Acciaio: la Cee taglia 100 mila posti domani a Bruxelles il grande scontro di Sandro Doglio

Acciaio: la Cee taglia 100 mila posti domani a Bruxelles il grande scontro I ministri Pandolfi e De Michelis incontrano oggi Davignon prima del round finale Acciaio: la Cee taglia 100 mila posti domani a Bruxelles il grande scontro In Italia possono saltare da 15 a 25 mila posti - La scure su Cornigliano, Bagnoli, Taranto e decine di piccoli e medi impianti siderurgici DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES — Chiusura dello stabilimento di Oenova-Cornigiiano; chiusura o ridimensionamento degli impianti di Napoli-Bagnoli per cui sono appena stati spesi 800 miliardi di lire; chiusura di altre piccole e grandi fabbriche qua e là per l'Italia, dal Bresciano alla Toscana, dalla Lombardia al Mezzogiorno; turni di lavoro soppressi a Terni. Marghera, San Giovanni Valdarno, nella stessa ^cattedrale nel deserto- di Taranto. Sono questi i punti di riferimento per l'Italia nella drammatica riunione di domani a Bruxelles. Come in una tragica partita a dama, i governi dei Paesi europei saranno impegnati a muoversi secondo schemi elaborati dagli esperti di Bruxelles con l'obiettivo di ridurr? le proprie capacità di produzione di acciaio, sacrificando decine di stabilimenti e migliaia di posti di lavoro. Di questa operazione di «chirurgia sociale* senza precedenti si conosceranno risultati, vittime e cifre esatte presumibilmente non prima di martedì: l'incontro minlste- naie di Bruxelles anziché concludersi nel pomeriggio come previsto, quasi di sicuro si trasformerà in una sorta di -maratona.. Saranno impegnati nella discussione i ministri dell'Industria di tutti 1 Paesi comunitari; per l'Italia arrivano oggi a Bruxelles Pandolfi e De Michelis, che già stasera — e forse dlnuovo domattina prima dell'inizio1 dei lavori del Consiglio — Incontreranno i dirigenti della Commissione Cee per introdurre, se ci riusciranno, modi- flcazloni e attenuazioni alle pesanti decisioni che riguardano l'Italia. La nostra economia da questo radicale Inter, vento contro la crisi dell'oc claio uscirà comunque perdendo da 11 a 20 mila posti di lavoro e forse più: una drammatica eredità per il futuro governo-Craxi. Sulla necessità di tagliare capacità di produzione nella siderurgia, e dunque di chiù dere o ridimensionare stabilimenti e sacrificare posti di lavoro per far fronte alla ormai troppo lunga e onerosa crisi dell'acciaio in Europa e nel mondo, tutti i governi sono daccordo. Si levano — va da sé — voci di protesta e di ribellione soprattutto nel campo sindacale; ci sono accuse — spesso fondate — di cattiva gestione, di errori nelle scelte e negli Investimenti, ma le cifre sono là a dimostrare che la siderurgia ha ormai concluso la sua parabola positiva. I governi sono anche d'accordo sulla quantità dì capacità produttiva da amputare: dal 168 milioni di tonnellate — capacità globale delle industrie dei 10 Paesi della Comunità nel 1980 — si deve scendere entro il 1985 grossomodo a 140 milioni. Fra il 1980 e oggi oltre 18 milioni di tonnellate sono anzi già state annullate: ciò ha significato purtroppo 100 mila posti di lavoro In meno. Dieci anni fa 800 mila europei lavoravano nel settore dell'acciaio. Oggi vi trovano impiego, a stento, neppure mezzo milione di persone. E questo mezzo milione di posti di lavoro dovrà ancora essere ridotto. n punto sul quale non tutti i Paesi — e l'Italia in particolare — sono d'accordo, è il modo In cui deve calare la scure del ridimensionamento: si vogliono salvare certi impianti che Bruxelles invece condanna; si vogliono modificare le proporzioni fra i diversi tipi di produzione. L'Italia era partita da un rifiuto categorico di accettare 1 nuovi sacrifici Imposti da Bruxelles; in quest'ultima settimana ha radicalmente modificato il proprio atteggiamento negativo. Semplificando, ora il tentativo dei ministri Pandolfi e De Michelis è di salvare dalla chiusura gli stabilimenti di Genova-Cornlgllano e Napoli-Bagnoli, uno del quali almeno rientra nell'elenco degli impianti Inesorabilmente condannati dalla Cee. Altro obiettivo italiano: mantenere un più alto potenziale di fabbricazione di prodotti «piatti», che al momento — è vero — non sono economicamente redditizi, ma che dovremmo altrimenti comperare all'estero. Questi obiettivi significano anche — per l'Italia — spostare il maggior peso delle amputazioni siderurgiche dall'Industria pubblica (Italsider) all'industria privata. Quale che sia la decisione del Consiglio dei ministri, i • tagli* si tradurranno grosso modo per tutta l'Europa In 100-150 mila altri posti di lavoro In meno, di cui 15-20 mila, per la sola Italia che è il Paese In cui finora si sono ridotte di meno le capacità produttive, e che quindi deve fare in tempi più brevi un sacrificio maggiore. In una sua nota, per sottrarsi all'accusa di distruggere capacità e posti di lavoro, la Cee precisa che più della metà del lavoratori che saranno colpiti dalla ristrutturazione siderurgica potranno beneficiare di un prepensionamento finanziato in parte dalla stessa Comunità; ed è previsto anche un piano di investimenti per creare 70 mila nuovi posti di lavoro in altri settori, ma nelle stesse zone siderurgiche colpite. Sandro Doglio d-mpc8dbBLtT Sulle acciaierìe Cee si abbatte la scure di Davignon

Persone citate: Bresciano, Davignon, De Michelis, Pandolfi