A trent'anni dalla conquista l'Everest è stato ridotto a un posto da pic-nic di Gigi Mattana

A trent'anni dalla conquista l'Everest è stato ridotto a un posto da pic-nic Il 2 giugno '53 due alpinisti violarono per la prima volta il «Tetto del mondo» A trent'anni dalla conquista l'Everest è stato ridotto a un posto da pic-nic Lo storia non dice guanto il dono fu gradito, ma trent'anni fa, il 2 giugno 1953, quasi l'avesse architettato una sapiente regia, Londra ebbe due oc-; castoni di festa: proprio mentre stava per essere incoronata regina, Elisabetta II ricevette la notizia che la spedizione inglese aveva vinto e che' due «sudditi» del Commonwealth (un neozelandese e un nepalese residente in India) avevano messo piede sull'Everest, primi uomini al mondo a toccare gli 8848 metri della montagna piti alta. Era la conclusione logica e giusta di trent'anni di sfarei, di un crescendo di ansia di esplorazione e di voglia di vincere che ha avuto riscontro soltanto nelle spedizioni polari: il Chomolungma, la «Dea Madre della Terra», come l'Everest veniva chiamato in tibetano, aveva chiesto un pesante contributo di sudore e di sangue prima di capitolare. La storia dell'Everest si inizia nel 1921, quando il Dalai Lama consente il passaggio 'delle spedizioni attraverso il Tibet (allora ilNepal era chiuso'agli stranieri) e gli inglesi in una prima esplorazione già raggiungono il Colle Nord ed individuano una via logica per la vetta; l'anno successivo, in un tentativo compiuto con grande determinazione e funestato dalla morte di setteportatori, vengono raggiunti glt 8292metri. E' un risultato eccezionale per i tempi, uno scalino fondamentale nella storia dell'alpinismo. Altra spedizióne britannica nel 1924: Norton e Somervell superano gli 8500 metri, Mallory e Irvine tentano con l'ossigeno e spariscono sulla montagna: si trova a 8400 metri soltanto una loro piccozza; forse furono sorpresi da una valanga sulla via del ritorno. . Le spedizioni si susseguono per tutti gli Anni Trenta, ma o il maltempo rende penoso piazzare già i primi campi o, anche nelle condizioni migliori, gli 8500 metri sembrano il lìmite invalicabile. Arriva la guerra e l'alpinismo deve segnare il passo; il conflitto mondiale ha però il merito di portare a un grande salto tecnologico, in termini di abbigliamento e attrezzature, che sarà molto utile anche nell'ambiente della montagna. Il Tibet diventa inaccessibile per gli stranieri, ma in compenso nel 1950 re Tribhuvan scaccia il governo dei Rana e inizia il cammino del Nepal verso l'era moderna aprendolo agli europei: l'Everest può essere attaccato da Sud. Nel 1950 cede il primo *ottomila» himalayano, l'Annapurna, vinto dai francesi Lachenal ed Herzog: i tempi sono maturi:] Nel 1952 gli svizzeri tentano in grande stile, ma malgrado un'eroica notte a 8300 metri, la guida Lambert e il »strdar» Tensing Norkey devono rinunciare all'attacco finale. L'anno dopo è la volta buona: la spedizione guidata dal colonnello Hunt procede rego¬ larmente, il nuovo apparecchio per l'ossigeno a circuito chiuso è un aiuto fondamentale. Bourdillon ed Evans arrivano a cento metri dalla vetta e devono rinunciare, ma alle u,30 del 29 maggio Edmund Hillary e Tensing Norkey piantano sulla calotta di ghiaccio le bandiere deWOnu, dell'Inghilterra, del Nepal e dell'India. Sono passati trent'anni e l'Everest non ha più segreti per l'uomo: ogni nazione ha voluto piantare lassù il proprio vessillo (anche l'Italia ci riusci, nel 1973). Nel 1975 la giapponese Junko Tabei è la prima donna a giungere in vetta; nello stesso anno Dougal Haston e Doug Scott vincono la montagna attraverso la parete Sud-Ovest (in termini puramente alpinistici è una delle più grandi imprese di tutti i tempi); nel 1978 Reinhold Messner e Peter Habeler percorrono la via normale senza ossigeno; per Messner questa salita e il successivo Nanga Parbat in solitaria sono la preparazione per il suo capolavoro: l'Everest dal pressoché sconosciuto versante tibetano, solo e senza ossigeno. Lo splendore del paesaggio, la gentilezza degli abitanti e i prezzi modesti hanno fatto nell'ultimo decennio del Nepal un paese turistico: certo, non vi sono gli affollamenti di Rimtnt o di Marbella, ma bastano poche migliaia di persone per stravolgere la vita di valli senza strade e senza servizi. L'Everest soffre più di altre montagne di questa notorietà: la valle del Solu Khumbu è magnifica, in una ventina di giorni di marcia i trekking la percorrono comodamente, senza pericoli e con un'ascesa costante; i pigri possono arrivare con gli aerei fino agli altiporti di Lukhla (2800 metri) o addirittura ai 3760 metri di Syangboche. il campo base dell'Everest, a poco più di 5000 metri, è diventato un letamaio: i rifiuti si accumulano, le acque sono inquinate. Ma bastano poche centinaia di metri perché la musica cambi: alle prime scroccate del ghiacciaio torna la fatica, torna il rischio come per i primi esploratori, riprende significato l'antico nome nepalese della montagna: «Mithl guthi Chaphu Long-nga», che significa «la montagna visibile da ovunque, sulla cui cima gli uccelli diventano ciechi». Gigi Mattana

Luoghi citati: India, Inghilterra, Italia, Londra, Nepal, Tibet