Il vescovo della marcia anticamorra « Bisogna colpire i colletti bianchi » di Luciano Curino

Il vescovo della marcia anticamorra « Bisogna colpire I colletti bianchi » Monsignor Riboldi parla del blitz contro la banda di Raffaele Cintolo Il vescovo della marcia anticamorra « Bisogna colpire I colletti bianchi » Il prelato, Gianni, lombardo, guidò la protesta a Ottaviano - «La sfiducia nelle istituzioni spinge la gente verso la criminalità organizzata» - «Si offrono come uno Stato alternativo che fa rispettare la sua giustiziai» ■ Questa delinquenza è più capillare della mafia DAL NOSTRO INVIATO ACERBA — Del vescovo Riboldi dicono che «/a cose da pazzi», lo dicono con tono ammirato. Le cose che fa sono sfidare la camorra dal pulpito, sulle piazze, mobilitando giovani e organizzando cortei. Non ha paura? « Vivere è pericoloso per tutti-. Monsignor Antonio Riboldi, 61 anni, lombardo, è stato per vent'anni parroco a Santa Ninfa, nel Belice. («Don terremoto- è stato chiamato perché instancabile difensore dei diritti dei terremotati). Là si è scontrato con. boss mafiosi, senza ascoltare Dalla Chiesa, allora comandante del carabinieri di Palermo, che lo invitava ad essere prudente. «Nel 1978, quando fui nomina to vescovo e dovetti lasciare la Sicilia. Dalla Chiesa venne a dirmi: "Mi congratulo con lei, l'ha scampata bella". Non sapeva che ero destinato ad Acerra». Che è chiamata la «diocesi dei morti ammazzati.. Acerra, 40 mila abitanti, è nel «triangolo della morte», a metà strada tra Ottaviano e Giugliano roccaforti della camorra, è terra di scontro tra bande rivali. L'anno scorso, nel giorno della festa patronale, il vescovo Riboldi disse dal pulpito cose che nessuno aveva mai detto ad Acerra: «Chi ammazza è un assassino, chi taglieggia è un ladro, i camorristi sono vigliacchi, i più grandi vigliacchi che abbia conosciuto, perché forti soltanto della paura degli altri. Chi tace è loro complice, perché garantisce ai criminali {a protezione dell'omertà». Ai fedeli sbiancati di paura ha gridato: «Perché temete? Perché la sera state chiusi in casa? Così date via libera alla camorra. Scendete in strada, io verrò con voi». Quella sera andò a passeggiare per la strada di Acerra, ma fu solo. Il 28 ottobre, davanti a casa sua ad Acerra, fu ammazzato l'avvocato Antonio Mangiarlo, uno che faceva onestamente 11 suo lavoro. Ci fu un'assemblea di studenti e intervenne il vescovo: "E' il momento di decidere se vogliamo vivere da uomini o da topi. Da una vita impossibile, usciamone», n 12 novembre fu organizzata una marcia anticamorra su Ottaviano, il regno di Cutolo. Da allora, tutta una serie di iniziative. Il vescovo è andato a parlare contro la camorra nelle scuole e nelle piazze del Vesuviano, all'Alfasud e alla Montefibre, ha organizzato altre marce di studenti con operai, sempre più affollate, mentre la camorra cominciava a perdere credibilità. E la gente trovava coraggio. Dice ora il vescovo: «A novembre, in quell'assemblea di studenti, ho detto: "Lavoriamo, che qualcosa succederà". Ed è successo piti di quanto sperassi. Quando c'è stata quella marcia su Ottaviano, avrebbero dato del folle a chi avesse detto che saremmo arrivati a questo giugno, con la gente che non ha paura di manifestare pubblicamente la sua soddisfazione per la gran-, de operazione anticamorra». Quello che è importante, dice monsignor Riboldi, è che quella marcia anticamorra non è stato soltanto un episodio emotivo, ma ha conservato intatta la sua carica soprattutto tra la gioventù, che è il terreno più fecondo della camorra. E non solo ad Acerra, ma in tutta la Campania. •Oggi si può dire questo: che la Campania dice no alla camorra, che non si identifica con la camorra. Che la camorra è in Campania, ma non è la Campania». Lei conosce sia mafia checamorra: quali sono le differenze, quale è peggio? «Come tutte le organizzazioni criminali sono simili, perché usano gli stessi metodi di aggancio, di intimidazioni, di spartizioni delle competenze e dei territori. Con la droga, entrambe le organizzazioni hanno fatto un salto di qualità. Comunque, la droga è più un fatto di mafia. Qui è più diffusa l'estorsione, un racket che occupa 10 mila persone, e il contrabbando, che ne occupa 60 mila. La mafia è più manageriale ed è una multinazionale del crimine. La camorra è più capillare». . Soltanto con le minacce la camorra ha ottenuto omertà, addirittura consensi? «No, anche con la sua perfida propaganda. Chiama le estor-' sioni un fatto di giustizia e dice: tolgo a chi ha e do a chi non ha. Si propone come Stato alternativo e più efficiente. Per esempio, se io subisco un torto e mi rivolgo alla polizia e alla magistratura, forse dopo tre anni ottengo soddisfazione. Se mi rivolgo alla camorra, in poche ore ho la mia giustizia, è meglio dire vendetta». La camorra, afferma il ve scovo, capovolge semplicemente i termini, dice: «La ca¬ morra non siamo noi, la camorra è lo Stato, là è il marcio». Diabolico nel capovolgere i termini, 11 camorrista Cutolo, mentre si susseguono 1 cortei anticamorra e le adunate in piazza, ha rilasciato un'intervista dicendo che finalmente la gente lo seguiva nella ricerca della giustizia e che la vera camorra era quella di monsignor Riboldi che stava con le autorità. Dice il vescovo: «Eravamo in piena chiarificazione ed erano sempre più quelli che rispondevano a Cutolo e a quelli come lui: no, la camorra siete voi, non gli altri con tutti i loro terrori e le debolezze. Ma è venuto fuori il caso delle tangenti di Torino, e molti dubbiosi hanno detto: "Ha ragione Cutolo, la camorra non è lui nei suoi, ma è l'amministrazione pubblica, è lo Stato". Ci siamo trovati spiazzati, come se avessimo bluffato. Grazie al cielo, è venuta questa grossa operazione che dimostra l'impegno dello Stato, la serietà di alcune sue strutture». Quali sono adesso le sue speranze, padre Riboldi? Lei è ottimista? «Si è spalancata una porta, bisogna andare avanti, che di strada ce n'è molta da fare. E' molto positivo aver finalmen te portato qualcuno ad espri mersi contro l'omertà. Ha raf-,\ forzato nella gente la convinzione che la camorra è un fatto delittuoso, chiunque la pra¬ tichi. Penso che ormai ci sia coraggio di parlare, di reagire, di non accettare imposizioni». La speranza, dice, è che ci sia 11 coraggio, soprattutto la volontà di andare in fondo, estirpare 11 male e non coprirequalcuno o qualcosa. «Arrivare dove la camorra dei guaglioni diventa cosa di "colletti bianchi " e ci può essere dentro chiunque, anche il più insospettabile. Poiché la camorra non è soltanto un fatto di qualche migliaia di boss e gregari, ma di costume e, se non stiamo attenti, diventa addirittura un modo di gestire la cosa pubblica». La sua conclusione su questa operazione? «Credo che si sia finalmente girata pagina. Voglio crederlo, almeno. Ma è un fatto che da qualche giorno la gente parla in modo diverso. Guai a tradirne la fiducia. Oggi non è più possibile governare la Campania se non c'è rinnovamento. Non sono napoletano, ma ormai mi sento di qui. Credo che un napoletano oggi capirebbe l'incapacità di fare subito una radicale riforma sociale, capirebbe quali ne sono le difficoltà. Ma non riuscirebbe più a sopportare che un uomo pubblico, una struttura pubblica, fosse in qualsiasi modo complice della camorra. E ritengo questo cambiamento di mentalità il fatto nuovo, direi storico, per questa terra». Luciano Curino