Da dove vengono i mali dell'Eni e in che modo si potrà guarirli

Da dove vengono i mali dell'Eni e in ohe modo si potrà guarirli Da dove vengono i mali dell'Eni e in ohe modo si potrà guarirli ROMA — Un tempo lavorare all'Eni era un privilegio e un orgoglio, oggi «un prolungato disorientamento rischia di disperdere un putrimonio prezioso di uomini e di conoscenze». E' questo l'effetto visibile, sulle persone, degli errori commessi negli ultimi unni: da questo parte l'analisi del .libro bianco» ordinato da Franco Reviglio, che in 49 cartelle (più un centinaio di tabelle) descrive i mali del grande ente petrolifero. Per non lasciare l'Italia a secco. l'Eni ha dovuto comprare sempre più petrolio a prezzi elevati e venderlo in perdita; i guadagni dei pozzi di greggio e di metano sono stali dissipati da fabbriche chimiche e tessili in deficit cronico, da miniere che forse non servono, da magazzini pieni di uranio destinato a centrali nucleari ancora da costruire, da una gestione finanziaria trasandata quando non addirittura sospetta. I compiti più importanti per il domani, cercare nuovi giacimenti e lare ricerca tecnologica, sono stati trascurali. Il .libro bianco» espone dimensione e origine della crisi dell'Eni, ricercando i fattori esterni e le insufficienze interne che l'hanno provocala: senza cedere al pessimismo, elenca i problemi da affrontare per un risanamento e gli ostacoli da eliminare. I politici dovranno rinunciare alle ingerenze, e in cambio dell'autonomia l'ente fornirà a governo e Parlamento rendiconti chiari su come il denaro pubblico viene speso: i sindacati dovranno accettare riduzioni e spostamenti di personale, ma con un costante controllo e confronto sulle decisioni che verranno prese, e sulle misure per tutelare i lavoratori coinvolti. Si dovrà anello mettere ordine all'interno dell'ente, riconducendo a un rapporto corretto quelle società operative del gruppo che hanno agito come feudi a parte, e centralizzando le operazioni finanziarie e le grandi scelte dell'approvvigionamento di greggio. Gli impianti chimici che l'Eni ha compralo dalla Monledison. per una ingente somma, all'inizio di quest'anno, perdono la bella cifra di una ventina di miliardi al mese. E' solo l'ultimo dei salvataggi che sono stati imposti all'ente, e che pesano sulla sua struttura e sulle sue finanze. Le incaute operazioni finanziarie con il Banco Ambrosia- no di Roberto Calvi hanno comportato una perdita che nel bilancio 1982 incide per 88.4 miliardi di lire. Il salvataggio di una parte del gruppo controllalo dal petroliere-editore Attilio Monti e consistito nel pagare 591 miliardi tre società che hanno perso poi, nel 1982. cento miliardi. In cinque anni tutti i settori in crisi alfidati all'Eni sono costati 3776 miliardi e 700 milioni di lire. Il 1983 sta andando peggio delle previsioni, nonostante i provvedimenti che il nuovo vertice dell'Eni ha cominciato a prendere. Il settore chimico perderà in tutto 738 miliardi e il nilnerarlo-melallurgico 322, per quanto si può stimare a ttill'oggi. Per porre rimedio ci vorrà tempo, ma intanto Revlglio lia preso alcune elementari misure di austerità: per esempio si risparmieranno 12 miliardi nella sola Eniholding riduccndo l'uso degli aerei aziendali e le spese di missione, rinunciando a un po' di pubblicità, tagliando sulle consulenze. Finora, e stato frequente il tentativo di affrontare la crisi cronica di alcuni settori industriali con piani di investimento faraonici, irrealizzabili o comunque dannosi se realizzati. Rcviglio sta cercando di porre termine a questa abi¬ tudine, e si spiega cosi una parte del taglio degli investimenti per il 1983. Ma molto resta ancora da fare: e l'Eni chiede una «delimitazione degli impegni». Le miniere dei metalli non ferrosi, se sono indispensabili all'Italia, vanno poste a totale carico dello Stalo; se il settore tessile, 11 meccano-tessile, l'editoria (quotidiano II Giorno») possono recuperare l'equilibrio economico «in tempi certi e fissati», l'Eni se li terrà, altrimenti no. In questi campi e nella metallurgia si cercherà anche di collaborare con i privati. Per la chimica, che è la singola maggior area di perdita, l'impegno dell'Eni sarà invece di rilancio; ma occorrerà ridi mcnsionare sia gli impiantì che il personale. Ci sarà un grosso impegno nella ricerca e nella commercializzazione dei prodotti. Per il petrolio. l'Eni copre con qualche fatica la quota troppo ampia del mercato italiano che l'abbandono di alcune multinazionali le ha lasciato; preferirebbe vedere modificato il metodo per fissare 1 prezzi petroliferi o almeno ridotti alcuni oneri clic le rendono poco remunerativi questi pre.:zi (pagamento immediato dall'imposta di fabbricazione, costo delle scorte d'obbligo), Stefano Lepri Dipendenti e perdile per addetto nei settori dell'Eni In difficoltà Settori 1979 1980 1981 1982 addclll (mlgllala) Chlmieo 24,2 23,9 23,3 29,7 Mlnero-metitllurgico 11,1 113 9,2» 8,7 Tessllc 19,0 18,3 16,7 15.3 Mecc-anotessilc 4,3 4,3 4,1 3,8 Totale 58,6 58,3 53,3 57,5 IHirdltc per uddi'Uo (millont di lire) Chimico 2,5 5,9 193 245 Mincro-metallurgico 11,3 11,2 14,3 26,4 Tcsslle 5,4 4,5 7,9 10,0 Meccanotessile 7,4 6,7 7,1 19,2 • Non comprende le persone oceupute nelle attività carbonifere (Cokerie e Carbosulcis) trasferite all'Aglp Carbone. Krunco Reviglio

Persone citate: Attilio Monti, Franco Reviglio, Reviglio, Roberto Calvi, Stefano Lepri

Luoghi citati: Italia, Roma