Un esempio di limpida severità di A. Galante Garrone

Un esempio di limpida severità Un esempio di limpida severità Conoscevo Bruno Caccia sin dal suo primo ingresso in magistratura, tanti anni fa. Quel che sempre lo distinse, dal primo all'ultimo giorno, fu una serietà intransigente, puntigliosa, quasi sdegnosa di tutto ciò che non fosse l'esclusivo adempimento della legge. Un'infles sibilità assoluta, che gli aveva creato la fama di uomo radi calmente ostile a qualsiasi cedimento o allettamento. Ideologie, culture, passioni civili sembravano estranee al suo intimo sentire, tutto rivolto alla difesa aspra — a tutti i costi — della legge. Gli avvocati e i giudici del Piemonte, vecchi e giovani lo sapevano, lo sanno. E piaceva anche il suo ri' serbo, quel suo lavorare in silenzio, la sua insofferenza delle luci della ribalta. Si è parlato molto in questi ultimi giorni, con una formula felicemente suggestiva — ma a mio parere anche fuorviarne di un «partilo della leggei quasi contrapposto agli altri partiti, intorno al quale si dovrebbe coagulare una parte notevole dell'opinione. Ci pare più appropriato parlare di «impero della legge», nel senso voluto e praticato da Caccia; e cioè di un impero totale — dei cittadini come dei pubblici poteri — perché la legge dello Stato prevalga, non a parole ma nei fatti «al di so pra di tutto e di tutti». Non leggi speciali, misure eccezionali, pena di morte: ma l'inesorabile applicazione delle leggi esistenti, troppo spesso gabellate, insidiate, infiacchite, e persino vilipese in chi le deve strenuamente applicare, senza riguardi per nessuno. Non ossequio formale vogliono i giudici della stoffa di Caccia (e per fortuna ce ne sono ancora molti); ma piena libertà di iniziative coraggiose, contro i subdoli attacchi e le pretese di condizionamento politico; e larghezza di mezzi, che troppo spesso difettano; e il caldo consenso della gente onesta. Ma un'esigenza primeggia su tutte le altre, se vogliamo essere degni dell'esempio di incontaminata severità che Caccia ci ha lasciato: un rigore assoluto, che non dia scampo alcuno al delitto. Non il rigore di cui si sciacquano oggi la bocca tanti uomini politici, pronti a smentirlo nella pratica quotidiana: ma rigore in tutte le direzioni. Chi ha ucciso il magistrato? terroristi? mafiosi? camorristi? trafficanti di droga? E' quel che ci si chiede in queste prime ore. Tutto è possibile, perché tanti erano i gravi processi che affluivano nel suo ufficio. E del resto, non sono più un mistero gli intrecci che legano il terrorismo alle altre non meno ripugnanti forme di delinquenza organizzata. In ogni caso, e ancora una volta, contro ogni clemenza e permissività, e proposte di amnistia o di agevolazione nei confronti di chi si limiti a dissociarsi dal male senza collaborare con la giustizia, e di fronte ai tentennamenti e alle tentazioni di venire a patti con qualche frangia almeno della delinquenza organizzata — terroristica o meno —, c'è una sola via da battere: la severità. Solo a questo prezzo, su una linea di imperterrita durezza, si può pensare di salvare la nostra democrazia, lo Stato di diritto. E' l'ultimo comandamento che dobbiamo raccogliere dal magistrato coraggioso e probo vilmente assassinato a Torino. A. Galante Garrone

Persone citate: Bruno Caccia, Caccia

Luoghi citati: Piemonte, Torino