«Guernica» della nuova Spagna di Alfredo Venturi

«Guernica» della nuova Spagna CUPE NOSTALGIE E CONQUISTE DEMOCRATICHE NEL PAESE CHE CAMBIA «Guernica» della nuova Spagna Il capolavoro di Picasso, ritornato a Madrid ventun mesi fa, è ormai irrinunciabile meta turistica e simbolo di libertà e rinnovamento - Ma se si esclude un nuovo colpo di Stato militare, se gli orfani di Franco s'accontentano di celebrare riti, una destra più moderatamente conservatrice si fa pericolosa - Non minaccia le istituzioni, le frena con l'aiuto dell'esercito e di parte del clero DAL NOSTRO INVIATO MADRID — II miliziano che cade colpito a morte, la drammatica fotografia di Robert Capa, occupava il 18 luglio l'intera prima pagina del quotidiano ABC. «Mal più la guerra civile», invocava il titolo. Il 18 luglio è il giorno in cui si è iniziata la spaventosa tragedia spagnola: era il 1936, e nel futuro di questo Paese c'erano tre anni di massacri e quaranta di dittatura. Il 18 luglio, da queste parti, c'è ancora qualcuno òhe ha voglia di celebrare. Ci sono state messe, raduni, in molti luoghi di Spagna. Reduci della crociata nazionale, cosi costoro chiamano la guerra civile, uomini in camicia azzurra, saluti romani, il canto falangista Cara al Sol. Qui a Madrid, i nostalgici si sono riuniti in una sala intitolata al Cid Campeador. Ha parlato Jaime Alonso, uno del capi della destra estrema. Costui usa un linguaggio stile Norimberga Anni Trenta. Ha definito il governo socialista •corrotto, prostituito, asservito al giudaismo internazionale». Avrebbero voluto celebrarlo, il 18 luglio, al Valle de los Caidos, dov'è il faraonico mausoleo che Franco si fece costruire, e nel quale il Caudillo giace accanto a José Antonio Primo de Rivera, il fondatore della Falange. Ma il governo della Spagna die cambia ha detto no. E non è questa la sola amarezza, per i pellegrini del tempio franchista. Proprio nei giorni dell'anniversario, è uscita una notizia che li ha sconvolti: una commissione è stata incaricata di studiare il futuro di los Caidos. Non si esclude, è stato detto, che le salme di Francisco e José Antonio vengano trasferite altrove. Questa circostanza è stata smentita dopo che il quotidiano franchista, El Alcazar, ha urlato tutta | l'indignazione del caso. E' confermato, invece, il proposito di ^spoliticizzare' il luogo: non servirà più ai raduni di massa del fascismo spagnolo. Ma il fascismo spagnolo è ancora capace di raduni di massa?Si direbbe ci no, a giudicare dalla par tee pozione tutto sommato abbastanza modesta alle celebrazioni del 18 luglio, soprattutto a giudicare dall'ottica ormai folcloristica con cui si guarda a queste manifestazioni. Certo, le persistenze del vecchio s'intrecciano inestricabilmente con l'irrompere del nuovo, nella Spagna che cambia. E'probabilmente vero quello che si dice: cheil pericolo di un colpo di Stato militare in Spagna è ormai superato, dopo il miserando fiasco del colonnello Antonio Teiera il 23 febbraio dell'81, dopo che il re Juan Carlos ha mostrato la sua capacità di vigilanza costituzionale, dopo che lo scorso ottobre il partito socialista di Felipe Gonzalez ha avuto il suo trionfo elettorale. E' vero che alle manifestazioni falangisto del 18 luglio il nome di Teìero veniva associato col nome di Franco, e per l'ufficiale golpista s'invocava a gran voce la libertà: ma q *o, ripetiamolo, sembra vftnat soprattutto folklore. Alla progressiva emarginazione della destra insurrezionale, corrisponde del resto la persistenza di una destra più moderatamente conservatrice. Sonoramente sconfitta alle elezioni di ottobre e di maggio, è vero, ma pronta a profittare delle difficoltà di un governo che mira insieme a risolvere la crisi economica e cambiare la società. Questa destra non minaccia le istituzioni, le frena. Il governo sta introducendo una legislazione liberalizsatrice in materia di droga, di aborto, di accessi allo spettacolo: e da quel versante si tuona contro il «permissivismo disintegratore ». Un capitolo a sé è il regionalismo. Il socialismo al potere è accusato non soltanto di disintegrare i costumi, ma anche di disintegrare il Paese. Lo Stato delle autonomie è concetto indigesto alla cultura conservatrice. CI sono cose che fanno gridare allo scandalo. Come le leggi che autorizzano l'uso ufficiale della lingua catalana, della lingua basca. Come l'autorizzazione concessa alla televisione dei baschi di accedere in quanto tale all'eurovisione. In un Paese da sempre ossessionato dal fantasma dell'esplosione etnica, il decentramento socialista è forse applicato, lo dicono in molti e non soltanto a destra, con troppa precipitazione. Risposta governativa: è pro- prio così che si disinnesca la bomba centrifuga. Le due grandi resistenze, contro la Spagna che cambia, sono organizzate attorno all'esercito e al clero. L'esercito, attentamente controllato dal re, stordito dall'egemonia socialista alterna fremiti d'inquietudine a dichiarazioni di fedeltà costituzionale. Non rari gli incidenti col potere politico, L'ultimo è di pochi giorni fa. Si celebrava alle \ Canarie l'anniversario della conquista dell'arcipelago, un ufficiale ha affrontato a urla e spintoni un rappresentante della locale amministrazione. cnltJdaqg che a suo dire non aveva chinato il capo al passaggio della bandiera. L'ufficiale è stato arrestato: è il capitano Juan MilAns del Bosch, figlio del tenente generale Jaime, anche lui in galera ma per qualcosa di più grave, è infatti fra i golpisti del 23 febbraio. Quanto alla Chiesa spagnola, è recentemente scesa in campo contro la legge liberalizzatriee dell'aborto. ■ .La depenalizzazione totale o parziale di questa pratica, dicono i vescovi, è «moralmente Ingiustificabile». L'autorità pubblica, argomenta Fer¬ nando Sebastiàn segretario della conferenza episcopale, ha il «dovere Ineludibile» di tutelare il diritto alla vita. Tuttavia, precisano t vescovi, non vi sarà guerra aperta della Chiesa contro il governo: semplicemente chiediamo ai partiti che lascino libertà dì voto ai loro deputati quando si troveranno di fronte il progetto di legge. Manovra insidiosa, perché nella Spagna che. cambia la parola scomunica fa ancora paura. Cosi come fanno paura i rischi di un rinnovato isolamento internazionale. Sono di questi giorni le divergenze emerse nel governo sul problema se rimanere o no nell'alleanza atlantica. C'è anche da registrarsi il crollo verticale dell'idea europeista nell'opinióne pubblica: da più di due terzi che erano tre anni fa, i si all'integrazione nella Cee sono scesi nell'ultimo sondaggio a meno della metà. Tendenza favorita certo dal conto troppo salato che, secondo gli spagnoli, Bruxelles chiede per l'ingresso nella Cee. Ma soprattutto dalla sensazione, cruciale per un popolo orgoglioso fino all'autolesionismo, di non essere accolti a braccia aperte dall'Europa: con la Francia imbronciata per la concorrenza agricola, la Gran Bretagna che agita la pregiudiziale di Gibilterra. Tutto questo rischia d'incoraggiare alla fine la vecchia Spagna, certo la fazione moderatamente conservatrice, forse perfino quella che al Valle de los Caldos ha il suo lugubre monumento. Se quello è il monumento della vecchia Spagna, del resto, anche la Spagna die cambia ha il suo monumento. Che, curiosamente, è più anttco dell'altro. Se infata il mausoleo franchista fu costruito negli Anni 40 e SO, uttlizzandosi anche il lavoro coatto dei detenuti politici e comuni, il monumento della Spagna che cambia risale al 1937. E' un quadro, è il grande tragico grido di orrore per la guerra che ha nome Guernica. Sono passati ventuno mesi da quel giorno d'autunno che vide la grande opera di Picasso raggiungere la sua desanazione al Casón del Buen ReOro, un edificio neoclassico annesso al Museo del Frodo. La Spagna aveva soddisfatto le due condizioni fissate dall'artista: aveva recuperato la democrazia, era in grado di garantire la conservazione dell'opera. Cosi il ritorno di Guernica, l'ultimo esiliato della guerra civile, fu visto come il suggello della pacifica transizione democratica seguita al lungo sonno franchista. Sono passati ventuno mesi, e l'hanno già visto in due milioni. Ormai la terribile composizione di Picasso è tappa obbligata a Madrid. C'è un biglietto con tre talloncini che costa duecento pesetas. ma solo per gli stranieri perché gli spagnoli, da quando il governo socialista si è installato alla Moncloa, entrano nel musei semplicemente mostrando la carta d'identità. Il primo del tre talloncini introduce alle collezioni del Proda, di cui la disordinata disposizione non riesce a intaccare lo straordinario splendore. Con il secondo si visitano al Buen Retiro le raccolte dell'Ottocento. Con il terzo talloncino si entra nella sala del Casón, dove la tragedia di Guernica eplode incontenibile dalla sua teca di cristallo. Dunque Guernica ormai parte integrante del panorama culturale madrileno: proprio come voleva lui, Pablo, l'artista malcgueflo che gettò su questi ventisette metri quadrati di tela tutta la rabbia dell'umanità violata dalla guerra. E' il simbolo, è il santuario della Spagna che cambia: è il nostro tempio di Giano, osserva rapito un visitatore, solo che qui la porta aperta significa pace. Alfredo Venturi s o e l e è i Cl cS1tgndvcsRc Callojar (Spagna). All'ingresso del villaggio un manifesto riproduce «Guernica», divenuto il simbolo della Spagna d'oggi