Anna Frank narratrice sconosciuta

Escono i racconti che la ragazza ebrea scrisse nel suo rifugio di Amsterdam Escono i racconti che la ragazza ebrea scrisse nel suo rifugio di Amsterdam Anna Frank narratrice sconosciuta lano la fisiologia degli ospiti costretti a dividere l'attesa, i colpi di tosse che bisogna sedare con gli sciroppi, i respiri affannosi del sonno, lo sciacquio del bagno e i tramestìi che si tollerano solo quando gli uffici confinanti non sono aperti. Altri rumori raggiungono l'atmosfera compressa dal mondo perduto e lontano: grida spezzate, spari soffocati. Solo la campana della Westertoren protegge con il suono, e allarma quando tace. In quest'ascolto, tutto interiore e sorprendentemente dilatato, Anna sente la propria voce affiorare, la nostalgia del «Ti ricordi?», l'esigenza di pensiero suggerita in modo imperioso dai «perché?». Registra cose appena percepibili, emozioni che salgono dal profondo. Una continua, vigile fatica d'analisi. E 1 battiti dell'orologio che scandisce le ore, 1 colpi alle porte, 1 crepitìi che si celano dietro le pareti, e gli altri battiti, del cuore e delle tempie che rispondono all'unisono, sono il metronomo sul quale la voce si accorda e articola. n diario ci aveva avvicinato lo sguardo di Anna. Ella esisteva negli occhi che fissavano da una fotografia un po' sciupata, «occhi» come lei stessa nota in un suo personaggio «diventati molto grandi». Proprio quegli occhi si erano posati, descrivendoli con cura, sui «piccoli avvenimenti» del rifugio: immagini ironiche e amare, minuziose come bozzetti fiamminghi. Alcuni di questi «petits tableaux», «la pulce» «il dentista» «la giornata degli insaccati» «il pelar patate» ritornano, con minime varianti, nei quaderni ora compiutamente editi. Anna è preoccupata di rendere i dettagli, le fisionomie, affascinata da una precisione fotografica come uno scrittore verista: «E mio debole son sempre state le descrizioni dei volti, perciò dopo la guerra incollerò... le foto dei rifugiati, cosi non dovrò più descrivere alcunché con la penna». L'integrazione delle nuove pagine permette di meglio comprendere l'animo di Anna e il suo disegno. La sua non è solo una testimonianza rara. Quanto ora possiamo leggere dimostra una consapevolezza che non ha più nulla di casuale e di naif, ma attesta un'autentica vocazione di scrittrice. «So che so scrivere» dice Anna, «ora sono felicissima di saper almeno scrivere» e ancora il * aprile, poco prima della fine «a scrivere sono decisa». Le immagini dell'alloggio segreto, incise con sensibili. tà pungente e sotto la dominazione dell'angoscia, sono inframmezzate da racconti, da favole. Anna non evade, semplicemente esplora le possibilità espressive del suo mondo. Proprio dove l'orizzonte si curva e la vita sopravvive come memoria (i ricordi del liceo e del professor Kepler, delle arniche di scuola, di Peter innamorato), la natura come illusione e tensione del desiderio, la scrittura decide il suo senso. ». Nelle aperture non affiora un'infantile ingenuità. Certo, il viaggio dell'orsacchiotto Blurry è un movimento affidato a un giocattolo che permette di tentare l'esperienza. Ma è una speranza sùbito delusa e l'orsacchiotto risponde a chi gli chiede se ha scoperto il mondo: •No... non precisamente... il fatto è che non mi è riuscito di trovarlo». E basta poi seguire la fuga di guerra (quella del 1914-18, avverte Anna) per capire quale volontà disillusa, quale sforzo di trovare parole «vere» ci sia in questa galleria di fiabe e di sogni. E' la storia di Cady, la Anna Frank prova più impegnativa per la piccola narratrice, della quale offriamo una scelta di pagine quale anticipazione di lettura, a gettar luce sul dinamico intreccio di sguardi e di parole nel cui centro Anna esiste e scrive. La •malattia» permette a Cady di maturare la separatezza e indolore. Ella disegna la sua verità, e la triste certezza che in ogni trasalimento prende corpo: «Una guerra dura sempre di più di quel che credono gli uomini». Cady ha un'amica ebrea, Mary, e la finzione letteraria permette ad Anna di descrivere la parte di sé esclusa, quella .Mary ch'era come lei stessa». D'improvviso il nodo tra l'esistenza e la scrittura si stringe. Oli occhi si dilatano su quadri cupi che nemme- no i tappeti colorati riescono più ad animare, guardano pieni di paura dalle fessure delle porte che continuano a sbattere, perdono la luce sotto 1 colpi che simboleggiano «la porta della vita che si chiude». La scrittura allora resta sospesa: «Cady non sapeva più che cosa dire o pensare. Per questa sciagura, che aveva cosi chiaramente dinanzi agli occhi non c'erano più parole». Anna in silenzio attende il 4 agosto, l'irruzione del nazisti, il viaggio lontano. Per lei, rinchiusa a Bergen Belsen, la guerra è troppo lunga, dura tre settimane di più della sua vita. E i suoi occhi troppo grandi, le sue parole •vere», il suo silenzio restano ad accusare il nazismo e la guerra. Giuliana Morandlni

Persone citate: Anna Frank, Cady, Kepler

Luoghi citati: Amsterdam, Bergen