Guerra agli evasori

Guerra agli evasori Guerra agli evasori I nostri soldi di Mano Salvatorelli «Ogni anno l'amministrazione delle Finanze pubblica I nomi dei maggiori contribuenti, con l'intento di soddisfare la legittima curiosità del cittadini e, ritengo, anche di farseli collaboratori nel disboscare l'evasione fiscale», scrive, da Robbiate (Como), l'abbonato dottor Bartolomeo Posa. Il quale continua, lamentandosi che, in questi elenchi, figurino solo due dati: il reddito dichiarato e, l'imposta relativa, che, per di più si riferiscono a tre anni prima. Quindi, osserva il lettore, chi conosce il tenore di vita, le proprietà immobiliari, il «movimento di capitali» di questi contribuenti, ma ignora «se, e come, le entrate e le uscite sono state dichiarate, rimane insoddisfatta, magari con un po' di amaro in bocca, prendendo atto, dalla realtà delta vita quotidiana, che, almeno per il fisco, il ricco è povero e il povero è ricco*. Dopo questa «amara» osservazione, il lettore conclude con una domanda: «£' possibile a chiunque, solo che lo voglia, prendere visione delle dichiarazioni di contribuenti in odore di evasione fiscale? E, nell'ipotesi di fondate o sospette divergenze tra il reddito dichiarato e quello reale, a chi potrebbero essere segnalate tali divergenze, e con quali garanzie che la segnalazione non resti una voce che grida net deserto?». No, dottor Posa, non e possibile prendere visione delle dichiarazioni dei redditi altrui, né denunciare eventuali divergenze, né, tantomeno, avere garanzie che le eventuali «segnalazioni» saranno prese in considerazione. Il ministero delle Finanze, evidentemente, al di là degli aspetti «morali» dell'eventuale concorso dei cittadini nella caccia agli evasori, ha temuto che una simile «libertà di accesso) al segreto fiscale avrebbe potuto scatenare un'incontrollabile catena di dispetti, invidie, vendette personali, tale da essere più un aggravio di lavoro, che un aiuto per la lotta agli evasori. Viene in mente, a questo proposito, quella «bocca», non saprei se definirla della «verità» oppure della «calunnia», che esiste tuttora nel Palazzo bucale di .Venezia, e che, ai tempi del- la «Serenissima», era destinata a ricevere le denunce anonime, indirizzate ai severi magistrati di quella Repubblica. Il ministero delle Finanze, però, al quale mi sono rivolto per maggiore e più aggiornata precisazione, prima di rispondere al nostro lettore, mi ha detto che sono allo studio, e ormai a buon punto, alcune iniziative in questa, sempre più necessaria, lotta agli evasori. E mi sembra giusto parlarne il giorno dopo la «chiusura» ufficiale delle denunce dei redditi, se non altro per seminare un po' di «suspense» in chi non si è comportato correttamente. Le iniziative consistono, soprattutto, nello stabilire un «minimo» accettabile di reddito per ogni categoria di lavoratori, autonomi ma anche dipendenti, sotto il quale minimo ogni reddito denunciato diventerebbe, automaticamente, sospettabile, e, come tale, passibile di accertamenti. Oltre a questo «minimo», considerato «vitale», il ministero delle Finanze sta studiando anche un reddito «medio», sempre per ogni categoria di attività, deducibile dai conti nazionali, dove sono indicati i contributi al prodotto interno lordo di ogni settore, il numero degli occupati, e la situazione «patrimoniale» complessiva dei beni immobili e mobili del Paese. Il reddito minimo, e quello medio, completati, eventualmente, da indagini sul tenore di vita dei contri¬ o e l i i i l l ¬ buenti «sospetti», saranno, tutti, elementi che faranno scattare accertamenti più approfonditi sulla veridicità delle denunce. Non so se il nostro abbonato di Robbiate si riterrà soddisfatto, nel suo zelo, peraltro encomiabile, di collaborare a una maggiore giustizia fiscale in questo Paese, ma i progetti sono questi. Penso, a questo punto, di aver risposto, sia pure indirettamente, anche al lettore Corredino Aghemio, di Torino, che mi prospetta le conseguenze che potrebbe avere, sul piano della «giustizia fiscale», il ripristino, nel testo originale, dell'articolo 7 del nuovo decreto-legge sulla previdenza, nel quale è prevista la sospensione dell'integrazione al minimo della pensione Inps, quando il reddito del titolare sia superiore a due volte quel minimo, e a tre volte, se il titolare è coniugato, cioè, rispettivamente, superiore a 7 milioni 614 mila e a 11 milioni 422 mila lire annue. In pratica, scrive il lettore, può accadere che di due contribuenti, ambedue coniugati e titolari di una pensione minima Inps, diciamo Tizio e Caio, il primo abbia un reddito familiare annuo di 11 milioni 495 mila lire, e il secondo un reddito di poco inferiore, diciamo 11 milioni 400 mila lire. Al primo, Tizio, la pensione verrà blocca' ta all'importo del gennaio scorso — 276 mila lire — e gli aumenti successivi gli verranno concessi con le percentuali minori riservate alle altre pensioni. Il secondo, Caio, pur disponendo di un deposito in banca che gli frutta 7 milioni netti l'anno, ma che non denuncia ai fini deD'Irpef, continuerà a godere dell'integrazione com pietà della sua pensione mi nima. Il lettore conclude: «Poi che qui viene chiamata causa la norma del segreto bancario, mi permetto dì chiedere se, a suo avviso, questa norma è in accordo con le esigenze di una società solidari stica, come, bene o male, quella In cui viviamo». Ma anche qui che, come dicevo prima, s'incontrano, indirettamente, le due risposte: lettore di Robbiate e a quello di Torino.

Persone citate: Aghemio, Bartolomeo Posa, Mano Salvatorelli

Luoghi citati: Como, Robbiate, Torino, Venezia