I sudditi del doppiaggio di Masolino D'amico

I sudditi I sudditi del doppiaggio che noi italiani siamo un popolo di traduttori, è insoddisfacente; e il fatto che i nostri doppiatori siano i migliori del mondo, e che l'industria imperniata su di loro abbia ormai un fatturato tutt'altro che disprezzabile (si parla di 60 miliardi l'anno) serve solo a mostrare come elargendo qualche pellicola «anche» nella versione originale, i noleggiatori non corrono il rischio di viziare il grosso pubblico, ormai irreversibilmente allevato a pretendere il doppiaggio. Chiediamoci dunque chi educò la gente a accettare i film doppiati sempre e comunque, a differenza da quanto accade in qualsiasi altro Paese del mondo dotato di una propria cinematografia. La risposta è ovvia, anche se probabilmente ignota ai più: fu l'industria, l'industria americana, appoggiandosi ai noleggiatori di casa nostra. Si dice che l'importazione illimitata di film americani doppiati (quindi in grado di concorrere alla pari col prodotto nazionale, sul mercato interno) fosse addirittura una clausola del trattato di pace. Nel suo ottimo studio Storia economicopolitica del cinema italiano, 1945-1980, Lorenzo Quaglietti ha ricostruito tutte le tappe della resa a discrezione al cinema americano, a partire da un infausto decreto luogotenenziale del 1945 cui seguirono accordi con le potenti Majors, improntati a una sostanziale sudditanza: accordi rivisti più volte, e per la verità non senza prevedere dei risarcimenti ai produttori italiani per il mancato protezionismo. Come questi risarcimenti abbiano spesso avuto funzioni non previste, perfino di censura politica, è un altro discorso, cosi come è un altro discorso quello circa gli interessanti risultati ottenuti dagli italiani, sempre geniali e spregiudicati nell'arrangiarsi, grazie alla perfezione del doppiaggio (vedi quei divi italiani che adoperano voci altrui).'Il fatto è un altro: se per noi Gary Cooper ha sempre avuto la voce del bravo De Angelis («cose buone dal mondo»), la scelta non è stata nostra. Qualcuno ha deciso per noi: a Los Angeles. NON in locali d'essai, e nemmeno nel simpatico pidocchietto trasteverino da sempre funzionante per la colonia cosmopolita, bensì in saie di prima visione, normalmente adibite a programmazioni normali, è oggi possibile vedere, a Roma, ben due film hollywoodiani recenti e di successo, nella versione originale munita di sottotitoli: si tratta di Tootsie, in cui il tour eie force di Dustin Hoffman merita di essere goduto senza la mediazione del doppiaggio, e della Scelta di Sophie, altra maiuscola prova di recitazione, premiata come tutti sanno con l'Oscar. In entrambi i casi, il film è visibile, altrove, anche nella versione doppiata; e per la verità, l'offerta dell'originale serri- Meryl Srreep bra attribuibile alla stagione inoltrata, che sconsiglia il lancio di troppi film nuovi. Comunque, il discreto successo ottenuto dall'iniziativa, almeno nella capitale, la minore timidezza con cui la televisione si arrischia talvolta a proporre colonne originali con sottotitoli o interventi di speaker, e altri episodi, hanno rilanciato l'antica questione se sia meglio vedere i film doppiati o no; la «Repubblica» ha pubblicato lettere prò e contro. Ma nessuno, mi sembra, si è ancora domandato come mai film nella edizione originale, e sottotitolati, vengano offerti commercialmente solo oggi. Chiunque ha varcato la frontiera sa che tale è sempre stata la prassi praticamente dappertutto, a Londra e a Parigi come a Atene e New York. La risposta consueta, Masolino d'Amico

Persone citate: De Angelis, Dustin Hoffman, Gary Cooper, Lorenzo Quaglietti, Majors

Luoghi citati: Atene, Londra, Los Angeles, New York, Parigi, Roma