Tradurre e creare di Paolo Galimberti

Tradurre e creare Tradurre e creare MILANO — Nell'Aula Magna dell'Istituto Universitario di Lingue Moderne, giovedì 26 e venerdì 27 maggio si terrà un. Congresso Internazionale sul tema 'Traduzione e Creazione». Si discuterà del problema di tradurre i grandi classici, in versi, per il teatro e il cinema. Introduzione di Carlo Bo. Parteciperanno, tra gli altri, Claudio Corner, Pierre Brunel, Gian Franco Falena, Vittorio G. Amoretti, Eridano Bazzarelli, Giuseppe Bellini. UNO è il dirigente del pei, che, attraverso il diario del suoi viaggi all'estero in rappresentanza del partito, rivive gli anni cruciali del tormentato abbandono dell'ortodossia filosovietica, preludio in chiaroscuro dell'eurocomunismo e dello 'Strappo» berlinouerfano. L'altro è lo studente-operaio sessantottino, che, attraverso il romanzo-verità, scolpisce il personaggio di un militante di base, formatosi nel clima rovente e nell'ideologia sema sfumature della fabbricadei dopoguerra: ha creduto e crede nel pei e, soprattutto, nell'Urss, ma oggi si sente liquidare dagli stessi vertici del suo partito con un neologismo dispregiativo, »Kabulista». La svolta di Carlo Galluzzi, fiorentino, ex responsabile della sezione esteri del pei, e Kabulista di Antonello Nociti, milanese, operaio all'Innocenti, sindacalista e laureato in lettere, sono due libri molto diversi. Oltre che nel genere, nella genesi: uno nasce da una pacata meditazione, da una rivisitazione riflessiva di passate esperienze personali; l'altro da una rabbia, esplosa in rancore verso il partito irriconoscente, o traditore, che viene scaricata attraverso le riflessioni immaginarie dell'operaio 'Kabulista». Ma c'è, tra i due libri, una correlazione di fondo, che è poi l'interrogativo attorno al quale sembra ruotare oggi la crisi di identità del maggiore partito comunista dell'Occidente: perché la base continua a non digerire la »svolta» net confronti di Mosca, che il vertice sembra invece aver assorbitp (salve trascurabili eccezioni) come un processo fisiologico di maturazione? Leggendo il godibilissimo diario di Galluzzi, toscano pungente (Togliatti che legge le Confessioni di Sant'Agostino in viaggio verso Mosca, o Longo impacciato nel mondo diplomatico e confuso conferenziere a Varsavia: sono due tra i passi piii brillanti), si capisce che chi ha gestito direttamente o indirettamente la politica estera del pei ha maturato con naturalezza, ancorché attraverso momenti di autentica drammaticità, il distacco da Mosca. Per cut è pili giusto parlare di •svolta», anziché di »strappo». Intanto perché è stato un processo con molte incertezze, accelerazioni improvvise e frenate altrettanto brusche, che assomiglia molto più ad una curva ad ampio raggio, piuttosto che ad una subitanea sterzata: eppoi perché il trauma, implicito nel concetto di 'Strappo», non c'è stato e non ci sarà finché resteranno nei rapporti del pei verso l'Urss quelle che per il lettore agnoftico sono ancora grosse ambiguità: la natura della società sovietica; la rìdefìntzlone della politica estera dell'Urss Dal Kabulista di JVociti, invece, emerpe, sia pure nell'imprecisione del romanzo, l'altro dato dell'equazione. Come può il comunista diventato tale durante la seconda guerra mondiale, operaio con modesta istruzione e scarsa cultura politico-ideologica (ha letto Come fu temprato l'acciaio e,-se proprio si è spinto molto in là, anche I dieci giorni che sconvolsero il mondo;, che l'unico viaggio all'estero l'ha fatto proprio in Russia, dopo inauditi sforzi di risparmio; come può costui d'un colpo aggregarsi al coro, che «vorrebbe che si dicesse: tutto in merda, tutto In merda; scusate l'espressione»? Ma dal confronto tra i due libri viene proprio da chiedersi se in questa ignoranza il 'Compagno di base» non sia stato lasciato volutamente, magari confidando nella sua cieca fiducia nel vertice, come da educazione ricevuta secondo il rigido dogma del centralismo democratico. Cosi, per una ragione o per l'altra, al 'Compagno di base» • certe cose non si dicono, tantomeno si spiegano: si rivelano, e basta. Allora per Togliatti e colorò, come Galluzzi, che lo accompagnano a Mosca al XXII Congresso del pcus, la brutale rimozione della mummia di Stalin dal Mausoleo nella Piazza Rossa non è uno choc, bensì l'atto conclusivo di un processo. Ma per l'operaio della 'Galileo»? E cosi via negli anni, fino ali 'eurocomunismo e alla lite sulla Polonia. Forse proprio per questo dislivello tra vertice e base (tutta colpa del vertice) la •svolta» del pei non diventerà mai vero 'Strappo». Paolo Galimberti Carlo Galluzzi, «La svolta», Sperling & K„ pp. 263, L. 12.000. Antonello Nociti, «Kabulista», Rizzoli, pp. 168, L. 12.000.