Negri di fronte ad accuse specifiche « Sono tutte false, i pentiti mentono» di Guido Rampoldi

Negri di fronte ad accuse specifiche « Sono tutte false, i pentiti mentono» Si comincia a parlare di fatti al processo romano contro gli autonomi del «7 aprile» Negri di fronte ad accuse specifiche « Sono tutte false, i pentiti mentono» ROMA — Al processo contro Autonomia si comincia a parlare di fatti — una rapina d'armi, il.furto di un quadro, un trasporto di esplosivi — ma Toni Negri, alle prese con i verbali dei pentiti che lo accusano, non concede nulla ai suoi giudici. False secondo lui tutte le contestazioni, grotteschi e patetici i personaggi che le muovono. L'altro ieri Fioroni, che Negri aveva ridotto a caricatura, ieri Borromeo, uomo a due facce nella versione dell'imputato: il Borromeo degli Anni Settanta, quello che collaborava con Negri, era persona «bonaria, estremamente seria, tutt'altro die stupida; Ma il carcere, o il cambiamento di fronte, l'avrebbero tra- sformato in un » fantasma tupido». «Me lo sono rivisto qui — dice Negri — completamente trasformato, in maniera penosa». Come Fioroni sarebbe pilotato, cosi Borromeo adesso «si esprime in termini non suoi», insomma sarebbe anch'egll una marionetta in mano all'accusa. E il memoriale dell'ex militante di «Potere operaio» Pancino, trovato a Milano? "E'costruito,,. Sulla «O» puntala e maiuscola che compare in quello scritto Negri in parte gioca la sua sorte. La vocale sta per, organizzazione», struttura che i giudici inquirenti hanno definito ''secondò progressivi aggiustamenti di tiro, e che comunque equivale secondo l'accusa a «banda armata». Altri pentiti concordano: attentati e rapine venivano decisi e discussi da un livello occulto di cui Negri era il capo. Per Negri questi ragionamenti sono angusti, rispecchiano schematismi giudiziari lontanissimi dalla complessità di un fenomeno politico come «Potere operaio», in cui non vi sarebbe stato nulla di rigidamente organizzato, e di conseguenza neppure capi, poiché «il punto di riferimento non era Negri, ma il lavoro che si faceva per preparare le assemblee». Negri, anzi, era appena «la piccola macchietta teorica del tempo»: sono parole dello stesso imputato, che nel tentativo di minimizzarsi talvolta eccede. Come chi sia capitato sul palcoscenico indossando per sbaglio i panni del prim'attore, e abbia una gran voglia di rientrare nel coro, Negri insìste sullo sfondo storico e politico. L'Italia di quegli anni che egli adesso dipinge è attraversata da fremiti rivoluzionari e internazionalisti, per cui non solo ..Potere operaio» — spiega rispondendo ad una contestazione precisa — ma l'intera sinistra, il psi e il pei, fornivano aiuti alla resistenza greca: dunque nulla di strano se un carico di esplosivo sarebbe passato per l'Italia attraverso Potop, dirètto alla sinistra ellenica («Ma io non ne so niente», aggiunge subito Negri). «Bisognerebbe entrare nel 'Clima di quel periodo», ■ ripetè più volte l'imputato. E sé nella Milano del primi Anni Set- tanta Borromeo cercava case, non era per trasformarle in «covi» di «Potop» clandestino, ma per dare un tetto a rifugiati politici. E poi c'era aria di colpo di Stato, «e certe cose erano comuni in un certo tipo di borghesia milanese rossa». Così a forza di generalizzazioni politiche che assomigliano a chiamate di correo, Negri traccia una «normalità» nei quali comportamenti illegali erano, appunto, norma. False, reali o enfatizzate ad arte che siano certe situazioni, Negri ha già fissato la sua linea di difesa:.screditare chi lo accusa; ridimensionare la pròpria statura e il proprio carisma. Negri peraltro si difende bene. E' l'acuto docente universitario, non il militante politico, che slede di fronte alla corte: chiama gli altri imputati «persone», mai «compagni»; spesso da l'impressione di essere padrone del campo, al punto che può permettersi di riprendere 11 presidente, quasi fosse ad una sessione di esami, ricordandogli che «l'unica cosa che qui non vai la pena di fare è alzare la voce» Ma quando si trova di fronte al verbali dei pentiti, Negri diventa nervoso. Incassa le spalle, gesticola, scandisce le parole; un'espressione esclamativa gli si fissa sul volto. In quelle deposizioni potrebbe essere scritto il suo ergastolo. Prevedono la condanna a vita alcune delle accuse per cui dal 1979 è in carcere, compreso il reato-quadro dell'inchiesta l'Insurrezione armata contro i poteri dello Stato. Ma di que sta insurrezione, tra storie di quadri rubati e di pistole rapinate, finora nel dibattimento non s'è trovata traccia. ™ Guido Rampoldi

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