Acciaio, oggi la marcia su Bruxelles ma sarà impossibile evitare i tagli

Acciaio, oggi la marcia su Bruxelles ma sarà impossibile evitare i tagli Davignon a Milano ha incontrato ieri i ministri Pandolfi e De Michelis Acciaio, oggi la marcia su Bruxelles ma sarà impossibile evitare i tagli Protestano gli operai siderurgici belgi e italiani - 1 sindacati incontreranno le autorità Cee - Undicimila posti in meno DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES — Ieri a Milano De Michelis e Pandolfi hanno continuato a tentare di ricucire i rapporti tra il governo italiano e la Comunità europea sulla crisi siderurgica. Oggi a Bruxelles gli operai siderurgici di Genova e di Napoli vengono a portare alle autorità comunitarie la voce della loro protesta. Vengono ad esporre cioè 11 dramma sociale che rappresenterebbe la chiusura degli stabilimenti di Corniciano o di Bagnoli condannati dalle leggi di mercato e dalla decisione di Bruxelles. A protestare con loro davanti ai palazzi europei di Bruxelles ci saranno anche gli operai della siderurgia belga anch'essi colpiti dai «tagli», ma con problemi un po' diversi da quelli italiani. Per noi, infatti, la mannaia arriva quasi senza preavviso (perché troppo a lungo sordi e ciechi sono stati, in buona o in cattiva fede, governanti e managers); soprattutto perché ci viene chiesto di eliminare quasi in un colpo solo una fetta consistente degli impiantì e dei posti di lavoro. Per i bel gi. invece, la scure ha già sfoltito più di un terzo dei posti di lavoro esistenti dieci anni fa contro un 4,2 per cento «appe na» dell'Italia. Il grosso problema del Belgio — da sempre alle prese con le diatribe etnico-economiche tra una Vallonia in declino e le Fiandre «affluenti > — è decidere chi paga la chiusura di stabilimenti ancora in programma: paga il governo centrale belga, o dovranno pagare, con una tassa straordinaria regionale, i soli valloni nel cui territorio si trova il grosso della siderurgia ammalata? Anche se sullo sfondo re stano comunque le drammatiche incognite per i posti di lavoro che mancano e che verranno a mancare, le posizioni sono diverse. E probabili mente differenti sono gli obiettivi della protesta sindacale. Ciò potrebbe indebolire ulteriormente l'impatto della dimostrazione italiana. Si sa comunque che i leaders sindacali di Bagnoli c di Cornigliano saranno ricevuti dal visconte Etienne Davignon, commissario Cee all'Industria. Dall'uomo cioè al quale — un po' a torto, un po' a ragione — si attribuisce la responsabilità ultima della rigida decisione dei «tagli» comunitari. Si dimentica che essa è invece il frutto di lunghe discussioni, di difficili scelte, di faticosi compromessi tra gli stessi governi dei dieci Paesi Cee. E la Commissio¬ nfavsssscnppadlum ne si è limitata a tradurla nei fatti secondo il mandato ricevuto. Gli stessi due rappresentanti italiani nella Cee — il socialista Giolitti e 11 democristiano Natali — non se la sono sentita di votare contro la decisione del tagli, come qualcuno aveva fatto credere In un primo tempo, ma si sono semplicemente espressi con una astensione che, per la verità, dice tropi» poco — o la dice lunga — sulla loro posizione La crisi siderurgica nel mondo e nella Comunità 6 co¬ minciata in effetti all'indomani della crisi del petrolio. Il 1974 è stato l'ultimo degli anni «grassi» per l'acciaio. Le speranze che si trattasse di un temporale di passaggio, quando nel 1975 e nel '76 si avvertirono 1 primi sintomi di una caduta del prezzi e del consumi, furono bruscamente spazzale dalla constatazione che in quegli stessi due anni in Europa ogni tonnellata di acciaio venduta rappresentava una perdita secca di 400 dollari. Nel 1977 cosi la Comunità varò un programma anticrisi, fondato su accordi con gli altri Paesi per garantire fette di mercato, sull'istituzione di un meccanismo insieme di «prezzi minimi» e di «quote di produzione» per le aziende europee. Ma si rivelarono palliativi di scarso effetto. Quasi lutti i Paesi cominciarono allora lo smantellamento degli impianti e degli effettivi, spinti e agevolali da una politica comunitaria di regolamentazione degli aiuti. Dei 795 mila posti di lavoro, che esistevano nella siderurgia europea nel 1974 non ne restano clic 404 mila. Il detta gllo di questa -chirurgia sociale» è impressionante: in Gran Bretagna sono stati aboliti 127 mila posti di lavo ro; in Germania 63 mila; in Francia 65 mila; In Belgio 13 mila; in Lussemburgo circa 12 mila. In questo panorama spicca l'Italia i cui 95.700 posti di lavoro della siderurgia censiti nel 1974, erano appena cento in meno nel 1978 e sono risaliti addirittura a 99.600 nel 1980, per attestarsi ai 91.700 della situazione attuale. L'Italia non ha credulo o non ha voluto credere alla crisi dell'acciaio. Ha anzi investito ulteriormente per migliorare gli impianti obsoleti: era giusto farlo. Ma ha anche Investito per mantenere artificialmente in vita stabilimenti improduttivi o superati: ciò si è rivelato una decisione sbagliata. Nell'elenco degli aiuti dati dai vari governi alla propria industria siderurgica in questi ultimi anni, il primo posto assoluto è proprio dell'Italia. Ciò testimonia da un lato la gravità della nostra crisi, dall'altro la tentata politica di salvataggio a tutti 1 costi: abbiamo speso oltre 7 mila miliardi di lire, il doppio di quanto ha speso 11 Belgio, una volta e mezzo quanto hanno speso Germania e Francia e Gran Bretagna. Tutta l'Europa in altre parole ha prima di noi usato la scure nella siderurgia, sacrili cando più posti di lavoro, spendendo meno e creando — tulio sommalo — meno traumi. Ma ora i nodi sono venuti al pettine anche ]>er l'Italia: fra poco scadono le possibilità di dare aiuti nazionali; entro il 1985 devono restare in piedi soltanto le industrie siderurgiche che dimostrino di essere economicamente valide: che siano in grado cioè, senza alcuna sovvenzione pubblica, di fare quei prodotti che il mercato può assorbire. La verifi ca di queste condizioni sarà falla dalla Comunità. Proprio per questo Bruxelles ha detinlo le drastiche condizioni di chiusura che tanto scandalo hi no suscitato apparcntcn ite fra i nostri governanti, i che entro lunedi prossimo è possibile che in un modo o in un altro siano comunque accettate. Quali che siano le validità delle ragioni economiche che spingono oggi alla ristrutlu razione della siderurgia, resta il fatto tragico degli 11 mila posti di lavoro che dovranno essere sacrificati e che oggi saranno rappresentati visivamente a Bruxelles dai siderurgici di Genova e Napoli i quali sperano che resti almeno socchiusa la porta dei loro stabilimenti. Sandro Doglio Come «fonde» il siderurglce (andamento dell'occupaxlone nel sf (lore ttldeniricico Coo) 197< 1983 Varlwdonp'* Gcrmnnla 232.000 168.100 —27,5 Francia 157.800 92.400 — 41,4 Italia 95.700 91.700 — 4,2 Paesi Bassi 25.100 20.200 —19,5 Belgto 63.700 40.400 — 36,6 Lussemburgo 23.500 11.700 — 50,2 GranBreUgna 194.500 67.400 — 65,3 Irlanda 800 600 —25,0 Danimarca 2.700 1.500 — 44,4 1 Kontc: Dec. Napoli. Una panoramica dello stabilimento siderurgico dcll'Italsider a Bagnoli: alcuni impianti sono minacciali di chiusura (F. G. Neri)

Persone citate: Davignon, De Michelis, De Michelis Acciaio, Etienne Davignon, Giolitti, Natali, Pandolfi, Sandro Doglio