I cento volti di Trieste arcipelago di cultura

Storia e letteratura di una città-mito Storia e letteratura di una città-mito I cento volti di Trieste arcipelago di cultura TRIESTE città, provincia, porto, emporio, crocevia e crogiolo (solo crocevia?), carica di storia, senza storia, tragica e dolce, rozza e raffinata, commerciale e letterata... Il mito di Trieste, multiforme e drammatico, viene affrontato da due nuovi libri, che in realtà sono almeno tre, con quattro autori: « Trieste provincia imperiale» comprende « Gioito e nero era il mio impero». di Ferruccio Folkel, e «Il pianeta Trieste», di Carolus L. Cergoly; mentre • Trieste - Un'identità di frontiera» è composto a quattro mani da Angelo ! Ara e Claudio Magrls, ^' I «Se l'Ausìrianon ciyo's&j bisognerebbe inventarla Il lettore è subito catturato dalle pagine di Cergoly. qui più che mal poeta e narratore, musico e quasi stregone. Con quei suoi modi fiabeschi, leggeri (ma non tanto), talora appena ironici, sempre divertiti, appassionati e appassionanti, Cergoly ci conta la to, in termini di lavoro forzato, ancor più accentuato di quello colonialista? Che cosa non ha funzionato, proprio all'Interno dell'Indocina, al di là delle influenze esterne? Questi i problemi die Sarzi Amadé storia del mitico Impero di cui Trieste fa parte: «piccolo mondo nel quale il grande mondo avrebbe dovuto fare la prova generale». Scomparso e polverizzato, «pochi lo apprezzarono e compresero finché si era in tempo; poi, quando era troppo tardi, avvenne proprio tutto il contrario». Ne resta oggi, secondo Cergoly, «una caricatura tragica, un esempio di slultitia»: le aspirazioni nazionali avrebbero potuto largamente svilupparsi in direzione della sua logica; «invece si sono fatte rottami e schegge perseguitate». ' 'Infiner «Oggi,-per sopI portare la vita, questi ultimi gialloneri devono far finta d'essere un poco svaniti, o per dirla con Rimbaud "nous ne sommes pas au monde"». Pagine che sfumano-rlmuovono il dramma che c'è sotto, anzi tutti i drammi del mondo. Occorre, certo, lasciarsi un po' andare, magari leggermente «svaniti», a questo si pone e affronta, senza preconcetti, e sia pure con l'amarezza, ci sembra, del militante deluso. Questa Indocina rimeditata fa giustizia (e significativamente da parte di un internazionalista) di tanti anni di semplificazioni, sessantottesche e non, se pure era ancora necessario. Ma sarebbe ingiusto fermarsi alla sterile constatazione di quanto fosse legittimo dissentire dalle infatuazioni di dieci an?ii fa. Con documenti e analisi come quelli di Sarzi Amadé bisogna fare i conti, magari, in parte, dissentendo ancora, se non si vuol cadere in altre pericolose semplificazioni di segno opposto a quelle di chi credette di vedere in «cento, mille Vietnam» chissà quale decollo dell'umanità. G. Romanello Emilio Sarzi Amadé, «L'Indocina rimeditata», Franco Angeli, 224 pagine, 14.000 lire. vero Valli par lui-méme. con le emozioni, i ricordi, le tensioni, gli spunti polemici, le gioie e le irritazioni del grande attore. Dagli scritti giovanili alle interviste ai rari articoli della maturità, si rileva un ritratto a tutto tondo di Valli, si dellnea un itinerario artistico in cui l'attore si pone come critico, come mediatore tra realtà e finzione. Sotto tutto questo, e forse prima di questo, si avverte 11 continuo confronto con l'amicizia, la solitudine, la morte. In risposta ad un questionario del Dramma, alla domanda «Come mi piacerebbe morire?». Valli scrisse: «Lasciando Intorno a me un piccolo alone di rimpianto e di gratitudine»: Chiedeva molto, ma se lo poteva permettere, e certo lo sapeva. Osvaldo Guerrieri Romolo Valli, «Ritratto d'attore», Il Saggiatore, 234 pagine, 12.000 lire. Trieste. 11 molo San Carlo nell'800 di c il oeano ra ra oNe ratioardia; a». ptifar vamas he il nzi do. un ersto . spartito scritto con l'agilità, la grazia e la freschezza di chi avesse mezzo secolo di meno. Anche Folkel ha un'estrema agilità di scrittura : finalmente un uomo di frontiera che usa l'italiano come se fosse suo, inventato da lui, e come se non lo fosse. Ma è (un'altro tipo di agilità: Folkel ha del gatto, e insieme del topo, pronto a cambiare umore, traiettoria, sguardo, direzione. Certo non ti lascia andare un attimo per la tua strada: e la sua è una strada dolorosa, percorsa con delicata fermezza ma senza soste, scapigliata ed ecdewtricUV folgorata dalla tragedia, gòni la di malinconia, intrisa di humour. Centrata questa volta sulla città, su Trieste; la cui storia dal tempi dei tempi, dal piccolo paese-vlllaggio-marlna-emporio ai secoli della «fortuna», è . presentata qui a più registri (quanti italiani la conoscono veramente?), fra straordinarie battute e os¬ Il cin servazioni. Seguono gli irresistibili decenni della •sfortuna», dove Folkel ' giustamente sottolinea 11 peso della formazione del Regno d'Italia, la miopia di certi ambienti triestini, la crescente serie di errori degli Asburgo: dallo sciopero generale bloccato nel sangue all'omessa valutazione della mutata posizione della città nell'impero; dalla soppressione del porto franco alla contrapposizione dell'etnia italiana a quella slava; dall'istituzione del servizio di leva al ritardo nella realizzazione delle comunicazioni. «Non i triestini si staccarono dall'Austria, ma l'Austria — in un folle tentativo di centralizzare ciò che doveva divenire decentramento e autonomia — allontanò da sé l'opinione pubblica». Sono tra le pagine più vive del libro, di cui è superfluo sottolineare l'interesse «in controtendenza» nel momento filoasburglco in cui viviamo. Eccezionali per rapidità e penetrazione i capitoli sull'urbanistica, sull'architettura, sulla questione della lingua; piene di dura suggestione le osservazioni sulle tensioni sociali legate al crollo, sulla pazzia del fascismo anche triestino. Tutto ciò rende il racconto non solo «credibile», ma di sicura e sempre più approfondita partecipazione da parte del lettore; certo mai «provinciale», allo stesso tempo visto dall'interno e rivisto dall'esterno, enciclopedia in pochi densi capitoli del vivere e sentire triestino, e più largamente «di frontiera». La funzione culturale di Trieste, colta attraverso le sue eccezionali testimonianze letterarie, è infine il tema dell'opera di Angelo Ara e Claudio Magrls. in uno degli splendidi saggi einaudianl. Sul filo in tensione d'una storia drammatica, sapientemente tentata e ricomposta, campeggiano nel libro le figure di Svevo, Saba, Slataper, Glotti, Marln, ormai acquisite alla cultura universale; accanto a quelle di Car¬ ema tra id eologia