La bianca lady di Ercolano di Luciano Curino

La bianca lady di Ercolano I RECENTI SCAVI GETTANO UNA TRAGICA LUCE SULLA FINE DELLA CITTA La bianca lady di Ercolano Si riteneva che gli abitanti, a differenza di quelli di Pompei, fossero scampati all'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Ora si è scoperto che vicino al mare si erano rifugiate centinaia di persone - Sono stati disseppelliti i loro scheletri, pietrificati nella morte improvvisa - Il più patetico, quello di una donna raffinata, sarà esposto in America DAL NOSTRO INVIATO ERCOLANO — / morti di Ercolano escono dal fango pietrificato che per duemila anni li ha imprigionati. Scheletri isolati o in gruppi che «gridano al mondo la tragedia della loro città, tragedia che ci appare nitida negli agghiaccianti particolari», dice il direttore degli scavi Giuseppe Maggi. «Qui c'è un pathos che nessuno scavo archeologico al mondo può offrire». Oli ercolanesi dissepolti sono 140, altre centinaia aspettano di essere tratte dalla roccia con il martello pneumatico. Si era sempre creduto che, a dlfferema di Pompei, l'eruzione del Vesuvio a Ercolano non avesse fatto vittime. A Pompei, si diceva, non ci fu possibilità di scampo; gli ercolanesi ebbero invece il tempo di fuggire. Perché le due città furono sepolte in modi e giorni diversi: la catastrofe di Ercolano avvenne almeno 18 ore dopo quella di Pompei, un tempo sufficiente per evacuare la città. «Il tempo ci fu, non ci fu la via per la fuga, e la sorte degli ercolanesi fu più atroce di quella dei pompeiani», dice l'archeologo Maggi. Spiega l'eruzione del 24 agosto 79 dopo Cristo. Un mattino caldo e lumtnoso, con una calma strana, Innaturale. I cani cominciano a latrare sema motivo e gli uccelli svolazzano Inquieti, silenziosi. Il mare ribolle. Tra le 10 e le 11 la terra sussulta e si sente una detonazione terrificante. Tutti a guardare il Vesuvio: la cima è spaccata e butta fuoco. Alle 13 l'eruzione entra nella fase culminante: dal vulcano scendono torren' ri di lava, si alea unlmmensa nuvola nera a fungo, è fatta di ceneri e vapori di zolfo, ed oscura ti cielo. «Non l'oscurità di una notte senza luna, ma il nero di una stanza ermeticamente chiusa», scriverà più tardi Plinto ti Giovane. Il vento manda la nuvola a Sud, su Pompei, che è sepolta con t ventimila abitanti. Più vicina al cono del Vesuvio (ne dista quattro chilometri) Ercolano ha alcune case sfondate da masst scagliati dal vulcano e un certo numero di vittime, ma è risparmiata dalla mortale nuvola, perché sta a Nord-Ovest. Dopo l'eruzione, segue una pioggia torrenziale. Il mattino del 25 agosto dal Vesuvio precipita un'enorme massa di acqua, pomice e detriti: una valanga alta da 15 a 20 metri, che si abbatte a quasi cento chilometri all'ora su Ercolano, seppellendola, e contìnua la corsa per 400 metri nel mare. Tutto In pochi minuti. La città e questo tratto di mare sono adesso sotto una ventina di metri di fango, che si solidificherà nei secoli, diventerà roccia. C'era la certezza che la colata di fango avesse investito una città deserta. Durante l'eruzione «nella notte improvvisa, sotto la pioggia di lapilli, alla luce incerta delle fiaccole, tutti fuggono, sui carri, a cavallo, a piedi: verso Napoli, verso 11 mare», cosi una descrizione del salvataggio degli ercolanesi. Che tutti, o quasi, fossero scampati era opinione comune, anche dell'archeologo Amedeo Maturi, che nel 1927 cominciò a disseppellire Ercolano. Non era la convinzione dt Giuseppe Maggi, ma continuando gli scavi ha trovato soltanto due morti nel bagno pubblico e un terzo in una abitazione. Finché è venuta la straordinaria scoperta. E' accaduto per caso. Tre anni fa sono stati necessari certi lavori idraulici alle Terme suburbane. (Perfettamente conservate, con le tubazioni Intatte: potrebbero essere ancora utilizzate). Le Terme erano vici ne al mare, che adesso è di stante 400 metri, e tutto questo tratto è sotto l'alto strato dt fango solidificato. Scavando qui, è apparso uno schele' tro. Poi altri e tutti dove era l'antica spiaggia di Ercolano. C'era il sospetto che fossero i resti di sciacalli venuti a depredare la città abbandonata e poi sepolti dalla valanga di fango. Ma c'erano anche scheletri di donne, di bambini: non poteva essere una banda di scellerati. Scavi e studio si sono Intensificati, anche per Valuto e la collaborazione scientifica dell'americana National GeographUs Society. Ecco dal fango indurito, roccioso, venir fuori un remo, poi una barca, un gozzo di otto metri rovesciato, e li vicino un annegato. L'anno scorso, le scoperte più esaltanti. Davanti alla spiaggetta di Ercolano stava un muraglione ad arcate: ampi locali a volta che d'inverno erano usati per deposito di barche. SI è scavato qui e si è trovata una folla di scheletri. Quaranta In un locale, ventisei in un altro e c'era pure quello dt un cavallo. Ancora scheletrì presso gli Ingressi e sulla spiaggia attorno. Erano la drammaticissima testtmontama dell'agonia e della morte di Ercolano. Quella tragedia può adesso essere ricostruita. Sul pendio del Vesuvio, la città scende a gradoni fino al mare. La strada per Napoli è a monte e gli ercolanesi non possono usarla perché minacciata dalla lava. Al lati della città, due fiumi in piena, travolgenti. Sola via di scampo, il mare. Folli di terrore, tutti cercano di raggiungere II litorale, per rìpide strade e una lunga gradinata. Sono centinaia sulla spiaggia e altri ne arrivano, ma il mare è impazzito e rovescia le barche che tentano di affrontarlo. («Stiamo disseppellendo questo gozzo, ma chissà quanti ce ne sono ancora nella roccia», dice Vittorio De Girolamo, da 15 anni assistente ai lavori). Il flagello della pioggia, l'aria irrespirabile per le esala- zioni di zolfo. Tutti cercano rifugio nelle arcate del muraglione. Spingono, si calpestano, urlano, piangono, chiamano a gran voce i dispersi. Più forti delle grida sono i tuoni del vulcano e il fragore del mare che butta sulla spiaggia pesci morti. E poi sovrasta tutti i rumori quello della valanga, che come un Valont dt fango si abbatte su Ercolano e sulla spiaggia affollata, riempie le arcate del muraglione. Eccole, dopo venti secoli, le vittime della catastrofe incastonate nella roccia e dlssepolte. Scheletrì. Tanti, e ognuno con ti suo tragico racconto. Bambini e ragazzi avvinghiati ad adulti. Una donna Incinta di sei o sette mesi, e si è trovato lo scheletrìno del feto. Una ragazzina di tredici anni, forse una schiava perché le ossa rivelano che ha lavorato pesantemente fin dall'infanzia, che tiene per mano un bimbo di pochi mesi e con quattro denti da latte, probabilmente il suo padroncino perché ha una ricca spilla d'oro. Il soldato con la spada al fianco, al dito un anellino dt bronzo, una borsa con II denaro: tre monete d'oro con l'effige di Nerone e varie monete d'argento. Altri scheletri. Una madre stringe al collo un bimbo, con l'altra mano cerca di proteggere un ragazzo. Due scheletri appoggiati al muro si stringono le mani, uno ha la testa posata sulle spalle dell'altro. Scheletri ammassati, abbracciati. Mascelle spalancate nell'ultimo urlo o per una boccata di ossigeno nell'aria soffocante. Occhiale enormi dove è ancora l'orrore, ma In alcune ci trovi la sorpresa, l'Incredulità. Dita che raspano nel sussulto dell'agonia. «Accanto ai corpi stravolti dall'agitazione, il raccogliersi con la testa sulle braccia di chi accettava la tragedia per intima convinzione religiosa o filosofica, i gesti di tenerezza delle madri per i piccoli», è la bella annotazione del direttore degli scavi Maggi. Che città era Ercolano e chi erano i suol abitanti? Risponde Maggi che era una città dt drca tremila abitan¬ ti. Viveva di pesca e di piccoli commerci. Di cultura greca, era cambiata dopo la conquista sillana nel 90 avanti Cristo. L'arrivo dei romani, soprattutto degli arricchiti, l'aveva un poco involgarita. Vi erano stati costruiti condomini, case popolari di quattro piani. La vecchia aristocrazia se ne era andata, vendendo le ville ai nuovi ricchi, che avevano cominciato a modificarle, generalmente con cattivo gusto. Diciassette anni prima del seppellimento, come Pompei, anche Ercolano era stata lesionata da un terremoto, e si stavano riparando i danni. Forse è ancìie per il terremoto che i vecchi patrizi se ne erano andati. Non tutti, e lo fa pensare lo scheletro di una donna trovala sul litorale. L'équipe americana e quel-. la italiana impegnate negli scavi chiamano «lady» questa donna. La paleopatologa, studiosa di ossa antiche, Sara Diesel, ritiene che sia stata una donna giovane e bella. Certamente ricca, perché le si sono trovati anelli e braccialetti, orecchini preziosi. Dice Maggi: «Non era soltanto ricca, ma anche raffinata. Tutti i ricchi possono comprarsi gioielli, ma questi della "lady" rivelano il gusto di una persona di cultura, appartenente a un ceto sociale che a Ercolano non c'era quasi più. Escludo che questa signora appartenesse alla leva dei nuovi ricchi, ritengo che fosse una delle ultime patrizie rimaste ad Ercolano». Forse una delle tre figlie del proconsole Marco Nonio Balbo, patrono della città. E' probabile che la «lady» con i suoi gioielli venga portata, temporaneamente, in America in occasione di una raccolta di fondi per continuare gli scavi. Perché occorre denaro e qui arriva con il contagocce, e non sempre. Di lavoro da fare ce n'è molto. Altre arcate del muraglione da aprire ed esplorare. Un terzo dell'antica città è scoperto: ville, abitazioni, negozi, bagni pubblici, la palestra, taverne. Un altro terzo potrà essere recuperato, ma non di più. Non la parte alta di Ercolano, perché qui vi è adesso la città di Resina. Scavi di eccezionale importala, perché a differenza di Pompei e di altre città sepolte, dove tutto quello che era deteriorabile è andato perso, nel fango pietrificato di Ercolano si trovano legni (porte che girano ancora sui cardini, soppalchi, mobili), tessuti, ceste di vimini, le reti dei pescatori, cibi fino al pezzo di pane e alle noci. E invece dei calchi degli antichi (i «bianchi fantasmi del passato» li definisce Maggi), come dà Pompei, qui si trovano proprio loro, gli ercolanesi di duemila anni fa. Luciano Curino