Vecchio Ambrosiano, tre dirigenti in carcere insieme con Tassan Din di Marzio Fabbri
1fecc/i/o Ambrosiano, tre dirigenti in carcere insieme con Tassan Din Sono accusati dì concorso in bancarotta fraudolenta con Roberto Calvi 1fecc/i/o Ambrosiano, tre dirigenti in carcere insieme con Tassan Din Arrestati presidente, vicepresidente e un consigliere di amministrazione del Banco Andino - Attraverso questo istituto sarebbero affluiti alla Banca Rothschild di Zurigo 133 milioni di dollari - L'ex amministratore delegato della Rizzoli aveva accesso a questo deposito MILANO — Bruno Tassan Din, ex amministratore delegato ed ex direttore generale del gruppo Rizzoli (del quale è ancora azionista di minoranza) è da ieri sera nel carcere di Piacenza dopo l'arresto compiuto dagli uomini della Guardia di Finanza in questa che è la Bua terza disavventura giudiziaria. Con lui sono stati arrestati, anche loro con l'accusa di concorso nella bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano, tre dirigenti dell'ufficio esteri di quell'istituto di credito i quali però sono stati chiamati in causa per le posizioni che occupavano all'interno di una. delle consociate estere del gruppo, 11 Banco Andino di Lima, in Perù. Si tratta di Filippo Leoni. Carlo Costa e Giacomo Botta, che rispettivamente erano presidente, vice presidente e consigliere di amministrazione di quella banca latino-americana che, secondo 1 giudici, tanta parte ha avuto nel crack della casa madre milanese. I dirigenti sono distribuiti nelle carceri di Novara, Bergamo e Como dove saranno interrogati dal magistrati inquirenti non prima però della prossima settimana. Per quanto si è appreso nessuno di loro, al momento dell'arresto, ha avuto reazioni particolari: Botta si trovava In vacanza in provincia di Bolzano, mentre gli altri erano a Mila- no, città di loro abituale residenza e sono stati rintracciati nel rispettivi uffici e abitazioni. L'attenzione dei giudici si è centrata sul Banco Andino di Lima perché sarebbe attraverso questa banca che sarebbero affluiti su un conto svizzero della Banca Rothschild di Zurigo 1133 milioni di dollari che sono all'origine di questi quattro mandati di cattura. Secondo quanto si è appreso il denaro era depositato su due conti correnti rispettivamente di 90 e 43 milioni di dollari dei quali non è stata resa noto l'intestazione. Si ha però ragione di ritenere che fossero denominati «Zirka» e «Recioto» dal nome di due società' fiduciarie che sarebbero solò' il punto di arrivo di una parte, e non la maggiore, del denaro partito dal Banco Andino e mascherato, prima dell'arrivo a destinazione, con almeno un passaggio attraverso l'anonima Bellatrlx di Panama. A che cosa dovessero servi re questi denari non si sa e proprio su questo 1 giudici istruttori del tribunale di Milano che si occupano della vicenda intendono indagare. In ambienti giudiziari si fa pero e presente che all'epoca dell'a- pertura di questi due conti o (febbraio e aprile 1981) erano o In corso e poi si Bono concluse i le trattative per il passaggio i del 40 R5 ^^l"^ *" gruppo Rizzoli-Corriere della - |^ dall'editore alla Centra- Vsi n v i a o n a le, la finanziaria dell'impero di Roberto Calvi. La somma pagata per quel pacchetto era inferiore, non di molto, agli accrediti sui due conti svizzeri. E' interessante rilevare come 1 giudici abbiano accusato Tassan Din, Leoni, Botta e Costa di concorso in bancarotta fraudolenta, insieme a Roberto Calvi che essendo morto nel giugno dell'anno scorso non è ovviamente Imputabile. All'epoca il banchiere, che ancora non era incorso nella disavventura legata alla esportazione di valuta concessa con compravendita di azioni «Toro» e «Credito Varesino» (giugno 1981) era saldamente al timone del gruppo e quindi sarebbe stato il regista di tutta l'operazione che non è escluso coinvolga altre consociate estere del vecchio Ambrosiano. Bruno Tassan Din sarebbe stato, secondo quanto è emerso dall'inchiesta, solo uno dei personaggi che aveva accesso' al due conti «Zirka» e «Recioto». Presso la banca svizzera interessata erano state depositate le firme di altri sulla cui identità, però, al momento non si hanno indicazioni. Certamente avevano possibilità di attingere a quel soldi gli arrestati. A quanto risulta quei 133 milioni di dollari oggetto di inchiesta su quel conti non ci sono più. Per quanto tempo ci siano rimasti e verso-quali destinazioni siano partiti è appunto quello che i magistrati intendono scoprire;- lasciano intendere che nel loro lavoro di ricerca del denaro sottratto all'Ambrosiano (che ne ha provocato la bancarotta) sono solo all'Inizio e ci saranno altre sorprese. Marzio Fabbri
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