Cassinari, i classici e le fiamme

Cassinari, i classici e le fiamme PITTURA, GRAFICA, SCULTURA: A PIACENZA LA SUA MAGGIOR «ANTOLOGICA» Cassinari, i classici e le fiamme PIACENZA — Palazzo Farnese ospita fino a settembre, ventitré anni dopo quella fondamentale di Darmstadt curata da Russoll e da Sperlich, la maggiore mostra antologica finora dedicata all'opera pittorica, grafica e scultorea del settantenne Bruno Cassinari: più di centoventi dipinti, l'essenziale di una pittura abbondante e 'lussuriosa; come l'autore stesso spiega in pagine inserite nel catalogo ottimamente Introdotto da Gian Alberto Dell'Acqua (manca solo il ricco nucleo nella Collezione Della Ragione del Comune di Firenze, non concesso per ragioni conservative). Sono dodici brónzi, dalla fusione della potente, compatta Madre del 1927 alla quasi «Informale» Pietà del 1977; una cinquantina fra matite, chine, tecniche miste su carta e tutta l'opera incisoria: runa e l'altra fondamentali per intendere nell'intimo il fondamento classico-costruttivo della sua poetica espressionistica dalle origini a oggi. Fra i protagonisti della stagione italiana, che corre fra gli estremi Anni 1930 nella Milano di Corrente di Vita Giovanile e 11 venturiano espressionismo astratto-concreto e il materlsmo «padano» degli Anni 1950-60, que sta classicità costruttiva, questo lucido e nel contempo naturale controllo del dibattito fra forma e colore distingue Cassinari dal compagni di strada. Già nel primo nucleo di opere esposte nelle manifestazioni di Corrente fra 1939 e 1941 (alcune da allora mai più viste, altre conservate nella Collezione Boschi del Comu: ne di Milano, che ha offerto ricco prezioso materiale a questa mostra), le sontuose nature morte, 1 primi paesaggi piacentini di Oropparello, i bel ritratti di compagni e amici di avventura, Rosetta, Treccani, Morlotti, questa «classica» costruttività è evidente al di sotto della forzatura drammatica, dell'acidità antinaturallstIca del colore. Certo, vi è il comune amore per Van Gogh, ma già traspare l'attenzione a Cézanne, a Modigliani, come nella preziosa incisione di Nudo del 1940, di cui anni fa ho sottolineato il significato precorritore. Per questo, vi è maggiore consonanza con Badodl, Valenti. Sassu, Morlotti che non con Birolll. Mlgneco, Guttuso. Il che non toglie che U secondo «scandalo» al Premio Bergamo del 1942, accanto a quello celebre della Crocifissione di Guttuso, fu la Piefa di Cassinari, di cui la mostra propone anche una seconda versione. Subito dopo. 1942-46, le varie riprese del Ritratto di vecchia signora (ben quattro presenti in mostra) precisano la fase «modlgllanesca», e nel contempo il sottile lavorio scomposltlvo, di «vibrazione» spaziotemporale fra Picasso e Boccioni, specie nel tratti del volto. Essa culmina nel primo dopoguerra nel vari ritratti della Madre (dove netto at>- pare 11 rapporto, psicologico-' emozionale assai più che formale, con Boccioni), nel bel ritratti di Joppolo e di Quasimodo, nel grande Nudo nella cattedrale, punta estrema del processo, Immersa In densità lombarde di forma-colore prima dell'altra Immersione del pittore nel mare plcassiano e matisslano di Antlbes. Per l'autonomia di Cassinari, in questi anni, dal neoplcassismo cupo e drammatico del compagni di corrente e di strada, ho la personale opinione che valga alquanto l'acuta attenzione alla precoce, solitaria, letteratissIma sperimentazione espressionistica deformatrice attuata a Roma da Fausto Pirandello: 11 piacentino Cassinari era ed è saldamente e sensualmente terragno, ma assai più sottile e «letterato, di quanto non voglia apparire. Poi, la stupenda, sfaccettata, mosaicata esplosione cromatica, la visione lenticolare della realtà umana e naturale nascente dagli anni di Antlbes dopo il 1949, illustrati addirittura da una personale mchez Picasso'-, dalla Modella della Galleria d'Arte Moderna di Venezia alla Donna in viola al quella di Oallarate, alla Finestra di sera e alla Pecora della Collezione Boschi, anche se In quest'ultimo caso sarebbe stata ancora più rappresentativa l'altra versione della Galleria d'Arte Moderna di Torino. Il carattere di Cassinari lo porta, più che ad adeguamenti formali alle nuove prospettive, soprattutto francesi (per cui egli è In questi anni uno del protagonisti di «ItaliaFrancia» a Torino, con occhi aperti anche su Spazzapan), al confronto diretto, fisico, ed autonomo, con 1 «vecchimaestri, da Picasso a Matlsse, da Chagall a Klee, e coi. le nuove leve, 1 Manessler. 1 Ba< zalne: confronto più legato a una «naturale» concretezza di mestiere, In cui risiede la forza fonda e l'autonomia creativa del pittore, che non a astratti giochi di cultura stilistica. Per questo, quando lungo gli Anni SO e 1 primi Anni 60, con procedure singolarmente affini e parallele a quelle di un Pauluccl, anche Cassinari attinge al limiti dell'astratto concreto, non cade 11 suo ancoraggio emozionale, «morale», con le Immagini della madre, di Enrica, della terra di Oropparello, fino alla fiammeggiante Autobiografia di un pittore del 1958. Assieme a questo dipinto, è esposta a Piacenza quella che è forse la punta estrema del furor espressionistico di Cassinari, la Vallata verde del 1962 della coli. Farsetti di Prato (altra notevole fonte della mostra, per gli anni maturi), rivalegglante in naturalismo «brutale» con Morenl. Da quel momento fino ad oggi, mentre l'opera si allarga con fervore al campo grafico e scultoreo, l'«immagine, formale - cromatica di Cassinari si stabilizza, si semplifica, apparentemente si placa restringendosi a pochi, ribaditi temi, fra cui spiccano le Ma ternità, 1 Galli chagalllani, 1 grandi Nudi. Ma proprio questi ultimi, in certe sottolineature di modellazione cromatica di dettagli anatomici, di «imprigionanti» particolari di biancheria Intima, testimoniano di una singolare, implacata Inquietudine sensuale. Marco Rosei Bruno Cassinari: «Ritratto di Elisabetta» (1981, particolare)