Mussolini, la finta storia di Guido Ceronetti

Mussolini, la finta storia LETTERE DALL'ITALIA: UN CENTENARIO Mussolini, la finta storia Cent'anni di Mussolini! E sarà l'unico centenario che gli sarà stato dedicato; facciamone contenti i Mani adesso. In gioventù leggeva Sorci e Bakunin, poco Baudelaire; avrà certo ascoltato Malatesta, palpitato per Jaurès... Se diciamo oggi che era figlio di un fabbro, le facce interrogano: che cos'è un fabbro? _Nel maggio 1939 Torino gli dedicò un trionfo da fare impallidire quello di Cesare su Vercingctorige e Pompeo: «La rovente anima della città guerriera e operaia Gli va incontro con i palpiti di. un immenso amore» (La Stampa, 14 maggio 1939). Ero parte di quel l'anima rovente e mi avevano messo in un serpentone di ragazzini, maschi e femmine alternati, che dal Po, sui due lati della strada in salita, arrivava fino a quel magnifico tempio arancione che si chiamava allora «Colonia 3 gennaio» L'attesa del Duce tu lunghissima, cascavamo per la stan chezza e per la fame, non c'era speranza di tornare a casa almeno per le due. Finalmente arriva, in macchina scoperta, tra splendori di uniformi, pugni sui fianchi, lo sguardo di Medusa... Un lampo: da quel giorno, di celebrità storiche non ne ho più viste, da cosi vicino. A fine anno, sfoglio lo splendido Almanacco di Storia Illustrata di Mondadori e mi guardo le facce dei Protagonisti, dei Grandi Formati Storici, molti dei quali morti assassinati, in attentati e rivoluzioni. Era lo specialista del quadrante delle Ore Storiche, non la finiva più, un'ossessione, ma dubito che di Storia, e di Italia moderna, ne capisse qualcosa. Veniva dal socialismo, una pessima scuola di pensiero! L'alleanza con Hitler era una bestialità enorme, eppure questo non impediva l'effusione di un incontenibile consenso... In giro per Torino non c'erano che facce spiritate: — Io l'ho visto'allo Stadio! Alle cinque è alla^ Gaz-' zeita\ Córriamo! —i A grappoli sugli ippocastani dei viali, a stuoli sotto le finestre da dove, forse, si sarebbe affacciato... Poco più d'un anno dopo, era già molto forte l'attesa che gli venisse un colpo. Un mat tino, svegliandomi, tutta ilare mia madre mi annunciò che Mussolini aveva avuto la mezza paralisi auspicata e che non poteva più parlare, avendo tutta la bocca storta. Volevano il grano di sabbia nell'uretere di Cromwell, invece Mussolini urinava benissimo, neppure il frequente pilotaggio del famoso Trimotore dell'Ala Azzurra gli impacciava il sollievo. ** Torino nutre magnifici esemplari di scetticismo, ma all'occasione può diventare fanatica anche più di Napol Gli scettici hanno un nome sulla porta, la folla è senza luogo e dimora. A Torino come alla Mecca, un fiato impuro, mostruoso, che mette pau ra, di linciatori al minimo segnale; chi sa mettersi in sintonia con quell'onda psichica micidiale, e conosce i segnali per guidarla, ha l'illusione di dominare il mondo. Povero Mussolini, era la folla a tenerlo, a volerlo duce... Qualche anno dopo, ecco nello stesso Stadio dove la folla aveva delirato per Mussolini rimbombare negli altoparlanti le voci parallele di Nenni e di Togliatti I padroni di quel fiato immane erano loro adesso; e quanto a pensiero quello che stavano inoculando dentro lo- smisurato orecchio'aveva la stessa vacuità, lo stesso segno di triste stregoneria verbale. Sapevano quali pulsanti premere, l'incendio del consenso divampava. La folla, immensa, nera rossa, rispondeva tac-tac come un perfetto strumento alle pizzicante grossolane dei nuovi tribuni, in un vortice sbaragli ante di elettricità senza lume. Cent'anni di prediche ininterrotte; Mussolini, un predi 'catore fra tanti, uno degli innumerevoli propagatori di linguaggio falso, di luoghi comuni pugnalatoli della verità '«Voi donne fasciste dovete essere le custodi del focolare» «Noi non siamo gli imbalsa matori di un passato, siamo gli anticipatori di un aweni te.*:.. E che cosa offre di meglio la campagna elettorale del giugno 1983? «Impedire la v a svolta a destra», «Battere l'emergenza», «Siamo il partito della vita e della qualità della vita». Riflettendo alla prodigiosa continuità di quest'unica corrotta predica che infama secolo, dei dialoghi con le folle che proseguono dalle tribune radiotelevisive, si può dire che Mussolini rimane attuale: è la stessa gabbana di scemenze che viene rivoltata all'infinito da predicatori che' si passano la fiaccola olimpica della crctinizzazione universale. ** Ne ho riascoltate alcune, delle prediche mussoliniane, nei dischi, e passata l'ebbrezza la loro nudità di bottiglia scolata è di una deprimente tristezza. L'Uomo del Destino parlava in quel modo, con quell'accento? Dev'essermi proprio indifferente, perché non riesco a sgattigliarmi con qualche originale ipotesi su come e perché.abbia incarnato, in quegli anni abbagliati, qualcosa.'"'Sembra lontanissimo," eppure la distanza è àncora poca per pensare Mussolini senza fallire: lasciamo venire il 1999, se verrà. Ma il giudizio psicologico e politico non difficile. Era certo più intelli gente (perché latino, perché molto meno fanatico, per doti) di un Hitler, e infinitamente meno carogna di Lenin, di Franco, di" Stalin. Avrà mai creduto realmente in quel suo fascismo, bastonatore e totali cario? Inventò la parola («la nostra feroce volontà totalitaria») ma dubitando sicuramente di poter fare, dei suoi allora quaranta milioni di italiani, un'unica grande nave pirata, una sola gigantesca tigre antropofago Sul Mare Nostrum si sarebbe avventurato soltanto un capitano Morgan dalla ciurma sfiatata. Di tigresco, a disposizione, non aveva che gli avanzi delusi dei battaglioni di Arditi delle trincee, resti di dannunzianismo disoccupato < manesco. Il grosso erano avvocati e maestre elementari, bambini, poeti meridional Un distruttore ecologico: bonificò le paludi. Gli riuscì bene la Battaglia dello Spermatozoo, avendo vinto quella del Concordato. Il trabocco demografico italiano fu un'eminente creazione mussoliniana da quaranta siamo passati : sessanta, ma oggi le farmacie vendono liberamente il proli lattico imbevuto di Soluzione Spermicida: vuol proprio dire che il fascismo è finito. Anche il tasto Giovinezza si è coperto di polvere: non si parla che del Problema Anziani, un problema acato dai famosi Ragazzi di Mussolini, divenuti immortali grazie a Fleming e al cortisone. L'inno fascista che conserva più struggimento, forse, è quello degli universitari: «Fuoco di Vesta che fuor dal tempio irrompi» e anche certa scolorita architettura fascista ti spara in corpo qualche, colpo di innocua poesia. L'urbanistica postfascista è molto più laida e volgare. Ma Mussolini aveva il culto del piccone: buona parte della vecchia Italia fu picconata da lui, per metterci gli obelischi di Axum. Perquisendolo attentamente, di demoniaco non gliene tiri fuori; e tuttavia il fascismo italiano appartiene pienamente alla storia del demoniaco del nostro secolo. La loro connessione sembrerebbe ca¬ vmcvdr suale. Il fenomeno fascista sorpassa il suo fondatore, aveva un duce occulto che sapeva meglio di lui dove andare, ancora ne brillano punte di pervertimento morale e mentale di cui Mussolini non avrebbe riconósciuto la paternità. In tutto e per tutto, il mussolinismo è un frutto della Grande Guerra, ma dire questo è troppo ovvio e scarso. La guerra aveva impregnato le anime di confusione e di men zogna: i Lenin, gli Hitler, i Mussolini seppero approfittare formidabilmente di quei rigagnoli corrotti, per calmare la sete dei loro popoli. Ma il destino storico e metafisico batteva, in Europa e ai confini dell'Asia, in tutto il suo orrore, soltanto dalla parte della Germania e della Russia. Fu proprio uno sforzo inutile, quello di Mussolini, per tirarci dentro anche le ossa bagnate e dolorose sepolte per sempre sotto la collina di elmetti di Sant'Elia a'Redipuglìàl Quella guerra . italiana faticosamente vinta era stata un-congedo, non un'entrata, e le note del Silenzio ormai sgocciolavano su una nazione che nessuna truccatura da Orda d'Oro avrebbe potuto trasformare in conquistatrice, e Mussolini passò tra milioni di maschere pirandelliane che il proprio sortilegio di tribuno rendeva per un momento simili a volti risoluti e febbricitanti. Al di là di quel risonante fumo, erano le ombre tristi e fiaccate delle trincee, quei fanti stravolti di Caporetto e del Piave costretti e a ridisciplinarsi in camicia nera, e l'esercito degli imboscati che a loro volta.avrebbero imboscato brillantemente i figli e nipoti, nelle guerre di Mussolini. La storia, col suo temibile corteo di musicanti stregati, col suo coro flebile di brucolacchi in agguato dietro la porta, torna a sibilare il suo richiamo mortale allo smarrito orecchio italiano, proprio quando Mussolini viene, simbolicamente, sia pure con uno sgangherato rituale che odora di linciaggio (migliore Nemesi non sembra aver meritato), ucciso mentre cerca scampo, sparite le uniformi napoleoniche sotto un grigie cappotto della Wehrmacht. Lo capì bene Quarantotti-Gambi ni: «Gli italiani ammazzano Garetta e non si accorgono che l'ala della storia batte sulle Alpi Giulie» (Primavera a Trieste). Le Alpi Giulie, l'Isonzo, Trieste... Finiva la finta storia, di puri idoli vani, coi suoi Negus e le sue perdute marce su Madrid e su Alessandria, che tra il 1919 e il 1943 si era fregiate le metòpe col nome di Benito Mussolini, il tribuno romagnolo, il predicatore d'inesistente. L'Italia era libera, però a Trieste cominciavano i giorni delle foibe, i quarantacinque terribili giorni dell'occupazione jugoslava, l'Istria era ormai perduta e Tito puntava a un minaccioso confine etnico^slavo fino al Tagliamene. Proprio là dove, dopo il 3 novembre 1918 e lo strascico fiumano la storia si era accovacciata come un leone sfinito, sorgeva l'uggiolare lugubre della nuova storia, terzo stasimo della tragedia senza misura cominciata nell'estate 1914 coi funerali degli Arciduchi per le vie triestine. Gli italiani del '45 credevano di aver fatto grande storia versando il sangue dell'idolo che avevano adorato, e lo credono ancora, per la tenacia solita delle illusioni collettive, ma lì, sopra Dongo, ormai, soltanto, un destino d'uomo, insieme quello della sua donna, si compiva. Il destino futuro della nazione era tutto nel gomitolo della questione triestina appena cominciata, si profilava a poco a poco nella separazione crudele dall'Istria (molto meno rimpianta, dai nuovi capi, che le malaugurose colonie prefasciste), nel coagularsi e prendere forma di un male nuovo, gonfio di buio avvenire, già dentro le linee di una mucillaginosa e in certa frontiera orientale. Guido Ceronetti