funeionali sfociava nel progetto realizzato. « Oggetto del primo appalto-concorso bandito nel marzo 1959 da Torino-Esposizioni è stato non tutto il Palazzo ma sono state soltanto la soluzione statica e la costruzione della copertura arcuata del grande salone (in ferro o in cemento armato, in alternativa il tipo a sei e quello a tre punti di appoggio individuati tutti e due da grafici e da bozzetti progettuali di A. e G. Rigotti) e tale appalto-concorso fu vinto dall'impresa Gastone Guerrini adottando il cemento armato e i tre punti di appoggio con soluzione strutturale originale e calcoli statici degli ingegneri prof. Franco Levi e Nicola Esquillan. «In seguito furono banditi da Torino-Esposizioni altri parziali appalti: le vetrate elicoidali a struttura autoportante in ferro calcolate dalllng. Silvio Bizzarri, costruite dalla S.A. Metallotecnica; il gruppo dell'ingresso principa le; i gruppi dei servizi angola ri; appalti vinti dall'impresa Guerrini avente sempre come calcolatore del cemento arma to il prof. ing. Franco Levi. «Completano il quadro altri appalti più particolari ma non meno importanti (servizi distributivi, pavimenti, finiture, ecc.) in cui entrarono volta a volta imprese e tecnici vari, non ultimo, anzi in un ceto momento determinante, l'Ufficio Costruzioni Fiat con i suoi specialisti (ne ricordo alcuni come l'ing. Luigi Ravelli, l'ing. prof. Carlo Bertolotti, l'ing. Giordano, l'ing. Frezet, e altri). «Tutto questo è avvenuto sempre seguendo il progetto architettonico-composi livo originario e l successivi svi luppi di A. e G. Rigotti e sotto la loro diretta responsabilità progettuale e direzionale, come risulta anche dal numero di giugno 1961 di "Atti c Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e Architetti in Torino" dove sono raccolte le conferenze conclusive sulle realizzazioni di "Italia 61" tenute nella sede della Società».

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