Magia e sangue sul Celeste Impero

Magìa e sangue sul Celeste Impero »,—i ; 1 i ij : ' " I TESORI MILLENARI DELLA CINA ARCAICA IN MOSTRA A PALAZZO DUCALE DI VENEZIA Magìa e sangue sul Celeste Impero »,—i ; 1 i ij : ' " ggp»,—i ; 1 i i _j : ' "s. Bronzi, ori, giade e ceramiche dissepolti negli ultimi trent'anni di scavi sono spesso carichi di un'arcana suggestione sciamanica • I giocattoli della crudele regina Fuhao, conduttrice di eserciti; il cielo stellato e i soldati di terracotta dell'imperatore Qin • Un vestito di luce per il principe Liu Sheng, che sembra coniugare le misteriose lontananze della morte e del futuro - Settemila anni di storia dal neolitico alla dinastia Han del terzo secolo a. C. VENEZIA — Nonostante i Marco Polo c i.Matteo Ricci sempre messi avanti nei discorsi ufficiali, e benché un gesuita milanese, Giuseppe Castiglione, sia diventato nel Settecento il pittore di corte dell'imperatore Chien Lung, rare e magre sono le occasioni d'incontro con l'arte cinese stabili in Italia. Chi poi di quell'arte volesse cercare da noi le testimonianze più vetuste, in mancanza di libero accesso a un paio di collezioni private altro non troverebbe che una vetrina al Museo Orientale di Roma. Per vedere i vasi di bronzo delle dinastie Shang e Zhou, l'espressione più alta e originale dell'arte arcaica cinese, gli italiani han dovuto aspettare la sterminata esposizione veneziana del 1954, dove si mostravano circa mille altre opere, dalla dinastia Shang, appunto, fino agli inizi della dinastia Qing e cioè fino al XVII secolo della nostra era. Ora un'altra mostra veneziana abbraccia un arco di tempo ancora più vasto: 7000 anni. Fortunatamente però può sbrigarsi dei primi cinque millenni con una trentina di pezzi che illustrano le culture succèdutesi nelle pianure cen trali dal neolitico fino alla di nastia Shang, con la quale si entra nella storia e dalla quale, con una settantina di altri pezzi, si arriva fino alla dinastia Han, regnante dal III secolo a.C Quasi tutti gli oggetti esposti sono per così dire fre schi di scavo, essendo stati dissepolti non più di trent'an ni fa e testimoniano l'eccezionale stagione della moderna archeologia cinese. Se Ceram dall'aldilà potesse aggiungere un capitolo alle sue Civiltà sepolte, questo riguarderebbe si curamente il tornare alla luce dell'antica Cina a cominciare dagli scavi di Anyang che tra il 1928 e il 1937 rivelarono gì splendori della dinastia Shang, fino alle scoperte delle culture neolitiche e allo spettacolare rinvenimento dell'esercito di terracotta dell'imperatore Qin. Vedremmo cosi confluire nella vicenda della giovane ar cheologia cinese la tradizionale reverenza per il passato e l'orgoglio nazionalista teso a liberarsi da sudditanze e da predatori stranieri. Risalterebbe in quella storia la figura d Suo Guo Moruo, archeologo e uomo politico, che nel 1949 divenne vice primo ministro, spiratore e coordinatore di un fervore di ricerche per le quali furono «mobilitate le energie delle masse». Chissà come se la cavarono archeologi professionisti e dilettanti con l'iconoclastia della Rivoluzione culturale? In ogni modo, grazie al loro lavoro non solo il patrimonio culturale della Cina Popolare fu compensato dei danni infettigli dal • trasferimento un gran numero d'opere d'arte a Formosa e dalle di struzioni della Rivoluzione culturale, ma fu anche possibile gettare nuova luce sui primordi, fino ad oggi leggendari, della storia cinese. La mostra veneziana .viene dopo quella dcll'80 al Metropolitan Museum j di New York, dedicata esclusivamente all'età del bronzo-, ha in più reperti neolitici e le ceramiche Xin e Shang, in meno la qualità media degli oggetti esposti, che è nettamente inferiore. Lo diciamo senza intenzione alcuna di svalutarne l'importanza, ma solo per sottolinearne il taglio, che privilegia gì; aspetti come si suol dire stori co-antropologici rispetto i quelli estetici. Al Metropolitan si passava da un capolavoro all'altro in un percorso mozzafiato, a Venezia ci può riposare e magari istruire con monete, pesi e masscrizuole varie. Qualche coccio in meno, si potrebbe dire, e qualche bronzo in più avrebbero- potuto da re un'idea più esauriente delle altezze cui seppe giungere l'arte arcaica cinese. E tuttavia proprio fra i cocci ci viene incontro il primo stupefacente capolavoro della mostra veneziana, un vaso tripode di terracotta grigia Jn.. forma di .gufo (V-LV millennio a.G),. che nella vetrina immaginaria del la ceramica arcaica, per la potenza di sintesi, il vigore plastico, l'integrarsi di figura funzione, metteremmo accanto al celeberrimo rhyton protoiraniano in forma di bi sonte di Amlash. Del resto, le forme dei vasi bronzei son quasi tutte presenti come crisalidi nella ceramica neolitica e Xin; ma a quali impensate metamorfosi si sarebbero piegate a partire dalla dinastia Shang nel XVI secolo a.G e per oltre un millennio di vicende stilistiche, tecniche e culturali! Due occhi, due pupille dilatate dalla notte affiorano sulla superficie dei primi vasi di metallo; for- se non sono neppure pupille, solo (come suggerisce qualcuno)' due borchie imposte da necessità tecniche di fusione, due nuclei intorno ai quali si organizza il fregio ornamentale. Ma come due pupille le vedrà presto l'artista, che vi disegnerà attorno il profilo degli occhi: gli occhi del taotie, una maschera che nei successivi stili Shang si farà sempre più naturalistica e che da allora per sempre si fisserà quasi come un marchio di fabbrica sugli oggetti cinesi. E col taotie si enucleano, nel proliferare smisurato dei motivi, ornamentali, altre creature del bestiario cinese: i draghi, figure della natura mutevole e sfuggente, della nube e disirctesouddnnegSzd dell'onda, la cicala, simbolo di immortalità e resurrezione... Questi vasi, che, come ha scritto René Grousset, sono insieme architettura e scultura, e in cui pare concentrarsi come in nessun altro manufatto di bronzo una barbarica energia, alimentata dalla tensione fra rappresentazione e ornamento, avevano anche uno scopo rituale: strumenti dell'estasi sciamanica, mezzi di divinazione e di comunicazione con gli spiriti, tutte funzioni riservate al potere politico, e quindi anche instrumenta regni. Della grande arte-dei bronzi Shang e Zhou-la'mostr* vene* ziana non offre purtroppo una documentazione adeguata; ma a dare un'idea della loro terribile potenza basta però la maestosa caldaia tetrapode, che con la sua altezza di un metro è il secondo per grandezza degli antichi bronzi cinesi esistenti al mondo. Meglio rappresentata ci sembra l'arte di quei periodi della storia cinese che vedono il declino della dinastia Zhou e che vengono chiamati Primavera e Autunno e Reami Combattenti. Se nei bronzi Shang l'ornamento prevale sulla rappresentazione, nel mirabile rinoceronte c nel bellissimo mostro alato avviene il contrario, ma non per questo l'ornamento scompare: 'una squisita decorazione in agemina ricopre interamente i corpi dei due animali, dimostrando ancora una volta Vhorror vacui dell'arte cinese. Si vuole, ma gli studiosi cinesi non sono d'accordo, che il naturalismo di questo periodo sia dovuto all'influenza dei nomadi della steppa, influenza che non si manifesterebbe soltanto nell'animalistica ma anche in uno degli oggetti più suggestivi nella sua monu mentale semplicità: un gigantesco tridente che fungeva probabilmente da insegna. Dietro alcuni degli oggetti esposti alla mostra si configu rano i lineamenti di tre personaggi. Il primo è una donna di nome Fuhao, vissuta più di 3000 anni fa; era una delle tre mogli di Wu Ding, un re Shang, e non si accontentò di. un ruolo passivo perché sappiamo che guidò lei stessa spedizioni militari e presiedette a sacrifici di Stato. Quando Fuhao morì, su un'altura prossima al tempio del palazzo fu scavata una tomba non molto vasta ma in cui trovarono posto un'enorme quantità di oggetti funerari: vasi e specchi di bronzo, armi, monili di giada, sculture di pietra, conchiglie. Accompagnavano la regina nell'oltretomba sedici vittime umane e sei cani. Con la luce sinistra che questo particolare getta sul personaggio contrastano gli oggettini di giada intagliata, cinque figurine dall'apparenza quasi di giocattoli che la mostra ospita, insieme ad alcuni vasi di bronzo, a rappresentare il corredo funebre della regina. Nel 238 a.C Zhcng, re di Qin, appena uscito di minorità, assunto il potere sovrano, esiliò il cancelliere reggente e diede principio a quelle cam pagne militari che lo avrebbero portato, in 16 anni, a paci ficare la Gna dei Reami Combattenti e a riunirla sotto il suo ferreo dominio. Si proclamò Qin Shihuangdi, cioè pri mo sovrano imperatore di Qin. 11 primo imperatore inaugurò una nuova era, portando ordine nella vita del Paese: uniformò le leggi, la scrittura, i pesi, le misure, fece scavare canali, divise la terra, incoraggiò l'agricoltura; collegò i baluardi già eretti a difesa contro i barbari del Nord creando la Grande Muraglia. Il suo dominio era sorretto da un forte esercito, da una gerarchia militarizzata e dalla filosofia dei legisti, che proclamavano la virtù della discipl na, opponevano il principe al saggio e la legge ai ricchi. Qin detestava invece i letterati confuciani, di cui fece bruciare i libri. Come racconta Sima Qian, l'Erodoto cinese, fin dal momento in cui Qin sali al trono si cominciò a lavorare al suo mausoleo sul monte Li, e dopo che fu proclamato imperatore più di 700.000 operai vi concorsero da tutte le pan del Paese. La camera mortuaria fu riempita con modelli di palazzi, torri, le statue dei 100 fun zionari imperiali, utensili pre ziosi e meraviglie d'ogni gene re. Archi azionati meccanica mente sarebbero scattati a col pire qualunque intruso. Rivoli di mercurio fatto scorrere meccanicamente riproducevano le vie d'acqua dell'impero, 10 Yangtzc, il Fiume Giallo e 11 grande oceano. Sul soffitto furono dipinte le costellazioni, sul pavimento la mappa della Terra. L'archeologia non ha ancora confermato questa antica descrizione di una tomba ^chc è insieme riproduzione del paazzo e del cosmo, ma nel 1974, a un migliaio di metri dal tumulo, fu scoperta la prima di una scric di fosse contenenti l'oramai famoso esercito di terracotta, di cui tre rappresentanti, due uomini e un cavallo, sono presenti ora a Ve nezia. Il numero delle statue (si calcola che siano oltre 7000 fra soldati e cavalli) rese necessaria una sorta di produzione industriale pur salvaguardando l'individualità di ogni personaggio, tanto che si è potuto parlare, forse erroneamente, di «ritratti», Teste, mani e corpi erano modellati separatamente l'assemblaggio avveniva a cottura ultimata; ciò provoca una certa goffaggine, più o meno marcata, che nel fante leggero esposto in mostra è particolarmente evidente. La creazione di Qin, l'impero unitario, sarebbe durata a lungo, ma non toccò ai suoi credi: passò invece nelle mani di un soldato di ventura, che fondò la dinastia Han. Il prin cipe Liu Sheng era il fratellastro di Wu Di, uno dei più grandi imperatori Han, duran te il cui pacifico regno fu aperta la strada della seta. Liu Sheng era un uomo raffinato, amava i banchetti, le feste, le materie preziose, le cose eleganti; i finimenti dei suoi carri, le finiture delle sue armi erano di bronzo dorato tempestato d'agate e di tur chesi. Due .suoi grandi vasi di bronzo sono decorati con iscrizioni in agemina d'oro e d'argento celebranti le lodi del banchetto, le pietanze prelibate-che mantengono il respiro e il sangue, fanno la pelle e carne grasse e bianche, fan vivere a lungo ed evitano le malattie. Quando Liu Sheng morì, gli fu fatto indossare un prezioso vestito funebre, composto di 2498 tessere di giada tenute insieme da trecce di filo d'oro. Il vestito, adagiato in una stanza vuota e protetto da un'urna di vetro, conclude spettacolarmente la mostra veneziana. Con la strana luce di tutti quei rettangolini che lo compongono, con i suoi pesanti piedi da scafandro, le mani serrate da robot, il naso che rileva con geometrica prominenza in un volto senza tratti, quel che agli occhi dei contemporanei appariva una lussuosissima teca per proteggere il corpo dalla corruzione grazie alla virtù, di una nobile materia, ai nostri non può non richiamare un oggetto progettato dal computer, come se negli abissi del tempo qualcuno avesse scambiato le lontananze della motte per quelle ancora più misteriose del futuro. Mario Spagnol o i a o o i i e a a o Venezia. Recipiente per vino a forma di rinoceronte, esposto al Palazzo Ducale (Terzo secolo a. C.) Un mostro alato in bronzo ageminato, del quarto secolo a. C. Vestito funebre in tessere di giada del prìncipe Liu Sheng