Ateatro con Flaiano e una nipotina di Eco

Nel «clic» dì Diane l'orrore a New York Nel «clic» dì Diane l'orrore a New York A teatro con Flaiano e Una nìpotina dì Eco Diane Arbus: «Coppia di giovani newyorkesi» (1971) mono e solo, quasi sempre, di una normale coppia la domenica, o a spasso. Un orizzonte di solitudini, un villaggio di idioti, nature morte di individui, collettività di estranei, un paese di stranieri, uria stagione all'inferno. Ma questi nostri normali mostri quotidiani posano onestamente come fenomeni da ba¬ Polemiche a New York sul personaggio che ha ispirat raccone, recitano lealmente il proprio ruolo per una 'fotografa che non vuole, per sé e per loro, né commozione né stile. Registra con scrupolo, con occhio intelligente e imparziale ed è tutto. Diane Arbus lasciò, per comporre questo suo bellissimo libro, il successo di grande fotografa di moda. Scelse anche per sé una tragica vita (muore suicida) di scrittore americano classico: diviso sempre tra mito e realtà, redenzione e dannazione, predicazione ed obiettività, tra America e »tomba dell'Occidente». La macchina fotografica, la macchina per scrivere sono armi. E si avanza fino alla fine, •strisciando sul ventre, come i soldati nei film di guerra»: cosi lasciò scritto la Arbus. Dietro, incolumi, rimangono a riprodursi gli eterni mostri; delle cattedrali e della 100' Strada di New York. Claudio Savonuzzi «Diane Arbus». Idea Boofc, 184 pagine, 80 foto, 35.000 lire. LA prima volta die ci incontrammo, Ennio Flaiano disse della sua opera letteraria: «Io sono uno scrittore minore, di cui — equi fece una calcolatisstma pausa — non resterà nulla». Ora che ho riletto con calma, una ad una, le recensioni raccolte ne' Lo spettatore addormentato (settimo volume postumo delle sue opere, ad undici anni dalla morte) ho compreso quanto gli abbia nociuto, come critico teatrale, essere scambiato per uno scrittore, e, per di più, per uno scrittore satirico, capace di inventare deliziose boutades come quella appena ricorda ta. Flaiano, quello degli anni Sessanta pieni, quello dell'Europeo» di Fattori (il cui lavoro è esemplificato nella seconda parte del volume, dopo una scelta di recensioni 1939-42) fu, invece, un critico nel senso pieno del termine, e di eccellente livello. Bravissimo nel sintetizzare la fisionomia di, un autore (il teatro di Dario Fo come «un tentativo di fare più cose in una volta»), aveva l'occhiata lunga e fonda anche sui registi (la drammaturgia di Strehler come «didattico-cérimonlale», ma «di rito ambrosiano»;.- e degli attori enucleava in una fòrmula la tipologia (la «malinconica bravura» di Randone, i «mezzi toni» di «simpatia» di Valli, per citare due attori di cui si è riparlato in questi giorni). Ma poi intuiva, ad esempio, che un critico non può limitarsi ad assistere al teatro di casa sua, e se ne volava al Martin Beck theatre di New York per vedere, prima degli altri, il Marat-Sade di WeissBrook. E capiva, al tempo stesso, che non c'è un teatro ..alto» ed uno «basso», uno «di tradizione» ed uno •d'avanguardia», c'è soltanto buono e cattivo teatro: e il buon teatro può essere quello, «dal piglio implacabile», dal «ritorno intelligente al gusto del caratteri, all'imbroglio possibile», di Garinei e Glovannini: o, su tutt'altro versante, quello del «personale, irritante, pigro sbadato, acuto, iconoclasta» Carmelo Bene, la cui grandezza sta nel mettere «nel suo amore per il teatro una notevole mancanza di raziocinio» (siamo nel '64, e i colleghi non perdoneranno mai a Flaiano di aver compreso Bene dieci anni prima di loro). Sempre allo stesso modo, innocente e casuale, candido e svagato, Flaiano scrive anche di tutti quei temi che per tengono al critico teatrale, ma che costui evita, inorridito, come avvilenti o trascura per inettitudine o per pigrizia: recensire una collana di teatro (i sessanta, allora, volumi della einaudiana, con la «sua visione di teatro formativo, municipale, stabile», ■chs è una definizione folgorante), la traduzione di un classico (il tutto Shake¬ speare di Gabriele Baldini, «dalla maestosa ironica disinvoltura», la raccolta di cronache teatrali di un eminente collega (Silvio d'Amico, un «cronista» che sapeva «distinguere, dissentire, prevedere»/ Insomma, era Flaiano un gran professionista: se un limite aveva, e torno a bomba, era quello d'essere un infaticabile coniatore di paradossi, come ogni vero moralista: «L'accusa di scarsa lealtà fatta da Luchino Visconti ai critici... di addormentarsi durante gli spettacoli mi ha talmente scosso che non sono riuscito a chiudere occhio durante tutta La Monaca di Monza...». SI dice delle conquiste del femminismo: eppure Ritti Cirio è la sola critica teatrale •titolare» d'Italia (scrive, come sapete, sull'^Espresso»), Come formazione è una nipotino del professor Eco, da cui ha ereditato il coté goliardico (e non quello, assai più uggioso, didattico-scientifico) e, come area d'interessi, quella sociologica, non quella, teterrima anche nel Maestro, semlologica. Serata d'onore è, appunto, un bel esempio di sociologia della scena italiana, dal 1975 ad oggi (attraverso un centinaio di recensioni, divise in quattordici sezioni) intinta spesso in quellironia giovanilisti-, ca, simpatica perché innocua quanto più si propone graffiante, tipica dell'ex-studente universitario che rimpiange, dopo la laurea, la sua vecchia facoltà (metà del Nome della rosa è decodificabile in questa chiave). A molti suoi colleglli questa Ironia della Cirio non piace perché sembra poco •professionale» : a me pare, invece, il tipo d'approccio giusto per esprimere un'idea di teatro di tendenza senza impantanarsi ■nel limo della seriosità (il manicheismo risentito del critico d'avanguardia è mortale). Perché, sotto sotto, la Cirio è una puntigliosa critica di tendenza, simpatizza per Carmelo e sfotte Strehler, adora la Bausch e detesta la Folk, e se è disposta acchiudere mezzo occhio per un Ronconi mediocre, a Squamino non ne lascia passare una. I pezzi più belli sono quelli sul kitsch 'teatrale: sui Legnanesi, la Osiris, la D'Origlia-Palmi, Lindsay Kemp. I titoli son. tutti stupendi, da cucina atre stelle, come quella radical-chtc di via Po a Roma. o anche un film

Luoghi citati: America, Italia, Monza, New York, Roma