L'ombra di Perón sull'Argentina di Igor Man

L'ombra diPerón sull'Argentina IL FANTASMA DEL DITTATORE CONDIZIONA IL FUTURO DEL PAESE L'ombra diPerón sull'Argentina II generale torna a sorridere dai manifesti - La sua discussa vedova, Isabelita, in esilio a Madrid, è attesa per la fine d'agosto a Buenos Aires - Da quando la giunta al potere sembra rassegnata a lasciare svolgere libere elezioni il 30 ottobre, tutto sembra giocarsi all'insegna del nuovo peronismo - «Voterò contro gli uni e gli altri», dice Borges - E cresce la polemica DAL NOSTRO INVIATO BUENOS AIRES — / muri delle vecchie case in stile vittoriano, dei grattacieli di vetrocemento, dei tuguri delle viUas mlserias li ghetti del sottoproletariato) sono istoriati di scritte antiamericane, del «geroglifico più desueto ma più Intelligibile»: la falce e il martello, e, soprattutto, di manifesti fotografici di Perón. Il generale, macho e sorridente, tra le sue due mogli: la morta, mirica Evita e la vivente controversa isabelita. Le scritte, la falce e il martello, i manifesti inondarono Buenos Aires domenica 3 luglio, giorno dedicato a San Tommaso. Quel giorno gli osservatori poterono veramente m toccar con mano» la miscela di sentimenti che squassano gli argentini. La •marcia per la pace e la democrazia*, promossa dalle organizzazioni giovanili di una decina di partiti, tra cui peronisti, radicali e comunisti, vide sfilare almeno trentamila persone dirette verso l'inutile Palacio del Congreso (il Parlamento). A metà della sfilata scesero a capeggiare il variopinto corteo dirigenti storici quali Arturo Frondizi e Raul Alfonstn. La folla reclamava libere elegioni e un trattato di non aggressione col Cile ma furono anche scanditi slogans in favore del regime sandinista del Nicaragua e dei guerriglieri del Salvador. Trionfava, tuttavia, un gri do: Per6n - peronismo e testimoni attendibili assicurano di aver sentito il rabbioso e per certi versi storico slogan del settembre 1955 martella' to, allora, dai sindacalisti: Ladrón y todo - queremos a Peròn. / militari golpisti di quell'epoca si davano un gran da fare per dimostrare che il peronismo era stato un bluff pagato dall'erario pubblico lasciato in dissesto, che Perón se n'era fuggito senza dimostrar coraggio, che all'estero viveva da nabàVbò, ch'era stato un ladro, che aveva ingannato t des carnisados. Non c'erano ragionamenti e dati di fatto possibili, non c'erano cifre che riuscissero convincenti: anche se ladro, la gente voleva Perón. Oggi, nell'anno di grazia 1983, quando i militari svirilizzati dal disastro delle Falkland, appaiono rassegnati a che libere elezioni si svolgano il 30 di ottobre, tutto si giuoca di nuovo sul peronismo. E dietro il fantasma del defunto leader, fatuo ma carismatico, e della sua prima, animosa compagna, la bionda Evita dai mille talenti, fa capolino la figura discussa della sua vedova, Isabelita, in esilio a Madrid, attesa per la fine di agosto a Buenos Aires. La natura del fenomeno peronlsta è tuttora oggetto di polemica. Il peronismo fu (o è?) per molti soprattutto Perón, per altri una versione criolla del fascismo, una forma di socialismo cristiano, una formula nazionalista sociale mutuata dal nazionalismo maurassiano e ancora: una dittatura demagogica, un presidenzialismo plebiscitario, una democrazia operaia, un socialismo di Stato, una dittatura del benessere, un capitalismo nazionale, un collettivismo non marxista, una dittatura di masse, una forma di bonapartismo alla Napoleone III o di neobismarkismo o, finalmente, una versione originale del populismo latino-americano. La bandiera di Perón, pragmatico, opportunista, con un gran senso dello Stato, fu la giustizia sociale. Dal 1946 al 1955 durante la sua prima e unica e vera dittatura, Perón, a dispetto di una confusa ideologia, era riuscito, come suol dirsi, a risvegliare le masse. Aveva varato una completa legislazione del lavoro. Per la prima volta nella storia dell'Argentina, gli operai e i peones avevano avuto orari di lavoro umani, ferie pagate, licenze matrimoniali, tredicesima mensilità, assistenza malattie, pensioni ecc. Il capolavoro del generale predicatore del «giustizialismo» fu la creazione della CQT, la potente' centrale sindacale, destinata a divenire arbitra, nel bene e nel male, della politica argentina. I sindacati Tuttora la forza del movimento peronista è la base sindacale. E' una base .divisa grosso modo in due tronconi, uno di destra uno di sinistra, ma unita nel riaffermare il primato del -giustizìalismo.. Un «giustizialismo» riveduto e corretto alla luce della disastrosa politica condotta dalla ex danzatrice Isabelita, alla luce della altrettanto disastrosa politica perseguita dal regime militare. Raill Alfonsin, il leader radicale, dice che ai tempi di Isabelita, dal 1974 al 1976, per tentar di uscire dal marasma economico si ricorse addirittura alla stregoneria. (Non per nulla il ministro dell'Economia, Lopez Rega, era chiamato «el brujo., lo stregone). Poi, coi militari, -si sperimentarono le teorìe monetariste dei "muchachos de Chicago". Fu l'ultimo atto del tracollo». Adesso l'Argentina ha un debito estero di 45 miliardi di dollari «e nessuno sa come pagarlo». La crisi, t risultati devastanti dell'inflazione, la mancanza di libertà provocarono il 30 marzo del 1982 una rivolta di piazza. Per salvarsi, la Giunta militare avviò la disastrosa «operazione Mainine», «una tragica combinazione- di populismo nazionalista e di football a zona». Afessi tristemente monetarismo e bandiere in naftalina, i militari sembrano rassegnati a passar la mano ai civili ma lo scempio dell'economia commesso negli ultimi dieci anni «consegnerà alla futura democrazia parlamentare un Paese In ginocchio». Come uscire dal guado? Tutti i par'titi riuniti nella Multipartidarla dicono le stesse cose, sviluppo dell'industria nazionale, Hmitafione delle importazioni, controllo dei cambi alt alla speculazione, lotta alla disoccupazione. Sennon che, sostengono gli osservatori, gli argentini non voteran nssnsrgcPgupcpssCdngNp no in base ai programmi bensì «secondo tradizione!'. I, sondaggi d'opinione affermano che trionferà il peronismo; il mito di Perón prevarrà ancora una volta. Solo Jorge Luis Borges («E' cieco ma guarda lontano»; afferma che voterà contro.- .Contro i militari e contro i peronisti». Perché? «Non mi piacciono né la dittatura né il populismo. Entrambi impediscono alla gente di pensare». Quando riferisco codesto giudizio a Hector A. Flores, uno dei «giovani leoni» del peronismo o, addirittura, secondo parecchi «il cervello più lucido del Giustiziallsmo», risponde: «Ho molto rispetto per il grande Vate. Capisco come sia frustrato dall'Indigenza e dalla cecità non sua ma di quel solonl che gli han rifiutato il Premio Nobel. Con tutto il rispetto per Borges debbo osservare, tuttavia, come egli sia rimasto fermo al peronismo paralizzato, lo definisco cosi, dell'ultima esperienza governativa del nostro movimento». A detta del giovine Flores (è nato nel 1947) dall'ultimo golpe ad oggi il peronismo, dopo una profonda e sofferta autocritica, ha sviluppato un programma di governo che gli consentirà, nel segno del pragmatismo, di avviare a soluzione, nell'arco di cinque anni, la crisi argentina. La nouvelle vague peronlsta non si fa soverchie illusioni sul recupero dell'occidentalismo, anzi propugna una sorta di neo non-allineamento marcato da una sempre maggiore apertura ai mercati dell'Est («Se Perón non fosse stato abbattuto nel 1955, sarebbe andato a Bandung.J. Punta su una gamma di accorte «convergenze parallele» con l'Europa sul piano squisitamente politico («In tema di scambi la Cee ci ha Imbrogliati»; e rivendica per l'Argentina un «possibile» ruolo di traino all'insegna dell'integrazione latinoamericana che pur non prescindendo dalla realti del •colosso statunitense» produca un «attento distacco dal valzer-esitation dell'erratico Dipartimento di Stato». Desaparecidos La rifondazione del Paese, dice Hector A. Flores, passa attraverso due crune d'ago: i militari tn caseì-ma restituiti alla professionalità dopo un coraggioso disboscamento («Non vogliamo una Norimberga ma processi normali perché la tragedia fosca dei desaparecidos non può essere liquidata da una autoamnlstla»;, rigore economico senza per altro penalizzare la socialità. «Ve masse operale non si attendono miracoli. Sono disposte a far sacrifici perché sanno che un governo giù s tizialls ta lavorerà non per le banche private ma nel loro esclusivo interesse». Un diplomatico mi ha raccontato che il generale Nicolaides, capo della Giunta, «in uno slancio di sincerità» ha così descritto il processo pendolare attraverso il quale la politica argentina si è andata deteriorando dal 1930 in poi. «I governi militari forti finiscono col diventare impopolari e cadono. I governi politici, che 11 rimpiazzano, per amor di popolarità affogano nella demagogia, nel populismo diventando fatalmente deboli e richiedono l'intervento di governi militari forti». Ribatte Flores: «Abbiamo tutta l'Intenzione, una volta tornati al potere, di arrestare il moto pernicioso del pendolo argentino. Le diro addirittura che si tratta di una scommessa storica che non vogliamo perdere. Perché perderla significherebbe ridurre l'Argentina a una Repubblica delle banane o, peggio, a un ignobile satellite di uno del due Grandi». Ma è anche vero che il peronismo è, tutto sommato, un movimento «gregario». Sema un leader carismatico che si sbracci dal balcone della Casa Rosada, un simile movimento si sente perduto. E' dunque «indispensabile», come sostengono i capi della destra sindacale, che torni Maria Estela Martinez vedova Perón, vale a dire Isabelita? Diplomaticamente (o machiavellicamente?) il giovine Flores replica che Isabelita tornerà in patria e sarà presidente del partito peronista senza tuttavia aspirare alla presidenza della Repubblica: •Non vuol essere elemento di discordia ma di aggregazione. Tutto sommato si chiama Perón e dire Perón In Argentina significa dire speranza e certezza». Il professor Carlos Floria, politologo lucido ancorché amaro, afferma che l'argentino «ha preso dalla Spagna la visione antimachlavelllca che unisce la morale alla politica, fino al punto di fare della politica una forma di morale». Afa è anche vero come la politica quando si tinge di machiavellismo porti fatalmente al caos, alla rovina. Igor Man Madrid. Isabelita Perón prende il sole: si prepara a affrontare nuove battaglie? (Telcfoto Ap)