Teddy-boy hippy punk: la cultura del rifiuto

Dalla letteratura al costume, l'influenza dei movimenti underground nati in Inghilterra Dalla letteratura al costume, l'influenza dei movimenti underground nati in Inghilterra Teddy-boy, hippy, punk: la cultura del rifiuto , f\ OMINC1AMO a \\ V_x pensare in termini di permanenza ora, e a costruire il nostro maledetto futuro», scriveva nel '68 Jeff Nuttall, poeta, pittore, trombettista jazz inglese in uno dei libri «cult» di quel periodo, Bomb Culture, che. curiosamente i sessantottini italiani trascurarono e non venne mai tradotto. Imprudente profezia, se si pensa alla frantumazione di quel futuro negli anni successivi, alla sua continua rimessa in gioco e al riassorbimento di tanti scossoni più o meno eversivi. ' Sappiamo benissimo, del resto, che la predicazione del caos si è portata dietro In Inghilterra una insinuante 'tentazione all'ordine, e vale là pena ormai, in una prospettiva a suo modo solidificata — o magari pietrificata nel segno della deprimente Iri'ghilterra thatcheriana — e soltanto in apparenza decantata, o se preferite castrata, tentare uno sguardo 'di assieme all'underground o alia sottocultura inglese dell'ultimo quindicennio. L'impatto del fenomeno americano, per la sua vistosità di présa più diretta, la sua capacità di autopromozione e O' E potessimo avere la J3' registrazione dei colloqui e delle'discussioni, spesso violente, che senza dubbio intercorsero tra Vincent van Gogh e Paul Gauguin ad Arles sullo scorcio del 1888, forse possederemmo il documento-chiave dell'arte moderna. Lo conferma la lettura di un libro ora edito da Guanda e curato da Maurizio Brasa che ci propone una antologia di testi di Gauguin, dal titolo suggestivo quanto fuorviante: «Scritti di un selvaggio» (pagine 214, lire $000, con un saggio introduttivo di Victor Segalen). "Perché Gauguin selvaggia non lo era per nulla, anche se vi' teneva a passare come tale. Magari un po' maleducato, egoista, senza peli sulla lingua, ma per il resto, a giudicare anche da queste prose, che il più. delle volte hanno la forma di pensieri sciolti, il pittore dei .Calvari Bretoni, e delle «Tahitiane sulla spiaggia, potrebbe vantarsi di essere il più tipico degli intellettuali decadenti. Egli stesso non fa che accumulare, nelle sue memorie e nei suoi appunti, prove su prove che suffragano questo giudizio. Apprendiamo cosi dal volumetto di Guanda (prezioso e ■ degno di meditazione per quanti si interessano d'arte) che i suoi pittori preferiti erano Raffaello, Ingres, Degas, Puvis de Chavannes, quanto a dire il gotha della pittura ben disegnata, ben composta, ben studiata. Strani gusti per un selvaggio. Veniamo anche a sapere quanto gli dava fastidio il disordine di van Gogh, la sua fitria nel dipingere, persino il fatto che non chiudeva bene i tubetti di colore. Nei mesi di Arles è Gauguin die, secondo le sue stesse dichiarazioni, cerca di mettere un po'd'ordine nella vita-del vero .selvaggio» van Gogh. Il poco denaro disponibile viene distribuito in varie scatole a seconda della destinazione,-e una di queste è per le 'Salutari passeggiate notturne». Anche il ritratto Acqui Terme Massimo Campigli — Abituate appuntamento dell'estate con un .maestro» del Novecento. Questa volta è di turno un artista che, dai primi Anni 20, quando faceva parte del gruppo degli .italiens de Paris», è stato sempre uno dei nostri pittori più noti. L'iniziativa è dell'Azienda Autonoma di Cura e Turismo. Da oggi al Liceo Saracco. Nel catalogo un testo di Paolo Fossati. Paterno Fausto Pirandello — La mostra ha luogo nella nuova Galleria Comunale d'Arte Moderna ed è limitata ai pastelli. Tuttavia, e per il vivo interesse da lui manifestato per questo mezzo e per l'ampio arco'di tempo documentato — dal 1926 ai primi Anni 70 — risulto di porticotore interesse per approfondire la conoscenza di questo importante e . complesso pittore. Dal 10 luglio. Pesaro - ' Giacomo Balla — Riguarda i fogli di un album . inèdito, scovato di recente presso le figlie e contenente 227 disegni per ricanti, molto colorati e diversi tra loro, eseguiti dall'artista tra il 1918 e il ': 1930i.Nel catalogo, una prefazione di Enrico Crispalti. Alla Galleria di Franca Mancini, dal 10 luglio.- il non Indifferente contributo del media ha soffocato alr-'ino In parte la scena Inglese, o per lo meno ha favorito un'ottica alquanto deformata. Il libro di Dick Hebdige, ex teddy-boy significativamente trasformatosi in professore a Cambridge, Subculture. The Meaning of Styìe (pubblicato da Costa e Nolan con l'immancabile manipolazione «accattivante- del titolo come Sottocultura. /I fascino di uno stile innaturale) fornisce un utile punto di partenza, pure nella sua seriosità confortata dal nomi di Saussure, di Barthes di Oenet, di Althusser, contribuendo a dissipare l'immagine banalmente folcloristica che si accompagna di solito alla mitologia spicciola dei teddy-boy, dei mod e dei punk. E se Hebdige dà a Nuttall ciò che gli spetta, si tiene scrupolosamente alla larga da ogni sollecitazione profetica, e se mal rischia di usare cosi bene i suoi aggiornati e raffinati strumenti da ricavarne una griglia persino troppo impeccabile. Il discorso sulla sottocultura è divenuto insieme pretestuoso e elusivo. In questo senso, Raymond Williams Gauguin: «Al caffè» (part.). In sforzandosi iti mantenere l'impi raggiunge il nocciolo del problema quando, in La lunga rivoluzione, suggerisce di analizzare 1 significati e i valori «impliciti e espliciti» del comportamento magari quotidiano, di «uno stile di vita particolare». Bene: l'aspetto più vistoso delle mode mod, punk, del teddy-boy, rimanda precisamente a questo. Che poi si sia trattato della reazione a una forma di cultura egemone, lo sapevamo. Diclamo dunque che 11 punk si definisce quale terminale di un processo di rifiuto della norma, di esaltazione deliberata dell'artificio con il ricorso allo sgradevole, all'urtante, la cui preistoria (viene da sorridere a servirsi di un termine slmile parlando di vicende di un ventennio) si identifica nella scrollata ancora blanda dell'età del Beatles. Ma attenzione. Dovremmo evitare di cadere nell'errore turistico di associare tutto questo con Londra. I Beatles e insieme la poesia, ' rifiutata con schifata degnazione dai circoli letterari, di Henri e di Me Gough, partirono da Liverpool, ossia da un centro etnicamente misto e politicamente radi¬ primo piano la signora Ginoux chanto di Gauguin cale, con acute lotte operale. Nel suo piccolo anche Andy Capp, con il suo rifiuto del lavoro e la sua dichiarata asocialità, arrivava dalla provincia economicamente depressa. Londra fu e rimane un punto di coagulo, non necessariamente di irradiazione. che van Gogh dipinse più volte, romantico vagheggiamento del rapporto con la gente di colore sintetizzata nella formula inventata da Norman Mailer del «negro bianco»: all'opposto, non si stabili mai una sorta di emulsione con la classe operaia. Scontati gli echi americani, il teddy-boy comportò una retorica del giovanilismo volutamente esasperato, bohémien, di rifiuto della norma comportamentale (famiglia, scuola, lavoro), celebrato con 11 rock 'n' roll ma impacchettato in uno stile edoardlano, specie nell'abbigliamento. Se il teddy-boy poteva avere un'estrazione proletaria, come nota Hebdige, era brutalmente xenofobo. Il dandysmo resistette anche con il mod, variopinto e incravattato, pulito e ordinato, assorbendo però il retroterra di una cultura di ascendenza operaia preesistente, sul quale esiste il claslco studio di Richard Hoggart, Proletariato e industria culturale. E il mod si diede un linguaggio che ha inciso pochissimo sulla letteratura inglese del periodo ma rimane singolarmente vitale a livello di effimero. Tra teddy-boy, mod e punk si colloca l'esplosione Un gruppo di punk inglesi Stati Uniti accanto al «rifiuto generalizzato» studiato efficacemente In Italia da Mario Maffi nei suoi libri sulla cultura underground (termine nato In America nel primi Anni Sessanta) un certo tipo di sradicamento e soprattutto la tensione razziale, sfociata in una sorta di , Se pensiamo alle convergenze ma pure alle sostanziali divaricazioni tra beat e hippy americani e teddy-boy, mod e punk inglesi, dobbiamo tenere a mente alcuni dati di tatto: scontata la matrice comune della •bomb culture» esaltata da Nuttall, sussisteva negli staccò rifugiandosi nel paradiso tropicale delle Isole Marchesi, mentre van Gogh era da sempre impegnato a rappresentare e a capire quella realtà, che gli era indispensabile ritrarre attraverso il contattodal .vero.. Emerge da questo libro un Gauguin con lati disumani. Il famoso episodio dell'orecchio tagliato è agghiacciante, specialmente per la disinvoltura con la quale il maestro di Pont-Aven dopo aver fermato .con uno sguardo, il povero van Gogh che stava per assalirlo con un rasoio se ne va a dormire da un'altra . parte; e menomale che il suo sonno .fu agitato». Anche le lettere alla moglie Mette hanno durezze che non gli fanno onore. Quanto ai mito dell'arte primitiva e dèi « buon selvaggio» Gauguin stesso doveva averne! negli ultimi mesi di vita, una tragica smentita, quando morì solo e abbandonato nella .primitiva» capanna che si era fatta costruire nell'isola di Hiva Oa. Mala sicurezza di sé e della sua grandezza non gli mancava: è dichiarata più volte a chiare lettere. «Ho liberato l'arte moderna — scriveva —. Adesso tutti possono esporre ciò che vogliono dove vogliono». Terminata la lettura di questi .Scritti di un selvaggio» si potrebbe cogliere l'occasione della mostra alla villa Favorita di Lugano, dove sono esposte nove importanti tele di Gauguin accanto a $re, non fra le maggiori, di van Gogh. Ma, tra i due era certamente van Gogh il grande maestro e il grande rivoluzionario della pittura. Quando seppe che si era suicidato, Gauguin scrisse: «Povero ragazzo, sono contento per lui che ha finito di soffrire». Quasi il commento del maestro per l'allievo mal riuscito e sfortunato. Ma forse nel suo intimo Gauguin ne aveva capito la grandezza perché pronunciando il nome .Vincent», com'egli stesso scrive, la sua voce .diventava dolce». BeppiZancan SIAMO sicuri che quella sia la vittima? Siamo sicuri che quello sia l'assassino? Siamo sicuri che quello sia l'investigatore? Non ci capiamo nulla, e questo sta ormai a significare che stiamo vedendo un nuovo giallo. E' una sofferenza. Un film giallo d'una volta assicurava un certo divertimento dal principio alla fine. Ecco, l'abbiamo pronunciata la parola maledetta. E' soprattutto quando questa parola appare o quando, se non appare la parola in questione, scompare comunque il film, è soprattutto allora che soffriamo di più. Non abbiamo neppure capito che è finito. Anche a quest'inaugurazione d'estate, in coincidenza non del tutto fortuita con il Mystfest di Cattolica, l'abbuffata romagnola di film delittuosi e tenebrosi simposi di Felice Laudadio, i quotidiani d'informazione e disinformazione, i settimanali più o meno alla moda, le televisioni pubbliche e private hanno riattaccato a parlare di giallo. E si ribadisce la constatazione che è cambiato, profondamente cambiato 11 concetto stesso di giallo. Infatti, da parte dei commentatori più casuals la vittoria al Mystfest, tra i film di recente edizione, de II segno dei quattro di Desmond Davis, con protagonista ancora una volta Sherlock Holmes e la trama ben collaudata del secondo racconto dedicato da Conan Doyle alla sua Infallibile creatura, questa vittoria in un certo senso a sorpresa è stata vista come un'operazione rétro della, giuria presieduta dall'antica Leslie Caron. Si sarebbe preferito insomma che il premio toccasse a film più nervosi e contemporanei considerati più addentro al nuovo concetto del giallo. Ma qual è esattamente il concetto vecchio del giallo? Qual è esattamente il concetto nuovo del giallo? Giallo è un'etichetta troppo vaga, di uso e abuso solo in Italia, un colore editoriale. Sin dal 1929, ovvero da quando Arnoldo Mondadori lo scelse per le copertine di testi disparati quali La strana morte del signor Benson di S. S. Van JDlne. L'uomo dai due corpi di Edgar Wallace, Il Ctkì/ dei suicidi di Robert Luis Stevenson e II mistero delle due cugine di Anna Katherine Green, giallo è stato un'etichetta buona per contenuti e modi di narrare di ogni tipo, un'etichetta aperta ed elastica, dilatabile pressoché all'Infinito. Quindi, discettare di vecchio e di nuovo giallo per noi italiani permissivi e pasticcioni in materia non sarebbe troppo giustificato. ano come Pink Flamingos di Waters se ne può rendere conto pienamente. Hebdige ha ragione quando sostiene che il caos totale del punk era possibile perché il suo stile possedeva un suo perfetto ordine. Bisognerebbe però aggiungere che questa rimane la linea di discrimine tra punk inglese e tormentata quanto autentica realtà degli immigrati caraibici, per i quali nessun gioco è possibile. L'associazionismo distorto o ricompattato dal mod al punk, la sua sgradevolezza e la sua devianza, il suo grado zero, hanno potuto svilupparsi, muoversi e Infine canalizzarsi fino alla inevitabile commercializzazione. Come la schiuma frenata delle lavatrici, il punk si è dilatato senza mai allagare. Oli immigrati delle West Indies si sono tenuti la loro alienazione, i loro culti, 1 loro furori, ma hanno prodotto un linguaggio che ha toccato esiti letterari non indifferenti, come nel caso dei romanzi di Samuel Selvon, sfortunatamente ignoti In Italia. Nessun punk ha, lungi dal distruggere, intaccato profondamente le leggi della tribù. Claudio Gorlier di un fondamentale evento sociale, vale a dire la forte immigrazione in Inghilterra dalle Indie Occidentali: l'esodo, o se volete l'esilio, di gruppi caraibici In genere neri, con l'avvento del reggae e 11 ritualismo della setta restafarìana, con la sua retorica biblica e 11 suo demonismo, il suo risentimento verso la Babilonia capitalistica e colonizzatrice, la sua insofferenza e la sua fede misticheggiante che culmina nella celebrazione del carnevale, la sua perenne quanto dionisiaca alienazione, la sua identificazione esterna (1 capelli arricciati e intrecciati, le giacche cachi o verdi). Cosi, in opposizione al teddy-boy e al mod, il punk scelse lo sporco, il trascurato, l'accelerazione verbale, il comportamento provocatoriamente anarchico, e infine la negazione ostentata dell'antibritannicltà, tipica del God Save the Queen — tanto per fare un esempio — dei Sex Plstols. A livelli più circoscritti r .arte della spazzatura» si è manifestata anche negli Stati Uniti, e chi abbia visto nelle rassegne recenti di cinema indipendente americano un «cult movie»