Lucio Dalla rimane in bilico fra passato e presente

«1983», l'ultimo Lp del miglior cantautore italiano «1983», l'ultimo Lp del miglior cantautore italiano Lucio Dalla rimane in bilico fra passato e presente j T A canzone è l'oro\\ I j logia del tempi»: cosi Lucio Dalla intitolava un suo intervento in un'antologia della Savelli (Il sogno degli Anni 60). E il filo conduttore della sua Intera produzione è' proprio questo: il tèmpo. Basti ricordare 4' marzo 1993,1999, L'anno che verrà e ora questo nuovo album; 1983. La canzóne come «misura., dei tempi. Niente a che vedere con Rock' round the clock: nel brano-manifesto del rock'n'roll infatti, la canzone è il tempo, un tempodanza, un tempo-ripetizione che corrisponde (e si oppone) al tempo-lavoro e alla frenetica ripetizione dello stesso gesto come misura della produttività. Nella musica di Dalla in¬ DOTATO d'una capacità digestiva che batte da lontano anche le virtù degli struzzi, il rock è ormai sempre più un contenitore dove trova posto ogni forma musicale. Le invenzioni sofisticate di Brian Eno. o dello stesso Philip Glass. sgomitano la furia metallaro dei Saxon e la fissità elettronica .dei Depeche Mode: in una.sorta di azzeramento rivoluzionarlo, che elimina classi graduatorie e privilegi, una musica vale l'altra. La . perfezione del prodotto industriale si esalta .dentro vece, «il tempo» è qualcosa che sta «fuori» della canzone, è 11 tempo della storia (o meglio della cronaca e delle vite personali), ohe la ; canzone si limita a «rlflèt- ' tere». Ecco perché Dalla è stato (a dispetto della statura) il punto più alto.raggiunto dalla «Canzone d'Autore Italiana»: la canzone accetta una condizione di dipendenza dai tempi, cèrea nello «stato dèlie cose» la linfa cui ispirarsi e nello «stato del suoni e dei linguaggi quotidiani» la chiave espressiva. Ma se questo riferirsi a qualcos'altro da sé è il punto di forza della canzone d'autore, è anche il suo punto di maggiore debolezza rispetto al Rock o alla Disco: quando i tempi, sono tristi, chiusi, avari. approssimativi ed evasivi, la canzone ne assume tutta la confusione e la dispersività; non trova la forza di aderire e contrapporsi alla realtà con un linguaggio autonomo, con la forza della sua Sintesi La canzone si adagia e diventa qualcosa di diverso che non si capisce bene cosa sia: confessione, abbandono, attesa di tutto, e di nulla... All'ascolto dell'album di Dalla viene in mente l'immagine classica del compositore in certi film Anni, 40-50: l'uomo butta giù appunti, riflessioni casuali e confuse, cose pregevoli ■ e banalità sfuggite di penna... sta seduto al piano e prova a cantare quello che ha scritto e'inseguc temi musicali, cita, mette in fila inizi e possibili sviluppi che non chiudono ma si travasano uno nell'altro sfuggendo al tempo-misura nell'abbandono al temporeale: flusso continuo che spesso sfiora 11 vaniloquio e il puro. fonema o ripete troppo spesso cose già dette. Solo che hi quei film poi il - compositore prende quello che ha buttato giù e ci rilavora, taglia le parole inutili, equilibra i passaggi musicali preferendo sacrificare piuttosto che sprecare temi magari belli ma non suscettibili di sviluppo in qnella canzone. . Invece Dalla, che è sempre stato un .maèstro di questo lavoro, in quest'ultimo album inspiegabilmente vi rinuncia e troppe volte il canto diventa una litania di- parole dette « stradette, e la musica una continua dimostrazione di virtuosismo creativo che non dà fondo a nessuna emozione. i I brani: 1983, il più bello. Un brano lungo, estenuato, tra 11 presente e la memoria, con angosce di noia, di' silenzio, di paura e di morte: un brano'dove si affacciano almeno tre canzoni diverse; tutte accennate e tutte lasciate 11 in' attesa. Pecorella, una canzone del filone mieloso, un po' Stucchevole, dal testo disordinato con frasi tipo: «il mare vistò dall'alto è un piatto sembra un biliardo». L'altra parte del mondò, canzone collettiva che segue brandelli di vite e di. storie v qualunque forse troppo qualunque, e molto sforzo di far poesia a'tu iti i costi con. parole-parole-parole. Tre brani ed è finita la prima facciata. Sulla seconda altri due che aggiùngono poco e confermano un'ispirazione molto poco sintetica, lasciata andare a se stessa e sempre più verbosa più si procede (Noi come voi; Camion). Segue un brano di puri vo. callzzl «alla Dalla» che vorrebbe essere Ironico ed è francamente solo un episodio da dimenticare (Stronzo). Infine una bella canzone (Solo) che chiude •e fa da epigrafe all'intéro lavoro; riuscendo in qualche modo à definirlo: «Tra una verità che non si dice e una bugia detta male, qua comunque qualcosa non funziona, bisognerebbe controllare». Gianfranco Manfredi1 Lucio Dàlia: «1983», Rea. ■'Yrì ■- 'ni- i. che merita segnalare sopra .tutLi, .proprio per que-j sta loro capacità d'essere rappresentativi in modo compiuto1 della natura onnivora del rock': 11 primo, di Townshend. è un doppio album di provini dove, nel corsa degli anni ha • finito per essere archivlato<e<catalogato tutto l'itinerario musicale del nostro tempo recente; .11 secondo, di' George Duke, è una vetrina illuminata dove archi e. tastiere—cioè la musica di ieri e quella di oggi—infilano avventure che espongono il gusto della trasgressione', abbattono le frontiere del rock. „ Petè . Townshend: «Scoop», Ateo; George Duke: «Guardian of the tight», Epic; Ph.D.: «Is it. sale?.» Weà; Christopher Cross: «Another- page», WB| Barry Manlio*: «I wanna do it», Arista; Randy Newmann: «Trouble in paradise»; Vk.