Con rabbia di Francesco Santini

Con rabbia Con rabbia Cesare Donnaperna, marchese di Colobraro, ultimo nobile di Senise, s'è unito, contro la diga, agli abitanti del paese, repressi dai suoi avi. Senise, un tempo feudo vastissimo dei principi napoletani Pignatelll Cortes di Sanseverino, vede nella rabbia di Donnaperna, una nuova bandiera. Del feudo, ai Pignatelll non è rimasto più molto. La proprietà si dissolse in mano agli amministratori, i Marconi. «Cn mio avo, spedito all'inizio dell'800 a frenare una rivolta d'amministratori, sposò una Marconi», racconta il marchese Donnaperna, rimpiangendo la proprietà espropriata per la diga. Gli sono rimasti cento ettari. Il quadro della sete è drammatico, li grano «non ha sfoderato» spighe. «L'abbiamo tagliato, dice, per farne paglia». Gli animali non nonno cibo. Vanno su pascoli bruciati, i prezzi del foraggio sono alle stelle. «Una tragedia, dice sconsolato, con 1 macellai che aspettano gli alle vatori con 11 coltello in mano, pronti a dare il colpo di grazia. Rifiutano le mucche, poi le accettano, ma pagano metà prezzo». All'ingresso di Senise è pronto un nuovo mattatoio. L'edificio è spopolato e vuoto, proprio come il grande nucleo industriale attrezzato sull'altro versante. «Lo spiazzo riservato alle industrie, dice Totaro, il combattivo assessore del pae¬ se, dovrà vedere qualche capannone, altrimenti, niente acqua». Sventola l'ultimo protocollo d'intesa tra le Regioni Puglia e Basilicata, ti documento impegna gli amministratori pubblici «a meccanismi di riequilibrio economico e di crescita bilanciata». Totaro dice: «Se parte l'acqua dal Sinni, la Puglia fa un salto di altri vent'anni e noi restiamo indietro di quaranta: niente Industrie a Senise? Niente acqua». Si scaglia contro la diga «emblema odioso» di una politica delle acque concepita per favorire interessi altrui. Il Mezzogiorno si divide, sempre è possibile una guerra tra poveri. La superstrada lascia Senise, porta verso il mare. Il condotto del Sinni corre con la carreggiata. Nelle terre bruciate svettano i pilastri di cemento preparati per il raddoppio. Il manto d'asfalto rimette nella rabbia della costa dove la condotta della diga resta il simbolo inutile di un impegno nel mito meridionale dell'irrigazione mancata. Nella disperazione della grande sete lo scoppio martellante dei motori spezza il silenzio dello Ionio. La notte calda di Metaponto è già avanti. C'è chi ha deciso di sfidare la legge per salvare il raccolto. Si rompe il razionamento imposto dai consorzi. Riprende l'irrigazione clandestina. I ragazzi e le donne si alternano nel turni di guardia. Gli uomini avviano i generatori, allagano i campi. Pompano acqua densa di terra dell'invaso di San Giuliano e del Gannano in secca. Per gli agrumi e le viti che la pioggia ha dimenticato da sette mesi, violano il turno imposto dai consorzi. Peppino Di Naurìa, un uomo anziano segnato dal lavoro, dice nella disperazione: «Si va avanti per un mese, e poi che cosa accadrà?». Al distributore di carburante di Mètaponto un gruppo di agricoltori si accorda per irrigare stanotte, rubando acqua al consorzio. Vincenzo Colia, il gestore del bar, è allarmato: «Qui ci ammazziamo di lavoro, ci diamo da fare. Siamo quasi tutti pugliesi, con noi 11 Metaponto è diventato la California d'Italia: non possiamo aspettare 1 lucani che stanno sui monti, accanto alla diga a negarci l'acqua per avere dallo Stato un piatto di minestra sicuro ». Francesco Santini

Persone citate: Cortes, Marconi, Sanseverino, Totaro, Vincenzo Colia

Luoghi citati: Basilicata, California, Colobraro, Italia, Puglia, Senise