Il divo della televisione in realtà sogna il cinema

D divo della televisione in realtà sogna il cinema D divo della televisione in realtà sogna il cinema Aveva esordito con Lizza A prima vista, ricorda Big Jim: con uno strepitoso nasino all'insù nella faccia squadrata e liscia, senza una ruga, gli occhi incredibilmente azzurri e i capelli incredibilmente biondi. Il tutto'. Impiantato su un fusto da anglosassone, gambe lunghissime; fianchi inesistenti, andatura dinoccolata nelle scarpe da basket, rosse. Bello, senz'ombra di dubbio. Qualcuno, di recente, lo ha persino paragonato a Robert Redford: un Red torci all'italiana, riveduto e corretto in Trastevere. Ormai è come se Ray Lovelock, da anni sulla breccia cinematografica, fosse nato neH'80 quando interpretò per la televisione La casa rossa: dopo, è apparso in altri due sceneggiati importanti (Una tranquilla coppia di killers e L'amante dell'Orsa Maggiore) e ora sta registrando, a Torino La ragazza dell'addio di Scerbanenco, diretto da Daniele D'Anza, Il che ha impresso la sua faccia nella retina di milioni di telespettatori, procurandogli una popolarità che nessun film era mai riuscito a dargli, ma non lo ha riconciliato con la televisione dove continua a recitare malgré soi, la sua vera passione essendo il cinema, entratogli nel sangue quando aveva solo 17 anni e debuttò con Banditi a Milano di Lizzani. ' Oggi Ray Lovelock, nome autentico, abbreviato in arte (per intero, sarebbe Raymond John Lovelock) di padre inglese e di madre romana, 33 anni, una figlia di dodici, una moglie sposata a vent'anni, rimasta sempre al suo fianco e di cui è innamoratissimo, caso abbastanza singolare nel mondo dello spettacolo, si sente in esilio a Torino, dov'è ormai da mesi: dal padre inglese ha ereditato un carattere schivo, pieno di diffidenza per gli estranei e poco proclive alle amicizie, per cui lontano da casa, è come un povero orfano. Le interviste, poi, lo mettono a disagio e ne concede pochissime: e in quelle poche, è come succhiare un chiodo: Parla con reticenza, raschiandosi la gola, sicché le frasi vengono smozzicate da continui •ehm ehm-, dovuti magari a timidezza o forse a snobismo di stile ni, ora interpreta a Torino un giallo da Scerbanenco R Ray Lovelock e Carole André oxfordiano. Si tratta, insomma, di una timida mammola cresciuta chissà come nella giungla del cinema. Si trova proprio cosi male, a Torino? •Non è che mi trovi male a Torino è die sto attraversando un periodo in cui mi pesa molto star lontano dalla famiglia. Sono qui dai primi d'aprile e vi rimarrò sino a fine luglio: ma vivo in albergo per garantirmi un senso di provvisorietà ed ho con me, unico bagaglio, un borsone, come dovessi ripartire da un momento all'altro. Certo, mi sento solo: non lego facilmente, sono anche un po'orso-. Non sarà per caso timidezza? Le sue partners dicono che lei è molto imbranato, mi scusi, impaccialo, quando deve girare le scene d'amore: bello, ma è come abbracciare un palo. • Davvero, lo dicono? Strano, mi sembrava di aver superato brillantemente i complessi di questo genere: direi, al contrario, che avverto spesso imbarazzo nelle'mie partners e allora mi sforzo di metterle a loro agio. Sa, all'inizio della carriera gli amici mi davano di gomito, dicendo: dì la verità, quando giri le scene d'amore nudo a letto con una donna, non ti succede mai?... Beh, qualche volta mi è anche successo, ma soltanto dapprincipio. In seguito, anche questo diventa routine E perché arrossisce, descrivendomi la routine? •Davvero, arrossisco? Beh, ammetto di essere un po' timido, come dice lei Continuo la mia requisitoria: dicono anche che lei non rida mai e prenda tutto maledettamente sul serio, senza sfumature. «Non e vero, anch'io ho il mio bravo sense of humour. Sono serio soltanto quando lavoro, pensando che il nostro mestiere sia appeso ad un filo sottilissimo e basti poco per farlo trascendere nel ridicolo. Quindi, cerco di esser sempre molto concentrato in quel che sto facendo: cosa naturale sul set, quasi impossibile iTt.' tivù dove hai sempre la sensazione che nessuno prenda le cose'professionalmente e che non si stia creando'delto spettacolo-, i w . • Ho l'impressione che lei lavori in tivù per ripiego, senza crederci molto. • Un po', è cosi. Finora ho sempre lavorato in televisione nell'attesa che venisse fuori qualcosa di interessante nel cinema; ma il cinema di oggi è così aleatorio, cosi campato in aria die tra un film qualunque e una produzione televisiva che ti garantisce almeno un minimo di qualità, scelgo ancora la televisione-. Lei può permettersi di scegliere in un momento come questo e se un soggetto non è dì suo gusto, star senza lavorare? •Sinora ho sempre cercato di farlo, rifiutando un mucchio di offerte. Però se penso di essere l'unico attore di cinema che non possiede la casa al mare, né la casa in montagna e che l'unica sua casa, in città, è d'affitto, mi vengonodei rimpianti-. Per la casa al mare o quella in montagna? • Per tutti i momenti di crisi che Ito attraversato e fatto attraversare alla mia famiglia, pur sapendo die non sarei arrivato a tanto se avessi accettato quella cosa o quell'altra. Io, col carattere die mi ritrovo, non sono mai stato tranquillo, né per la carriera, né per le finanze. Non ho mai cercato i soldi, né il successo facile: ho sempre avuto soltanto bisogno di credere in me stesso. Da qui, i miei molti no. Tuttavia, si capisce, ìio dovuto scendere anch'io a compromessi e lavorare in film scadenti, quando ero proprio senza una lira. Ma appena risalito a galla dicevo ancora di no. E aspettavo. Non è stato facile, mi creda, specie per uno come me, che non intrattiene relazioni pubbliche, né rappòrti coi colleghi e appena finito di lavorare prende e se ne va. Dirò, forse mi sono stati d'aiuto quel tanto di flemma britannica ereditata da mio padre e quel sano fatalismo romano ereditato da mia madre: due ingredienti indispensabili per sopravvivere, in un mondo come quello d'oggi-.

Luoghi citati: Milano, Torino