La lira nella Costituzione di Andrea Manzella

La tira nella Costituzione La tira nella Costituzione 4 ben vedére, la relazione del governatore della Banca d'Italia è tutta attraversata da una trama istituzionale, affiorata infine con la richiesta di una «costituzione monetaria» che abbia come sua norma fondamentale quella della stabilità della lira. Vi sono certo specifici punti dì vista tecnici nelle parole dell'autorità monetaria, ma vi sonò anche prìncipi generalissimi che si collegano senza vuoti alla questione istituzionale comples-\ siva. Vale perciò la pena ricostruire le norme programmatiche di questa «costituzione monetaria», tracciare, anche per tale insolita via, il «circuito virtuoso» del buon governo. La prima norma è quella della ricostruzione dell'istituzione governo. Nella sua durata, in nanzitutto: perché «orizzonti temporali limitati hanno impedito l'impostazione stessa di una politica antinflazionistica di ampio respiro». Nel suo rapporto con le Camere poi: perché gravi sono Stati '/ritardi parlamentari nella approvazione delle manovre finanziarie. Nella sua collegialità, violata in momenti e su aspetti delicatissimi: perché «dichiarazioni sul debito pùbblico e sulla tassazione dei Bot trasformarono preoccupazioni in allarme». La seconda norma program- mqtica della «costituzione monetaria/) riguarda il controllo della spesa pubblica sotto un triplice aspetto. Uno è quello stesso definito nell'articolo 81 della Costituzione repubblicana: il vincolo di bilancio. «Oggi l'obbligo della copertura delle decisioni di spesa è di fatto svuotato nel suo contenuto». L'altro aspetto riguarda la grande operazione di ridimensionamento dello Stato assistenziale, operazione che impegna tutto l'Occidente (sul «Welfare» statunitense ci sono ora i dati di prima mano che pubblica Giuliano Amato nel suo «Democrazia e redistribuzione»). Le regole-guida per questa operazione sono tre:-fermare «i sistemi di intervento pubblico che comportano nel presente, e ancor più nel futuro, spese incompatibili con le più ottimistiche previsioni di crescita, fermare l'estensione indiscriminata della prestazione di servizi sociali, compiuta oltretutto senza tener conto dell'impressionante evoluzione demografica riguardante la popolazione in età pensionabile; distinguere tra servizi pubblici, in senso proprio e prestazioni assistenziali». L'ultimo aspetto del controllo della spesa pubblica riguarda la necessità di fare marcia indietro in quelle «riforme istituzionali che hanno dissociato la responsabilità fra centri di decisione e centri di finanziamento degli interventi»: facendo venir meno, specie a livello locale, «il rigore che solo la coscienza della finitezza dei mezzi può imporre». La terza norma programmatica della «costituzione monetaria», delineata all'assemblea dei partecipanti, è quel metodo del consenso triangolare istituzionalizzato (governo - sindacati impresa) che, impostato nella lunga trattativa dei governi Spadolini, sfociò infine nell'accordo Scotti del 22 gennaio scorso. Il governatore non entra, né poteva farlo, negli ancora spinosi contenuti dell'accordo. Lo indica però ripetutamente come modello consensuale di governo, come una svòlta, anzi, il cui «spirito» non si deve lasciar disperdere: sia per le relazioni industriali; sia per la centrale questione della scala niobi le («gli stessi redditi reali si sarebbero potuti ottenere con politiche consensuali volte a contenere insieme inflazione e redditi nominali»); sìa per firnposizione fiscale indiretta, da Andrea Manzella (Continua a pagina 2 in nona colonna)

Persone citate: Giuliano Amato, Spadolini