C'è un Louvre di tesori rubati

C'è un Louvre di tesori rubati New York è diventata la capitale mondiale del furto d'arte: fatturato annuo, 4500 miliardi di lire C'è un Louvre di tesori rubati In casa di un noto mercante di Manhattan è stata trovata una collezione di capolavori precolombiani che ha portato alla scoperta di enormi traffici - Nella metropoli confluisce il contrabbando dall'America Latina e dall'Europa - In origine, il mercato era selezionato: oggi si è allargato ad attori, professionisti, alti dirigenti, agenti di Borsa, capimafia DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Lo riferisce «Newsweek». Una mattina di gennaio dell'ai, all'aeroporto Internazionale Dulles, a Washington, la dogana blocca un giovane americano che ritorna da una visita di un giorno a Lima, in Perù. Il giovane è un noto commerciante d'arte newyorkese, David Bernstein, porta con sé quattro pesantissime valigie e i doganieri sono curiosi, vogliono sapere cosa diavolo contengano. .Oggetti ricordo e di artigianato per la mia collezione^, dichiara Bernstein. -Li ho pagati in tutto 1785 dollari», due milioni e mezzo di lire circa. I funzionari aprono le scatole e 1 pacchi sigillati e un puzzo insopportabile si diffonde nella «hall». Nelle valigie ci sono sudari, maschere mortuarie di argento, collate d'oro e via di seguito. Convocato telefonicamente, il professor Clifford Evans, curatore di arte precolombia na alla Smithsonian Institutions della capitale, accorre all'aeroporto. Alla visita dei cosiddetti «souvenirs» strabiHa: -Né i nostri musei né quelli peruviani posseggono simili capolavori», esclama. Il glor no dopo David Bernstein apre le porte del suo lussuoso appartamento di New York al l'Fbi. La sua collezione risulta tutta di pezzi trafugati a Li ma negli anni precedenti, per un valore complessivo di un milione e 700 mila dollari, 2 miliardi e mezzo di lire. Questo mese essa è al centro di una mostra organizzata alla National Oeographic Society di Washington, dal titolo «Tesorl rubati - Oli anelli mancanti». A settembre la mostra verrà, restituita in blocco dal governo degli Stati Uniti a quello peruviano. David Bernstein, che se l'i cavata con una fortissima multa per dichiarazione falsa alla dogana, -era soltanto un pesciolino», ci dice la direzione dell'Fbi a Manhattan. «Il commercio sorto intorno ai furti d'arte ha ben altre di mensioni. New York è la sua capitale mondiale, come lo f del commercio della droga. Il fatturato? Oltre 3 miliardi di dollari ogni anno», 4500 miliardi di lire. Nella metropoli confluisce il contrabbando dall'America Latina — in genere statue, collane e vasi —e dall'Europa solitamente quadri. Non di rado i capolavori sono rubati su ordinazione, dalle tombe e dai musei. «Le strade sono le stesse degli stupefacenti». Sono quasi quarant'anni, dalla fine della guerra, che il commercio dei tesori rubati fiorisce negli Stati Uniti. Ma stando alI'Fbl ha assunto proporzioni epidemiche solo nell'ultimo quinquennio. In origine il traffico era assai selezionato: pochi pezzi, destinati al miliardari americani che li avrebbero gelosamente custoditi nelle loro casseforti, alle gallerie pubbliche o private senza troppi scrupoli, che 11 avrebbero esposti con false attestazioni di legittimità. Oggi collezionano gli oggetti d'arte più costosi anche gli attori, i liberi professionisti, i dirigenti di azienda: si specializzano in essi agenti di borsa, fondi di investimento e addirittura capimafia. Se qualche rarità scompare da Roma o da Quito, in Ecuador, osserva l'Fbi, conviene cercarla subito a Ne w York. Tra le fonti latino-americane e quelle europee del commercio d'arte esiste parecchia differenza. Le prime sono improvvisate. Di solito si tratta di contadini che Beavano, anche in pieno giorno, là dove gli archeologi non sono ancora giunti. L'Fbi calcola ad esemplo che in Colombia operino 60 mila huaqueros (tombaroli). Vendono quanto trafugato a Bogotà per pochi soldi: a un vaso ceduto a 35 dollari, a Manhattan ne vale almeno 700. Le fonti europee sono meglio organizzate, fanno riferimento alla camorra, a Cosa Nostra, a bande di diverso tipo. Operano a colpo sicuro, nei grandi musei e nelle grandi gallerie, o dai collezionisti privati più famosi, e traggono dal furto enormi percentuali. Il «capolinea» in Europa, secondo l'Fbi, è Londra: nella capitale inglese confluiscono gli - «esperti» che in qualche modo trasmetteranno poi i tesori trafugati oltre Atlantico. Storicamente, la prima ad entrare in funzione è slata la criminalità in Europa. L'anno scorso Thomas Hovlng, l'ex direttore del Metropolitan Museum di New York, autore del best-seller «Tutankhamun» sui capolavori della tomba del Faraone egizio, provocò uno scandalo vuotando il sacco. Hoving confermò quello che tutti sapevano, ma di cui non possedevano le prove: che anche le istituzioni più stimate ricettavano oggetti d'arte trafugati. Tra gli episodi personali, riferì quello dell'acquisto — si fa per dire —di un bassorilievo di un pulpito della chiesa di San Leonardo ad Arcetrl, raffigurante l'Assunzione. Ai furti d'arte in Italia, Grecia e cosi via, la rete televisiva Abc ha dedicato un programma imperniato sulle indagini del giornalista londinese Watson, un nome appropriato per un giallo. Il «boom» delle forniture illegali d'arte è dovuto però ultimamente al Sud e al Centro America. Quasi vergine in fnscgds un reparto per i restauri. Gli altri ricorrono a strumenti primitivi, distruggendo spesso importanti testimonianze dell'epoca precolombiana. 1 gruppi che li finanziano dispongono comunque di navi, aerei, di ogni possibile equipaggiamento. I corrieri, gli al¬ fatto di archeologia, il continente si presta a un crescente sfruttamento. Come avvoltoi, contrabbandieri e ladri seguono segretamente gli studiosi. I meglio organizzali dispongono degli strumenti classici dei ricercatori, dalle attrezzature elettroniche a ter ego di quelli della droga, sono quasi sempre insospettabili, diplomatici, giornalisti, proprietari di agenzie di viaggio, industriali, piloti. Tra i più celebri, c'è stato il cileno Edouard Uhart, due volte imprigionato in Europa. Nell'81, questi portò dalla Colombia a New York un oggetto sacro del 1737, da lui pagato 100 mila dollari, ma valutato 3 milioni di dollari, 4 miliardi e mezzo di lire. Sul commercio dei tesori rubati, l'Fbi ha raccolto in tutto il mondo una casistica senza precedenti. In Costa Rica, il 95 per cento degli scavi archeologici è stato danneggiato dal tombaroli. Nel Mali il museo nazionale, che ha l'incredibile bilancio di 3 mila dollari annui, 4 milioni e 500 mila lire, è rimasto con sei sole statuine di terracotta medievali su oltre un migliaio ritrovate; in India, ti . 11 1977 e il 1979 sono stati compiuti più di 3 mila furti, e solo gli autori di dieci di essi sono finiti in carcere; a Ban Chian, in Thailandia, un corteo di macchine è piombato su un terrnio il giorno stesso della sua scoperta e lo ha dilapidato. In queuto panorama, l'Fbi introduce un elemento di curiosità: sembra che tra i mandanti principali di molti furti su ordinazione vi siano ricchi giapponesi. A parere dell'Fbi, la lotla contro la razzia dei tesori artistici è ancora più difficile di quella contro il traffico di droga. Anzitutto le risorse a disposizione della polizia sono limitate; in secondo luogo, esistono gravi carenze legista-, tive nazionali e intemazionali. Infine, i Paesi interessati si trovano spesso in contrasto tra di loro. Costretta a barcamenarsi, l'Fbi -oscilla tra il bastone e la carota», come dice la sua direzione. Dove può, cerca di risolvere le controversie amichevolmente. Un caso famoso è stato quello del miliardario Norton Simon. Acquistata in buona fede una statua di Shiva per un milione di dollari nel '72, Simon si vide citalo in tribunale dal governo indiano. Con l'assistenza delle autorità negoziò questo compro messo: avrebbe trattenuto la statuetta per altri dieci anni — la scadenza è nell'86—e l'avrebbe poi restituita all'India. Ennio Carette