Quando c'è un Malatesta di troppo di Remo Lugli

Quando c'è un Malatesta di troppo Rimini, una famiglia dice di discendere dalla casata: increduli gli studiosi Quando c'è un Malatesta di troppo Il «giallo» storico s'è aperto durante la commemorazione deH'850" anniversario della nascita del blasone Il duca Luigi Malatesta Gaetano Giulio Ripanti è sicuro della propria ricerca araldica, ma docenti universitari negano la tesi - Scomodato anche Dante - li gruppo nobiliare si è ufficialmente estinto nel 1957 DAL NOSTRO INVIATO RIMINI — Al nome,Malate~ sta Rimini deve il lustro e la rilevanza storica per; un ampio arco del Medioevo, dal 1190 al 1509, due date entro le quali la citta appartenne appunto alla Signoria malatestiana. Qui non mancano i cultori di quell'epoca, studiosi appassionati, documentati. Questi storici ora sono allarmati perché c'è chi, secondo loro, sta sfruttando il nome del Malatesta in modo arbitrario: una famiglia propaganda una propria presunta discendenza diretta da uno dei rami dei Malatesta, cosa che qui ritengono impossibile, falsa. Settimanali, quotidiani, anche riviste specializzate in storia, da qualche mese van¬ no pubblicando servizi sul!'.850" anniversario dei Malatesta» e su una serie di documenti' malatestiani segreti, da poco rinvenuti, il tutto presentato da un certo Duca Luigi Malatesta Gaetano Giulio Ripanti della Penna abitante a Roma il quale, assieme ai figli Enrica ed Enrico, dice di discendere appunto dalla nobile casata. C'è di più: questo sedicente duca ha anche organizzato una festa, 11 24 maggio scorso, nell'aula magna del palazzo della cancelleria pontificia di Roma per inaugurare «l'anno malatestiano» che coinciderebbe con gli 850 anni dal 1133, primo vicariato pontificio a Giovanni Malatesta della Penna. « Una serie di falsità — af¬ fermano Enzo Pruccoli e il prof. Piero Meldini, entrambi studiosi di vicende medievali, il secondo anche direttore della biblioteca civica Gambalunga di Rimini —'. Tutto si basa su dati sbagliati, riferimenti inesistenti». Anche 11 prof. Augusto Campana, professore emerito dell'Università di Roma, dove insegnava filologia medievale umanistica, e che, come romagnolo di Sant'Arcangelo, è stato un profondo studioso dei Malatesta, da un giudizio assolutamente negativo su tutto quanto è stato pubblica to recentemente per Iniziativa del duca Luigi Malatesta. «Presento' dei documenti illustrandoli per quello che non sono. Ho avuto occasione di parlargli per telefono: su ar- 4 gomenti storici diceva delle cose folli,-. Oli storici riminosi citano alcuni punti che dimostrano, secondo loro, l'assurdità della tesi del duca Luigi Malatesta. Il predicato Della Penna non mai esistito. Dante, citando i due più antichi Malatesta a lui noti, usa l'espressione «il mastin vecchio e il nuovo da Verucchio* e i commentatori antichi, per distinguere il nuovo Malatesta da Verucchio dal vecchio,.chiamano il vecchio Malatesta della Penna, essendo Penna un paese dei Montefeltro, ora Pennabllli. «E'— precisa Pruccoli — solo una indicazione toponomastica per distinguere i due personaggi coevi, padre e figlio, e non ha alcun contenuto nobiliare-. Il duca afferma di discendere dal ramo dei Malatesta di Sogliano al Rubicone, ma anche quello non esiste più, si estinto il 15 gennaio 1957 con la morte di Giovanni Stanislao Malatesta Ripanti -Non ci sono incertezze: le tavole del Litta sulle case nobiliari, un testo fondamentale nell'araldica, riportano le discenderne dei Malatesta fino al 1860. Nel 1907 un decreto reale di Vittorio Emanuele III di riconoscimento della nobiltà dei Malatesta, si collega alle tavole del Litta citando tutti i Malatesta successivi al 1860. E' cosi facile controllare che non sono rimasti eredi dopo la morte di Giovanni Stanislao nel '57*. Altre incongruenze messe in evidenza. dagli storici. Il primo vicariato pontificio del 1133 non è mal esistito perché questi vicariati nascono dopo 11 1350, creati dal cardinale Egidio Albornoz, emissario del Papa per la riconquista dello Stato della Chiesa dopo la cattività avignonese. Un documento presentato come un editto di Paolo il Bel lo che condanna a morte i contadini che non pagavano le tasse, ad un attento esame risulta essere un «breve» del 1435 di Malatesta Novello il quale esentava dal pagamen'to dei balzelli un monastero di suore, Meldini e Pruccoli dicono che ci sarebbero da fare grandi risate se non rattristasse il veder prendere in Ciro la storia in maniera cosi grossolana. mVn messo foglio presentato come codice malatestia¬ ndCmsptnacntsfvma no di Carlo, epoca 1420, die dovrebbe contenere atti del Concilio di Costanza, sono comunissimi testi giuridici. Lo stesso foglio, girato dall'altra parte, è presentato, su un altro giornale come un almanacco del 1282 (epoca in cui gli almanacchi non esistevano), che Paolo e Francesca stavano leggendo al momento della tragedia. Una macchia rossastra, dovuta alla classica muffa ben temuta dagli archivisti viene presentata come una macchia di sangue dei due amanti sgossati da Giansiotto, Giovanni losoppo-. La serie di rilievi potrebbe continuare, dicono gli storici rlminesi. Si sono mossi anche altri studiosi, ad esempio 11 prof. Francesco Honasera, dell'ateneo di Palermo, abitante a Jesi: ha scritto ad una rivista che aveva pubblicato un servizio sul duca Luigi Malatesta sostenendo che la stirpe risulta estinta da tempo e che -non ci è noto un archivio privato malatestiano e tanto meno dovrebbe essere costituito da 5 mila documenti-. A Rimini ci si chiede perché il sedicente duca si spaccia per erede dei Malatesta, racconta queste cose, cerca battage pubblicitario, annuncia che regalera allo Stato tutti i documenti (e afferma che gli hanno già preparato locali nella Biblioteca Nazio naie di Roma), mentre l'ufficio centrale dei Beni librari un ramo del ministero del Be ni culturali, non ne sa ancora nulla. Remo Lugli