Metternich demone

Mettermeli demone VITA D'UN «GENIO DELLA REAZIONE» Mettermeli demone Ebbe una vita lunga: dal •1775 al 1859, c molto fortunata. Mettcrnich entrò in diplomazia nel 1801, nel 1809 diventò ministro degli Esteri d'Austria, nel 1813 fu fatto principe da Francesco I per i servigi resi all'impero, nel 1821 venne elevato alla dignità di cancelliere di Stato. Influì in modo straordinario sulle sotti d'Europa per rutta un'era. Ma non si trovò solo caricato di onori politici: ebbe anche una intensa vita privata. Bell'uomo, capace di circuirle, fu molto amato dalle donne, alle quali dedicò una mai esausta attenzione. All'età di 57 anni, si risposò per la terza volta con una giovane di 24 piena di temperamento, assai attraente, la quale lo amò appassionatamente anche perché felice di andata a letto con un pezzo di storia d'Europa, e gli diede ancora tre figli. Ma Mettcrnich conobbe anche i rovesci della fortuna. Nel 1848 dovette fuggite da Vienna come un ladro, costretto ad assistere al naufragio politico della sua vita, di quella Restaurazione e del suo mondo ai quali aveva dato tutto se stesso. La sua vita familiare, che pure lo aveva reso tanto felice, fu attraversata da una serie ininterrotta di lutti Età un brillante conversatore, un vero uomo di salotto, Acquistò con il tempo una coscienza di sé sempre più elevata, un senso della propria infallibilità, che suscitò reazioni di insofferenza persino in Nicola I. Byton lo definì iti più eminente parassita del potere»; t Canning «il più grande mentitore» forse dell'intero mondo, Ma Disraeli fu un suo devoto. E' stato destino di quest'uomo vanitoso, che deside rava tanto piacete, di essere complessivamente assai poco piaciuto ai posteri, anche se fra gli studiosi della sua opera vi è certo stato chi lo ha am mirato. A differenza di altre grandi personalità dell'Ottocento, egli non è mai diventato un mito, né in positivo né in negativo. Ma di non essere diventato un mito, non sarebbe troppo dispiaciuto a Mettcrnich, il quale — e lo aveva ben capito Napoleone — sotto la facciata estetiore di umana e sentimentale disponibilità, era un freddo calcolatore. E bisogna dire, a riprova di ciò e a suo merito, che il 'genio della reazione», il «grande inquisitore d'Europa», colui che si pose come scopo, e sogno, supremo la salvaguardia ogni costo degli equilibri poi: liei, sociali e internazionali ebbe un acuto senso delle difficoltà e precarietà del proprio disegno. Uno dei suoi ultimi biografi, Alan Palmer, di cui l'Editoriale Nuova pubblica ora il Mettcrnich, cita una illu minante lettera del settembre 1819, in cui lo statista diceva di sé: «Ho avuto la sfortuna di appartenere all'epoca rivoluzionaria. Questo secolo, come tutte le 'altre follie umane, passerà... La sorte mi ha imposto il compito di frenare una generazione il cui 'destino sembra quello di perdersi ' su un pendio che sicuramente la port.rà alla rovina», In effètti, gli sconvolgimenti segnarono sia il battesimo politico sia la dipartita dal potere di Mettcrnich, che si sforzò costantemente di combattere le aspirazioni rivoluzionarie ed eversive, fossero esse l'i spansionismo di Napoleone il liberalismo o i nuovi nazionalismi. Un giudizio diffuso consolidato, sempre rinnova¬ tsscthtTfitsmasdnspstizqubmc tosi, vuole che il cancellate sia stato un uomo sordo e insensibile alle istanze dinamiche della società, un politico' tutto pieso da un impossibile angusto disegno di antistorie reazionaria staticità. Copur con diverse variazioni, hanno visto Mettermeli nel tempo i von Hortenburg, i Tteitschke, i Bibl (Bibl lo definì «demone dell'Austria»). Si tratta di un giudizio che ha il suo fondamento, solido, reale. Mettcrnich, in questo esprimendo la natura dell'impeto austriaco, considerò nazionalismo e liberalismo come fattori distruttivi, e fu insensibile alla nascente questione sociale. E, seppure fra il 1815 e il 1830 potè mantenere saldo il suo sistema, fini poi per perdere su tutti i fronti. 11 1848 europeo, in cui esplosero insieme istanze liberali, istanze nazionali t questione sociale rappresentò una vera c propria pietra tom baie politica per il sistema mettcrnichiano. Ma è giudizio adeguato considerare Mettcrnich solo come teorico e artefice di una realtà dominata dalla statica politica e diplomatica? Come uno spirito «non creativo», come — ecco il punto fondamentale — una personalità tutta consumata nel mondo che fu il suo? Alan Palmer nella sua biografia dà una risposta sostanzialmente affermativa. Palmer apprezza poco '1 suo personaggio, non perde occasione per metterne in luce le debolezze umane, e quando ne giudica l'attività politica perviene in conclusione a dire che l'opera di Mettcrnich, frutto «dell'intrigo più che della convenzione creativa», fu essenzialmente priva del respiro storico delle vere grandi personalità. à o r o e e o a e , a o In una simile valutazione, pur ben consolidata in buona parte della storiografia, manca però, o per lo meno viene trascurato, un aspettò essenziale. Mettcrnich nel suo disincantato realismo — da lui applicato in pieno nell'opera di restaurazione — ha consegnato alla storia successiva un «principio» che ha trovato una sua grandiosa applicazione specialmente dopo la seconda guerra mondiale. Questo principio è quello dell'«cquilibrio» fra le maggiori potenze, della «responsabilità» che ad esse compete per il mantenimento deH'«ordine» internazionale, e del «diritto» storico che esse hanno in materia di controllo su Paesi e Stati minori. Ad esempio il Rodhen ha sottolineato che l'ideale che Mettcrnich aveva della diplomazia era quello tipico della diplomazia classica. In realtà, il modo in cui Mettermeli concepì il problema dell'equilibrio ha una sua modernità che va oltre il modello della diplomazia settecentesca e la stessa forma legittimisticoconservatrice che egli sfruttò a fondo nell'opera di Restaurazione. E' da osservare, a proposito dell'ispirazione legittimistica, che Mettcrnich se ne servi come di un mezzo per lo scopo supremo dell'equilibrio; tanto è che a un certo punto aveva persino pensato a mantenere in vita la Francia di Napoleone 1, purché ridimensionata, e che poi esottò a riconoscere Napoleone HI sempre per fine dell'equilibrio europeo. Quel che soprattutto a lui premette sempre fu ' di affermare l'esigenza di rapporti fra le potenze maggiori in grado di salvaguardare da un lato i loro diritti storici al potere nel mondo e, dall'altro, attraverso di essi, l'«ordine» internazionale e la pace fra esse. Non è un caso che il prin apio metternichiano dell' equilibrio sia stato rimesso in onore dopo le due guerre mondiali: nel primo dopoguerra in specie dal vón Sbrik, massimo studioso di Mettcrnich; nel secondo dopoguerra da studiosi come il Vicrek da Kissinger, autore di Diplomazia della Restaurazione e segretario di Stato, per certi aspetti «metternichiano». Quando si pensa al mondo del secondo dopoguerra, ali spartizione in sfere di influen za, all'idea che della loro «responsabilità» hanno le nuove grandi potenze, è difficile non concludere che qualcosa del modo di pensare-e di operare di Mettcrnich sia durevolmente sopravvissuto e persino rinato nel nostro secolo. Ma di' tutto ciò il Palmer non pare occuparsi troppo. Massimo L. Salvador! Mettermeli in una caricatura di David Levine (Copyright N.Y. Re vie w oi Books. Opera Mundi e per riLalla -La Stampa - )

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