Tra le valli del delta del Po guizza un mistero: l'anguilla

Tra le valli del delta del Po guizza un mistero; l'anguilla Un itinerario per riscoprire la laguna padana e la sua «regina» Tra le valli del delta del Po guizza un mistero; l'anguilla DAL NOSTRO INVIATO COMACCHIO — Tra Chioggia e Marina di Ravenna la lunga linea di spiaggia, fitta di stabilimenti balneari, che corre praticamente da Trieste a Santa Maria di Letica sull'Adriatico è interrotta da un paesaggio piatto e insolito: la grande laguna formata dalle foci del Po, le «valli» di pesca. Cordoni di dune, pinete cresciute sui terreni alluvionali, grandi stagni plum bei e immobili sotto il sole creano, nell'ininterrotto affollarsi di bagnanti, una parentesi di silenzio e di quiete. Eppure, anche questa potrebbe essere una meta per il turismo alternativo, meno variabile. Non solo perché le «valli» hanno un loro fascino sottile e malinconico, ma perché ospitano una creatura tra le più misteriose della terra, l'anguilla. Soltanto ottantanni fa fu trovata la soluzione del giallo: le anguille abbandonano le nostre coste prima di essere sessualmente mature, per intraprendere la loro lunga maratona verso l'Atlantico Intertropicale, dove si riproducono nel Mar dei Sargassi, presso le Bermude. Cosi, per millenni, sono rimaste un enigma che ha inte ressato, ma Invano, tutto il Gotha dei naturalisti, fin da quando Aristotile, notando come non avessero organi sessuali, dedusse che non si riproducevano né per accoppiamento, né per uova. Come, allora? Plinio riteneva che andassero a strusciarsi contro le rocce e che dai lembi di pelle cosi strappati si formassero i nuovi nati. Chi aveva notato che le anguille rispun tano tra la melma degli stagni prosciugati riteneva che aves scro origine dai vermi, altri addirittura dai crini di cavallo. Molte pagine di questo straordinario «giallo» sono state scritte qui, nelle «valli di Cornacchie dove i naturali sti sono stati richiamati per secoli dalla speranza di risol vere il mistero, in quella che il naturalista Antonio Valsine ri, cattedratico a Padova, ave va battezzato nel 1690 la «metropoli delle anguille». Primo fra tutti Lazzaro Spallanzani, che venuto alla ricerca di un'anguilla gravida, se ne tornò a casa soltanto con una ri celta: «Non fanno adunque (le popolazioni locali) uso di burro né di olio, serveìido il condì mento nel medesimo grasso del pesce. Gustato avendo sul luogo delle anguille da que pescatori per tal guisa condite, le Ito trovate deliziosissime, sema clic io provassi quella pesantezza di stomaco die si suole incontrare mangiando simili fatta di pesce». E lo stesso Sigmund Freud, ventenne e ancora studente, si interessò durante un soggiorno a Trieste delle anguille di Cornacchie senza riuscire a risolvere l'enigma, che sarebbe stato svelato in due tappe: dall'accoppiata di naturalisti italiani Grassi e Calandocelo quando, intorno al 1900, catturarono finalmente un maschio sessualmente maturo nello stretto di Messina e dallo zoologo danese Gio vanni Schmidt, che, aiutato dalla flotta da pesca del suo Paese, arrivò alla vigilia della prima guerra mondiale, fino alla «culla» nel Mar del Sargassi, seguendo le migrazioni delle larve. Oggi nelle valli di Comacchio si pescano ancora le anguille secondo una tradizione millenaria, con il «lavorlero»uno strumento da poco tempo costruito in metallo, ma fino agli Anni Cinquanta intrecciato, seguendo tecniche antichissime, con una speciale canna del Delta, ormai quasintrovabile. E' costituito da due grandi pareti convergentverso un angusto passaggiovarcato il quale le anguille strovano in un fitto e impenetrabile graticcio, con un unico sbocco verso l'«otela», una capace trappola dove si ritrovano definitivamente prigioniere. Dalle «otele» vengono travasate in grandi recipienti dvimini, le «bollanghe», dove possono vivere in cattività anche per mesi, prelevate se condo le richieste di mercato. La produzione di anguillnelle valli di Comacchio è attualmente di circa 25 chili peettaro, piuttosto bassa. Ma in allevamenti sperimenta(grandi «arnie» di circa quattro metri cubi, con «favi» simili a quelli di un alveare, Ir rorati con acqua e ossigeno li quido a temperatura costan te) si è calcolato che là produzione potrebbe raggiungercifre vertiginose: nelle dimensioni di un metro cubo spossono ottenere due quintadi pesce. Dalle «valli» potrebbero dunque venire fino a 2mila quintali per ettaro: tanto da inondare l'Italia di an guille, fino al giorno del grande sacrificio per 11 piatto tradizionale della vigilia natalizia' Giorgio Mattinai

Persone citate: Antonio Valsine, Giorgio Mattinai, Lazzaro Spallanzani, Schmidt, Sigmund Freud

Luoghi citati: Chioggia, Comacchio, Italia, Messina, Padova, Ravenna, Trieste