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L'Europa apre ai vini di California (e non trema davanti al Fakon Cresi) Gli Stati Uniti e la Cee firmano un accordo che sblocca le importazioni L'Europa apre ai vini di California (e non trema davanti al Fakon Cresi) NEW YORK — Stati Uniti Cee hanno firmato un accordo che permette l'aumento delle vendite di vino americano in Europa. Dopo la Coca-Cola, ci sarà una nuova invasione del iliade in Usa sulle tavole imbandite dove finora regnavano sovrani solo i grandi vini italiani e francesi? Potremo ad esempio degustate il Falcon Cresi, vino californiano creato da Michel Robblns, proprietario della tenuta a Napa Valley in California, nella quale vengono girati gli esterni della popolare serie televisiva clic ha per protagonisti proprio una famiglia di origine italiana impegnata nel mondo enologico americano. Ma al di là della legittima curiosità di conoscere i vini d'Oltreoceano, quali possibilità hanno gli Stati Uniti di conquistare una fetta del già affollato mercato europeo? «Ormai da tempo la produzione americana, e californiana in particolare, ha raggiunto ottimi standard qualitativi — commciìla Giuseppe Martelli, direttore dell'associazione enotecnici italiani—sono vini senza tradizione, ma prodotti con tecniche d'avanguardia, e nati per soddisfare il particolare gusto del consumatore I statunitense». Il cuore della zona vitivinicola è la California, in particolare le vallate di Napa e Sonoma, dove operano aziende vastissime (oltre mille ettari) spesso di proprietà di italo-americani che vi ìianno portato vitigni e prime tecnologie. A Dai'is esiste una università specializzata in enologia che sforna ogni anno tecnici ad altissimo livello. Sono loro ad aver trasformato le aziende in efficienti «fabbriche del vino» con metodi colturali fittovi (stufe e ventilatori nei filari per mantenere costante la temperatura dell'aria) e cantine avveniristiche, con impianti di climatizzazione e processi di fermentazione guidati dal computer. Dagli originali cabernet, chardonnay, mosca ti (e perfino vitigni di barbera) nascono vini dal gusto spesso sorprendente per il consumatore europeo. Il grande aumento del consumo di vino negli Stati Uniti (in trentanni si è praticamente triplicata la quota prò capite passando dai 3 litri annui del 1950 ai 9 litri del 1980) ha però colto le aziende californiane quasi alla sprovvista. Gli europei, e gli italiani in particolare, sono cosi riusciti a occupare fasce di mercato importantissime (il nostro Paese copre il 15 per cento dell'intero mercato vinicolo americano, con esportazioni che superano il valore di 250 milioni di dollari l'anno. 380 miliardi di lire; in primo piano, il Lambrusco e ("italian-cola in lattina. L'interscambio con la Cee è favorevolissimo agli europei (3 milioni di ettolitri di vino importato ne- gli Usa contro i 30 mila ettolitri che gli americani esportavano finora nel Vecchio Continente). Su pressione dei produttori californiani, gli Stati Uniti sono ora riusciti a raggiungere un accordo per far conoscere i vini americani anche in Europa, dove finora erano bloccati a causa di una serie di misure sui metodi di vinificazione e sulla gradazione alcolica minima. Potranno cosi arrivare anche i nuovi light wines a basso contenuto calorico che permettono l'inserimento del vino nelle diete. «E' una sfida che l'enologia italiana può soltanto accettare — aggiunge Martelli —. Abbiamo i mezzi per rispondere sul piano della qualità e della imprenditorialità alla nuova concorrenza americana». Sul vino, del resto, si sta combattendo da tempo una grossa battaglia commerciale. Si calcola die il solo mercato americano abbia raggiunto il giro d'affari di 4 miliardi di dollari, 6 mila miliardi di lire. Ci sono grossi investimenti e proprio della Coca-Cola (ha creato il marchio Taylor California Cellars) e della Firestone pneumatici, la quale, in accordo con la Suntory giapponese, hi acquistato vigneti nella zona di Santa Barbara. Sergio Mira valle