Al processo Acna gli avvocati accusano «La direzione conosceva i gravi rischi»

Al processo Acna gli avvocati accusano «la direzione conosceva i gravi rischi» Savona, le arringhe dei legali di parte civile per le morti di cancro Al processo Acna gli avvocati accusano «la direzione conosceva i gravi rischi» SAVONA — Ieri, alla ripresa del processo contro 1 presunti responsabili dei decessi per cancro e dei tumori contratti da dipendenti dell'Acna, la maggior parte degli Imputati (tre presidenti del Consiglio di amministrazione della società, sei direttori dello stabilimento e il medico di fabbrica) hanno preferito disertare l'aula del tribunale di Savona. A registrare le bordate dei patroni di parte civile del sindacato è rimasto soltanto l'ingegnere Francesco Vignati, naturalmente con lo stuolo di difensori dell'alta dirigenza Montedison. _^ L'avvocato Pier Claudio Costanzo di Torino, i colleghi Russo, Calabria e Noberasco, con valanghe di documenti e riferimenti alle molte testimonianze dei dipendenti hanno monopolizzato l'udiènza per affermare la piena responsabilità degli imputati accusati di omicidio colposo plurimo (19 operai morti di cancro) e di lesioni gravissime (altri 33 dipendenti affetti da malattie insanabili di natura tumorale). Per i quattro penalisti non c'è dubbio che Gino Sferza, Cesare Bianconi, Vincenzo Slmoncelll, i tre presidenti del Consiglio di amministrazione Acna, Raffaele Pucclonl, Aldo Giunta, Franco Menozzi, Francesco Vignati, Mario Ortolani, Alberto Tamburini, i sei direttori dello stabilimento, e Luigi Zini, il medico di fabbrica, siano responsabili dei decessi e delle malattie contratte dai dipendenti manipolando, in condizioni di assoluto pericolo, sostanze can cerogene: soprattutto l'alfa e la betanaftilamina, i cui reparti di produzione erano chiamati «via della morte». E' una convinzione che viene dalla certezza che la dirigenza Acna sapeva che i prodotti lavorati erano cancerogeni ma l'ha sempre nascosto ai dipendenti e non si è mai preoccupata di salvaguardare la loro integrità fisica. «Nei molti cartelli antinfortunistici appesi in fabbrica e nei libretti di prevenzione distribuiti ai lavoratori—ha affermato l'avvocato Calabria — non si trova una sola volta la parola cancro*. Le condizioni in cui avrebbero lavorato 1 dipendenti dello stabilimento le ha puntigliosamente elencate l'avvocato Noberasco. Altra certezza dell'accusa privata: fra la lavorazione delle sostanze cancerogene e le morti e malattie del dipendènti c'è uno stretto nesso di causalità. L'ha evidenziate Nanni Russo con una voluminosa documentazione medico-scientifica. I tre presidenti del Consiglio di amministrazione della società (Gino Sferza era presidente di 27 gruppi affiliati alla Montedison) hanno cercato di scaricare le loro presunte responsabilità sul dirigenti subalterni. 'Non potevamo — hanno detto — occuparci di tutto e ignoravamo certe situazioni*. L'avvocato Costanzo 11 ha smentiti. «La politica aziendale—ha sostenuto — veniva decisa ai vertici e programmata con i direi tori di stabilimento. La scelta della produzione dell'alfa e betanaftilamina (e sapevano che erano cancerogene: la produzione di queste sostanze era già stata vietata per questa ragione, fin dagli Anni 40-50, in tutte le nazioni europee) è stata una scelta dettata dagli enormi utili che ne derivavano. In pochi anni ne sono state prodotte 1642 tonnellate ma nessuno ha pensato a tute' lare l'integriti, fisica dei lavoratori, come prescrive la legge e la stessa Costituzione*. II processo prosegue oggi, con la requisitoria della rappresentante della pubblica accusa. Maria Teresa Carnei! nonostante un ulteriore tentativo, fallito, del difensori degli imputati per farlo rinviare. b.b.

Luoghi citati: Calabria, Savona, Torino