Ma gli urbanisti non si arrendono

Ma gli urbanisti non si arrendono Che fine hanno fatto i piani regolatori per città «a misura d'uomo»? Ma gli urbanisti non si arrendono Le promesse itegli anni passati sono svanite - Poco si è fatto a Firenze, quasi niente nel centro storico a Roma Vanno in rovina Napoli e Palermo • L'urbanistica italiana ha svolto un'azione di contenimento più che un compito propulsivo adeguato alle ambizioni di qualche tempo fa - Un fallimento dovuto anche alle pressioni di diversi interessi economici - Ma, avvertono architetti e studiosi, «è ancora presto per alzare la bandiera bianca» GENOVA — * Facciamo l'autocritica, ma non alziamo la bandiera della resa» potrebbe essere il motto del IT Congresso dell'Istituto nazionale di urbanistica. A Palazzo San Giorgio si sono ascoltate diagnosi dure del fallimento di tanti plani che dovevano " assicurarci città più ordinate, più ricche di verde e di spàzi liberi, meno caotiche é meno inquinate. «A misura d'uomo-, come si diceva una volta. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. L'urbanistica è rimasta un'astrazione, trasferita al cittadino in forma di colori e simboli, come zone A, B, C, e ridotta in pratica alla differenza tra terreni ediflcabllio no. Fallimento dovuto alle pressioni di interessi economici legati alla proprietà dei suoli, a Incapacità o cattiva volontà di amministratori' locali, a corruzioni e lottizzazioni tra partiti? « Una disciplina che non riesca a fare i conti con questi ostacoli, che pretenda di vedersi spianata la strada davanti a sé, si pone al di fuori del reale*, ha detto il presi' dente dell'Imi, Alessandro Tu tino, nella sua relazione introduttlva. C'è infatti da' domandarsi come mai non abbiano avuto seguito concreto gli innumerevoli piani elaborati e approvati. Venezia si offre come un campione. Dal 1975 l'amministrazione comu naie è impegnta a preparare il risanamento del centro storico, l'intera città, ma i risultati visibili si contano sulla punta delle dita. C'è la legge speciale, sono stati approvati piani particolareggiati e prò getti di coordlnmento, ci sono state consultazioni dei quartieri, ma Venezfl è sempre da salvare. 1 Poco si è fatto a Firenze poco nel centro storico di Roma. Vanno in rovina Napoli e Palermo, dove la patologia dello sviluppo ha radici estranee alla buona o cattiva urba' nistica che ha prodotto studi e plani a ripetizione. Anche' l piani regolatori accolti con lodi meritate, come quello di Pavia, restano sulla carta. Il plano Intercomunale di Milano si è perduto nelle pieghe della storia. Bologna stessa ha raffreddato lo slancio del recupero del centro storico e l'assessore del celebre- pianti, Pier Luigi Cervellati. si occti.pa d'altro. Segni di riflusso, di impotenza, di impossibilità a'| realizzare piani scientificamente elaborati? • Un buon piano generale nelle mani di una buona amministrazione produce al massimo vincoli e salvaguardie», dice ancora il presidente dell'Inu. Non sarebbe poco, nel Bel Paese avviato all'autodistruzione. Le città italiane che in seguito alla legge-ponte (doveva preparare la riforma della vecchia legge urbanistica del 1942) hanno aggiornato i loro plani o ne hanno adottati nuovi, più o meno validi, sono riuscite perlomeno a impedire lo scempio totale. Il sterzo sacco di Roma» era avvenuto negli Anni Cinquanta e nel primi Sessanta, grazie a un vecchio, in¬ dltvnGv(dmtrsrnl degno plano regolatore. Quello successivo ci ha risparmiato una capitale ancor più devastata e sventrata, anche se non ha risposto alle attese. Genova: il plano del 1958 prevedeva 2 milioni di abitanti (sono meno di 800 mila) rendendo edlficabili persino i monti. Il nuovo piano regolatore non è un modello ma ha ridimensionato quelle previsioni folli. E poi, cosa sarebbero oggi le Riviere liguri o le pinete della Versilia senza vincoli e salvaguardie? L'urbanistica italiana ha svolto dunque un'azione di contenimento più che un compito propulsivo adeguato alle ambizioni di anni ormai lontani; quelli dell'urbanista•demiurgo che pianifica e prevede tutto: movimenti demografici, occupazione, traffico, sviluppo edilizio, ambiente. Di fronte a tali risultati, inscindibili dal fallimen¬ to delle leggi per l'uso del suolo e per l'equo canone, Alessandro Tu tino e Bruno Gabrielli dicono: «Non è possibile continuare ad affermare dei principi senza essere capaci di dimostrare che cosa si può fare per la loro attuazione'. Perciò chiedono una revisione critica di tutti gli strumenti. •Non esageriamo col pessi- mismo», mi dice Bernardo Secchi, uno del padri milanesi dell'urbanistica. « Un buon piano può essere fatto ma non si realizza in pochi anni. Piuttosto va segnalata la tendenza di molti amministratori locali a ottenere una maggiore discrezionalità, operando per progetti singoli anziché su piani d'insieme. Tendenza pericolosa perché porta a contrattazioni con i gruppi immobiliari: E' una delle insidie affioranti col contributo del ministro NlcolazzL Va però riconosciuto che la normativa urbantst lco-edilizia è Oggi assolutamente rigida nella casistica minuta (il rifacimento di un soffitto, l'apertura di una finestra) con conseguente paralisi o spinta all'abuso. Aggiungo un'annotazione suggerita dalla ricerca compiuta da Luigi Lagomarsino e altri urbanisti, pubblicata in occasione del Congresso col titolo «Città per vivere?». La domanda è polemica: dove urbanisti e architetti hanno avuto via libera, che cosa hanno prodotto? Osserviamo il Laurentino a Roma, una nuova città di 30 mila abitanti: un episodio periferico senza rapporti con la città esistente,' una fisionomia agghiacciante. Complesso Monte Amlata a Milano (firme illustri, Carlo Aymonino e Aldo Rossi). Impressioni analoghe nel nuovi quartieri di edilizia popolare a Torino come a Genova. E l'utente, cioè il cittadino? Ohi è costui? Chi accerta, prima di progettare e pianificare, le sue aspirazioni e 1 suoi bisogni? L'apertura di un dialogo, con Informazione preceduta dall'abbandono del gergo comprensibile ai soli iniziati, aiuterebbe l'urbanistica a superare molti ostacoli. Mario Fazio

Persone citate: Aldo Rossi, Bernardo Secchi, Bruno Gabrielli, Carlo Aymonino, Luigi Lagomarsino, Mario Fazio, Pier Luigi Cervellati