Consumatori senza grinta

Consumatori senza grinta Consumatori senza grinta La grinta fa difetto ai consumatori. A parole siamo tutti leoni con le unghie taglienti, alla prova dei fatti prevale in noi la timidezza, una sorta di impiegabile e stolido pudore: l'inganno c'è e lo vediamo, ma speriamo che sia un altro a denunciarlo. Cosi l'incarico di controllo che lo Stato ha affidato al consumatore per combattere, tutti Insieme, l'evasione fiscale e punire 1 «i furbi», non ha dato risultati. Decine di lettere inviate al giornale accusano, ad esempio, parrucchieri e pettinatrici per signora: la ricevuta fiscale è da tempo, per loro, un obbligo di legge, ma pochi lo rispettano. «E io mi sono sentita un verme, devo anche essere arrossita dalla rabbia, ma proprio non ho osato chiedere la ricevuta temevo di fare brutta figura. Non volevo passare per pitocca»: è un commento comune della gran schiera dei consumatori. No, questo nascosto timore della «brutta figura» e un grave errore. Perché, per difendere i propri diritti e anche il comportamento corretto della maggior parte dei commercianti, bisogna avere il coraggio di isolare i disonesti. Eppure, nonostante tutti gli inviti e le raccomandazioni, il consumatore ha rifiutato finora il ruolo di controllore fiscale. C'è da dubitare che se ne assuma l'impegno da oggi pretendendo dalla tintoria o dall'idraulico quella ricevuta che non ha osato chiedere al ristorante o all'elettrauto. Una riflessione forse potrebbe indurci a superare il pregiudizio della «brutta figura»: se il cliente paga le tasse e non evade, perché con la sua connivenza e il suo silenzio dovrebbe farsi complice di un evasore?