E il mare baciò il Carso

E il mare baciò il Carso IN MOSTRA LA PREISTORIA DELL'ALTO ADRIATICO E il mare baciò il Carso S'inaugura oggi al castello di S. Giusto a Trieste la mostra della preistoria del Caput Adriae. Ce ne parla il prof. Giorgio Stacul, dell'ateneo triestino. TRIESTE — L'alto Adriatico è un mare dal bassi fondali. Le spiagge e le lagune che costituiscono oggi un'attrazione dei bagnanti, sono il risultato di una stabilizzazione della linea costiera che risale a tempi piuttosto recenti. Undicimila anni fa l'alto Adriatico non esisteva. Il Po si Immetteva nel mare press'a poco all'altezza di Ancona. Da allora le coste hanno registrato una progressiva, lenta regressione, conseguenza della fine dell'ultima età glaciale. Enormi masse d'acqua, trattenute dai ghiacci nell'arco alpino e nell'Europa settentrionale, si andavano sciogliendo aumentando il livello dei mari, finché la linea costiera ha corrisposto press'a poco a quella attuale. Ciò avvenne Intorno ai settemila anni avanti Cristo. La mostra della preistoria del Caput Adriae, che si inau gura oggi nel castello di 8. Giusto a Trieste, documenta nelle sue prime sale il momento in cui il mare ha lambito per la prima volta 11 litorale triestino, quando gli abitanti delle grotte del Carso comin clarono a cibarsi anche di pesce e di frutti di mare. Queste vicende accaddero durante il Mesolitico, un periodo che ha registrato ovunque l'incre mento della pesca e della raccolta, conseguenza della crisi dei popoli cacciatori, della scomparsa del grandi branchi di renne e di cavalli selvatici, che in tempi precedenti avevano costituito la principale risorsa alimentare delle comunità. Cosa ha significato in seguito, per le genti del Carso e del Friuli, la cosiddetta «rivoluzione neolitica», ovvero l'affermarsi dell'agricoltura e dell'allevamento del. bestia' me? Nella mostra ciò che risalta è la presenza del primi vasi di terracotta, grandi vasi a coppa, spesso decorati con motivi geometrici incisi, che talvolta conservano ancora, all'interno dell'incisione, tracce di colore rosso inteso a produrre un effetto cromati co. Varie fogge e decorazioni, che risalgono fino a cinquemila anni avanti Cristo, sono slmili a quelle di vasi comuni nello stesso periodo lungo le coste della Dalmazia. Quando, ancora più tardi, gli uomini si distinsero per l'uso delle armi, delle frecce tirate con l'arco e dei martelli litici da combattimento, allora anche nell'alto Adriatico c'è stata una concentrazione di ricchezze nelle mani di pochi, forse capi guerrieri, come tendono a dimostrare alcune bellissime coppe decorate secondo lo «stile di Lubiana», certamente patrimonio di un ceto elevato. Ma un aspetto veramente peculiare dell'area giuliana, dall'Istria al Carso triestino e lsontlno, a partire dalla meta del II millennio fu rappresentato dal fenomeno dei «castelUeri», gli abitati fortificati sorti alla sommità delle colline, che oggi vediamo circondate da imponenti bianche pietraie. Nelle pianure del Friuli, abitati naturalmente difesi sorsero alla confluenza fra due fiumi, in siti protetti dalle acque e da erte scarpate. Come le coste marine, anche le frontiere culturali oscillarono, nell'area giuliana, durante la preistoria. Ciò sembra dimostrato soprattutto con l'avvento dell'età del Ferro, quando dalla Valle Padana la cultura venetlea o atestina si espanse oltre il corso dell'Isonzo e dello stesso Tlmavo. I castellierl del Carso continuarono, probabilmente, ad essere abitati dalle medesime genti. Ma i prodotti delle loro industrie, in primo luogo i vasi, si differenziarono nettamente rispetto ai tempi precedenti, come si vede dai reperti che la mostra presenta. Le testimonianze archeologiche dimostrano che l'Età del Ferro ha rappresentato un vero boom in campo demografico, conseguenza dell'incremento della produzione agricola, che è stata favorita dall'introduzione di nuovi e più abbondanti strumenti metallici. In questo modo si spiegano le oltre settemila tombe scavate dall'archeologo triestino Carlo de Marchesetti nella necropoli «halstattiana» di S. Lucia di Tolmino nell'alta valle dell'Isonzo. 1 suol scavi risalgono alla fine del secolo scorso, ma alcuni dei principali corredi di queste tombe sono esposti oggi al pubblico per la prima volta, 'In epoca halstatttana, scrive nella prefazione del catalogo Laura Ruaro Loserl, ideatrice della mostra, una specie di koiné ha unificato il territorio dall'Istria al Carso, al Friuli, alla Corinzia, alla sarta, alla Corniola'. Il simbolo di questa koiné è quello della sltula che risalta nel manifesto della mostra, un recipiente di bronzo riccamente decorato a sbalzo, spesso con rappresentazioni di scene di vita paesana, che in varianti di' verse ha trovato testimonianza in opposti versanti delle Alpi orientali, ma la cui destinazione sarebbe stata ovunque la medesima: quella di contenere il vino. Si lascia la mostra con l'Immagine delle situle. con il ricordo del diari di scavo redatti un secolo fa da Carlo de Marchese tu. ma anche con la testimonianza di alcuni apporti recentissimi nel campo della ricerca archeologica, in tesi ad inserire la' preistoria del Caput Adriae nel contesto degli studi europei. L'organizzazione della mostra ha indetto per 11 prossimo ottobre un convegno internazionale per discutere questi problemi. Giorgio Stacul "UT Silula di bronzo dalla necropoli di Sanla Lucia di Tolmino

Persone citate: Carlo De Marchese, Giorgio Stacul, Laura Ruaro Loserl, Marchesetti