C'è un brivido gotico nel caste

Fantasmi, misteri, tenebrose trame: torna il romanzo nero Fantasmi, misteri, tenebrose trame: torna il romanzo nero C'è un brivido sotico nel cast smo, che lo stesso autore, dopo averlo scritto nel 1871 sulla scia della lettura di Carmina di Joseph Sheridan Le Fanu, rinnegò come imitazione troppo pedissequa e, dunque, usci solo postumo nel 1914? Perché, a esempio, le nuove edizioni Le Mosche di Vercelli inaugurano, non so se una collana o se addirittura la loro attività, con la versione italiana a cura di Romano Carlo Cenone di II segnalatore e altri racconti soprannaturali di Charles Dickens, scritti dall'insuperabile maestro della narrativa inglese tra il 1839 e il 1866, e forse non indispensabili per la sua gloria? Perché, a esempio, le nuove edizioni Basaia di Roma pubblicano di Gustav Meyrink, il famoso autore del Golem, la versione italiana, con prefazione di Gianfranco de Turris e introduzione di Piero Cammerinesi, di certi saggi stimolanti, profondi e paradossali su magia, alchimia, hashish, collegamenti telefonici con la terra dei sogni, yoga tantrico, scritti tra il 1907 e il 1930 e raccolti sotto il titolo n diagramma magico? Testi di varie suggestioni e di varie classificazioni secondo esperti e fanatici di uno o l'altro dei vari filoni, sarei tentato di dire: delle varie sette dei cultori del fantastico e dell'irrazionale, ma somigllantisi e accordantisi, a mio modesto parere nell'accettazione e venerazione del nero come notte, brivido, mistero, e magari splendore, il tenebroso e irresistibile splendore del nero, tutti i colori del nero. Sarà Illu proprio solo un caso che a inaugurare la nuova collana Feltrinelli mL'Awentura* sia stato scelto un gotico odierno, con collegamenti con la letteratura veramente o falsamente maledetta della Scapigliatura, quale Magia rossa del cantautore del Sessantotto Gianfranco Manfredi? Gli interrogativi, insomma, crescono, e mi costringono a fare, come è di prammatica per la narrativa più o meno d'appendice, un passo indietro nella mia vita. Più indietro ancora della mia versione di B. Castello d'Otranto. Ecco uno degli ultimi numeri del Politecnico, diretto da Elio Vittorini e Nazzarì con Lilia Silvi in «Dopo divorzieremo» e con Nadja Tiller in «Neurose» strazione da un'opera di Ann Radcliffemgoma o sso Più mia Omi di e stroncato da Mario Alicata e Palmiro Togliatti, n. 35, gennaio-marzo 1947. All'inizio e in fondo alla rivista, diventata mensile e navigante in sempre maggiori difficoltà, una chilometrica lettera di Vittorini a Togliatti su politica e cultura, riassumibile nel persino troppo ripetuto slogan: -suonare il piffero C, ALPINISMO ha i fatto di me una persona positiva, che ama la vita», diceva Reinhard Karl, alpinista di punta tedesco morto a trentasei anni, nel maggio 1982, sul Cho Oyu nell'Himalaya. Il SO per cento degli alpinisti di punta muore in montagna, e questo Karl lo aveva messo in conto. Ha lasciato un libro autobiografico (Montagna vissuta: tempo per respirare,! che l'anno scorso ha vinto il premio Deutscher Alpenverein per la letteratura alpina e che Silvia Metzeltin Buscaini, anch'essa alpinista di punta, ha tradotto ora per Dall'Oglio (173 pagine, 20 mila lire). Nell'edizione italiana, il libro ha appena vinto il premio Trento per la letteratura di montagna, assegnato da una giuria presieduta da Rigoni Stern. Ragazzo a Heidelberg, meccanico, Reinhard Karl comincia ad arrampicarsi, nei fine settimana, perché l'aria pulita, la roccia, il sole e le stelle dei bivacchi sono un modo per sfuggire allo squallore della vita di lavoro con un'infinità di automobili da aggiustare, e i clienti e il capo, essere apprendista «sporco d'olio che avvita nel box numero due della sala numero uno, che fa tutto quello che gli si dice, per quanto spiacevole e sporco possa essere». Dapprima le rocce vicino a casa, poi montagne sempre più impegnative. Le vacanze alle Dolomiti: la parete nord della Cima Grande di Lavaredo, «n mio primo sesto grado. Dopo aver salito questa parete della difficolta di "sesto" sarei diventato un "estremo"». Ma un vero alpinista è quello che ha fatto le tre grandi pareti nord: dell'Eiger, del Cervino, lo sperone della Walker alle Grandes Jorasses. E le ha in programma. -Quando ci si propone l'impossibile, si raggiunge il possibile», risponde a chi lo mette in guardia: bada, Reinhard, l'Eiger è troppo pericoloso, è una salita da psicopatici. Ma è anche V'arena della verità*, e Karl vuole misurarvisi. Diciotto ore di arrampicata, la cima conquistata. Paura? Si. Ma «retrospettivamente, constato che la paura, che mi aveva posto tanti problemi, era in realtà una paura incredibilmente creativa. Perché chi ha molta paura riflette molto». Per vivere di alpinismo diventa fotografo, molto bravo. (Un centinaio di bellissime fotografie nel suo libro). Passa dall'alpinismo tradizionale classico di alto impegno sulle Alpi, all'arrampicata libera integrale, alla prima via . Accanto un'altra illustrazione romantica per un romanzo nero per la rivoluzione?'. Alle pagine 39-42 un mio saggetto su Il romanzo nero, a partire proprio da II castello d'Otranto, opera di quello che Thomas Babington Macaulay definiva il più eccentrico e artefatto e capriccioso degli uomini, uno che si era inventato un incubo per ingannare la noia in cui viveva nella sua residenza di campagna trasformata in una specie di maniero medioevale a Strawberry Hill. TI saggetto che Vittorini mi aveva commissionato dopo aver saputo che sull'argomento avevo impasticciato una tesi di laurea (non per me, ma per la mia futura moglie) era abbastanza inge¬ r a ¬ nuo, anche se animato dalle migliori intenzioni di chiarezza. Comunque, era corredato da una di quelle note del direttore con cui Vittorini non mancava di sottolineare il suo dissenso e la sua insoddisfazione nei confronti dei collaboratori: •Bisogna fare attenzione alla letteratura che esprime " i "sottosuoli". Non ci si può mettere contro di essa in generale per pregiudizio ideologico o per pregiudizio morale, e negare Dostoevskij, negare Kafka: sarebbe mettersi contro la conoscenza dell'uomo. Ma nemmeno si può accettarla tutta. Bisogna distinguere In essa; e distinguere la necessaria dalla gratuita; quella che è reale scoperta da quella che è costruzione arbitraria; la poesia, e dunque verità, dall'artificio, e danti'ie assurdo. •E' inoltre da notare che il gratuito del "nero" corrisponde al gratuito del "rosa", e che il risultato letterario di un finto "sottosuolo" è non meno dannoso alla conoscenza dell'uomo di un libro scritto per suscitare sentimenti edificanti. Però Del Buono, qui, non si è chiesto come mai il gusto del gratuito, sia nel senso del nero o del terrore che nel senso del rosa o dell'edificante, prenda tanta voga nel Settecento, quando l'esistenza umana ha perduto, nel fervore del razionalismo astratto di allora (almeno tra gli intellettuali), il gusto del sacro. Non si cercava, per caso, di sostituire alle perdute soddisfazioni "Irrazionali" date dal sacro nuove soddisfazioni "irrazionali" con un culto

Luoghi citati: Otranto, Roma, Trento, Vercelli