Nell'effimera Avignone ora si canta
Nell'effimera Avignone ora si canta La canzone (poetica, erotica o socio-politica) è la novità vera del festival Nell'effimera Avignone ora si canta DAL NOSTRO INVIATO AVIGNONE — Il XXXVII Festival d'Avignone, terso sotto la nuova direzione, è giunto al giro di boa della prima settimana: ce ne vogliono ancora tre prima che chiuda i battenti domenica 7 agosto, ma, come ai tempi di Vilar, è la prima tornata di spettacoli, criticlie, reazioni del pubblico a determinare fisionomia ed esito della rassegna. L'impressione degli osservatori è decisamente positiva. Il festival si è intanto irrobustito sul piano organizzativo: gli 800 attori e tecnici che lavorano, in contemporanea, nei tredici luoghi teatrali della città sono ora assistiti, nelle loro trecento repliche, da 400 addetti alla manifestazione: ••Un villaggio nella città; lo definisce con orgoglio Faivre d'Arder, il nuovo direttore che, con questa immagine, vuol fare dimenticare i modi simpaticamente geniali, ma poco funzionali, delle antiche gestioni. Faivre d'Arder ha poi decisamente aumentato il numero degli spettacoli, sia sul versante del teatro (die qui è il vecchio tronco dell'albero, come a Spoleto la musica) sia su quello degli altri generi. Quest'anno gli allestimenti sono cinquanta. Sul fronte teatrale il panorama è ricco e vario di proposte. Ci sono le due novità d'autore francese nel Cortile d'Onore, die provocano e fanno discutere (di una abbiamo già riferito, dell'altra scriveremo domani). C'è al Teatro Municipale, la «Devozione alla Croce» di Calderon in versione romanzesca, per la regìa di Daniel Mesguich, un altro regista trentenne e piuttosto impertinente. Ci sono quattro drammaturghi tedeschi — Fassbinder, Muller, Bernhard, la Jelìnek — con sette loro commedie allestite. E poi si svaria dallo spettacolo per attore solo, come il «Big Bang» di Philippe Avron, un Glauco Mauri francese, adorato dal pubblico, a quello per piccolo gruppo, Bacine (s) ad esempio, un delizioso montaggio, anche ironico, di passi celebri raciniani, all'ospitalità a gruppi stranieri, come Zones di una compagnia danese, che non è altro che Amore e Psiche con due matrone imponenti, di stampo felliniano. Faivre d'Arder ci ha detto che nei due anni che gli restano vuole combattere col Festival l'immagine monolitica e massificante dei grandi massmedia, contrapponendogli la pluralità stimolante di tante unità espressive: la battaglia dell'effimero contro il durevole, insomma. Faivre, intanto, continua a lavorare sornione sul microcosmo dello spettacolo dal vivo: e quest'anno ha fatto spazio a danza e canzone, con un occhio di riguardo a giovani e giovanissimi. La. danza avrà, nel Cortile d'Onore, le sue leaders in Pina Bausch e Carolyn Carlson: ma poi c'è una commedia musicale in sette quadri, sette storie d'amore al femminile,Déllcés, con la compagnia di Regine Chopinot, coreografo giovane e polemica: Fase e Rosas danst Rosas della belga Anna Teresa de Keermaeker; Ives p. storia di un poeta precocemente scomparso, del gruppo Emìle Dubois di Grenoble; e, infine, il Gruppo di Ricerca Coreografica dell'Opera di Parigi, i dodici ballerini che, sulle orme della Carlson, hanno deciso con coraggio di damare controcorrente. Ma è la canzone la vera novità del Festival di guesfanno: canzone poetica, su testi di Antonin Artaud, mediati da quella simpatica signora grassa die è Colette Magny; canzone erotico-passionale della greca Angélique Jonatos, occhi neri, fondi su un volto d'avorio; canzone mitlco-folclorica di Brenda Wootton, bardo al femminile della sua Cornovaglia; canzone socio-politica della nostra indomita Giovanna Marini, che qui porta addirittura un oratorio, Il dono dell'imperatore, realizzato con i suoi allievi della scuola di musica del Testacelo, a Roma, sulla storia vera di un gruppo di anarchici italiani delVSOO, la cosiddetta Colonia Siciliana. Guido Davico Bonino
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