Patriarca: conosco quel boss giocavamo insieme da ragazzi

Patriarca: conosco quel boss^ giocavamoinsiemedaragazzi Patriarca: conosco quel boss^ giocavamoinsiemedaragazzi DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — Prima chiamato in causa per le trattative Cirillo, poi considerato in un'ordinanza di rinvio a giudizio — che comunque, sul plano penale, non lo coinvolge — amico del camorrista Alfonso Rosanova, ucciso un anno fa. Per Francesco Patriarca, 50 anni, sposato e con tre figli, senatore da quattro legislature e nell'ultimo governo Spadolini sottosegretario alla Marina Mercantile, questa vigilia elettorale è più convulsa che mai. •Sapevo che l'indagine era in corso — dice — ma non mi ero mai preoccupato, perché tutte le mie cose le faccio pensando di dover rispondere alla mia coscienza e all'opinione pubblica. Soprattutto, ho sempre saputo di far politica in una tona in cui la camorra è quasi endemica, e Quindi sono sempre stato attento a non avere contatti di un certo tipo». —Ma gli incontri con Rosanova? •L'ho visto qualche volta, è vero, ma lo conoscevo da rogamo, a lungo avevamo abitato nella stessa sona, lui a Sant'Antonio Abate, io a Gragna- no. Da queste parti ci si conosce tutti, ci si vede sempre. Lui,-per un certo periodo, si era anche buttato in politica: prima, molti anni fa, per essere vicino a noi e a dava, poi per passare col psdl, e per aprire anche una sedane intitolata a Giuseppina Saragat. Riuscì a coinvolgere tutta l'amministrazione di Sant'Antonio Abate, poi fu arrestato per un incendio doloso: ha sempre detto in giro che ad incastrarlo eravamo stati noi — Ma lei lo aveva incontrato anche a Roma, no? •L'ho visto a Roma per caso, all'Hotel Nazionale, dove vado da ventanni. In quel momento Rosanova si era dato agli affari, il suo vero ruolo in Campania era giù venuto fuori, anche se non appieno... Prendemmo un caffè». — E non venne a trovarla anche al Senato? •Rosanova aveva comperato una cartiera e su quell'area voleva installare un insediamento turistico, cercando di far fuori altri gestori della Bona. Quelli erano venuti da me, mi avevano pregato di prendere contatti con lui per risolvere la faccenda. Fu così che ci vedemmo più volte: ma non riuscimmo a'metterci d'accordo». - Adesso però, conclusa 'inchiesta di Salerno, si riparla di quella napoletana sulla vicenda Cirillo... mOuardi, questa è un'aggressione che dura da anni; prima mi fanno la guerra, poi si devono smentire. Tutu viviamo in una zona particolare, nella quale avere rapporti è difficile senza essere coinvolti: in questi giorni, comunque, sono andato fra la gente, Sant'Antonio Abate, e ho detto a tutti di avere fiducia nella magistratura, perché sta agendo con molto coraggio. In tutto quello che si sta dicendo sulla vicenda Cirillo io non credo. Tempo fa, mi fecero anche scortare perché dicevano che Cutolo voleva dare una lezione alla de napoletana; ma in questi affari io non sono mal entrato. Mi hanno chiamato in causa, credo, solo perché appartengo al gruppo doro teo». - Nessuna trattativa, dunque, per il rilascio dell'assessore? •All'epoca, partecipai, si, a qualche discussione, ma al fatto che la camorra potesse far qualcosa non ho mai dato credito. Il ruolo di Cutolo in questa storia, secondo me, è stato marginale e altri l'hanno poi ingigantito». — E il ruolo di Giuliano Granata? «Secondo me, si spiega solo con l'esigenza di pagare il riscatto. In questa storia, tutto va riferito ai soldi: anche per le or, che si erano ridotte a chiedere solo danaro». — Anche un altro misterioso personaggio in questa vicenda. Rotondi, gravitava negli ambienti democristiani: lei lo conosceva? •Era col gruppo di Avellino, sapeva un po' di cose sul partito: l'ho conosciuto perché una volta mi chiese aiuti per fare un settimanale, ma nient'altro. Dei suoi documenti, dei suoi contatti, non ho mai saputo nulla: anzi, fra breve organizserò una conferenzastampe per smentire tutte queste insinuazioni. E' una storia che deve finire», g. z.

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