Revel e i baffi della democrazia
Parliamone Parliamone Revel e i baffi della democrazia PIÙ' di un quarto di secolo fa, Jean-Francois Revel ci raccontò che nella Toscana di Piero della Francesca, che nell'Italia stcndhaliana di Fabrizio e della Sansevcrina, appena' idealizzata, ancora una volta, da Jean Giono, le donne avevano i baffi e i peli sulle gambe. Il nostro ministero degli Esteri s'indignò con chi aveva concesso una borsa di studio a quel francese impertinente che col pretesto di voler imparare la lingua di Dante aveva scritto quello scandaloso «pamphlet» (Pour PItalie). Ci fa probabilmente un'inchiesta sulle rive dell'Arno, dove Revel ave^ va soggiornato: e dal silenzio* che ne segui si deve . supporre che la commissio-. 1 ne inquirente, partita dalle rive del Tevere, abbia scoperto, allora, che in effetti la'peluria femminile nazionale era abbondante. Le donne non si depilavano ancora. Insomma, il francese era stato un maleducato, ma aveva ragione. Poi l'irritante Revel è passato ad altre più importanti provocazioni. Faccio un gran salto e arrivo alla meta degli Anni Settanta, quando usci La tentazione totalitaria, un altro «pamphlet», non sui baffi dei dittatori, ma sull'autoritarismo (semplifico molto) che sarebbe naturalmente annidato nell'ideologia socialista. L'indignazione fa grande sulle rive della Senna, dove l'unione della sinistra aveva cominciato, tra All'interno Incontro con Scarry, il mago delle parole Settanta milioni di copie vendute (i (pagina 3) : La foce dell'Africa nelle magie di Amos Tutuola (pagina 4) Gli italiani in scena, un popolo di declamatori Uno scritto di Bernard Dort (pagine 4-5) Da Flaubert a Ruzzati l'ispirazione viene dalla pipa i pp(pagina 5) abbracci e divorzi, la fatico^ sa-marcia verso il. potere. Revel fa accusato di sabotaggio. E il suo manicheisi-. mo irritò I anche molti di noi cisalpini. A poco più di un lustro di distanza ecco che Revel ci annuncia, in Come le democrazie finiscono, l'ineluttabile agonia della libertà. Semplifico molto, ancora una volta, ma la sua tesi è che In democrazia potrebbe rivelarsi un'effimera parcn- Warhol: «Gioconde», pati., tesi della storia. Sarebbe come un leggiadro rossore affiorato due secoli fa sull'epidermide occidentale del continente' asiatico, destinato a scomparire entro breve tempo. Ripiegate su se stesse, soprattutto preoccupate della felicità dei loro cittadini, le democrazie trascurano la sicurezza. Sono minate all'interno dal diritto al dissenso, al disaccordo, strumentalizzato dagli avversari esterni. Vedi i mo¬ I rischi d vimenti pacifisti. Mentre il totalitarismo (comunista), con i suoi meccanismi rudimentali e infallibili, liquida facilmente le insidie interne e si rivolge minaccioso verso l'esterno per -una spinta naturale, frustrato com'è dall'incapacità di creare entro i suoi confini una società funzionante. Si potrebbe obiettare a Revel che senza le sue contraddizioni c i suoi dissensi le democrazie non sarebbero democrazie. E ancora: che le democrazie per restare tali devono correre dei rischi: i pericoli della libertà. Le medicine maccartiste non sono medicine corroboranti. Del resto lo stesso Revel, con grande abilità, descrive la1 natura -congenita delle debolezze democratiche. Ma l'aspetto più interessante è che Revel, con i suoi «pamphlets», funziona da termometro. Quel che soltanto sette anni fa avrebbe suscitato indignazione, condanne, scomuniche, oggi viene accettato facilmente. Ieri la tesi della tentazione totalitaria veniva respinta, oggi la tesi della minaccia totalitaria è spesso condivisa, magari discussa, raramente condannata. Revel ci dice con maleducazione e intelligenza che le nostre donne hanno i peli sulle gambe, ci arrabbiamo e poi scopriamo che ce l'hanno sul serio^ Sgradevole, provocatore, quel francese che ci ri■ corda puntualmente Tane della depilazione. Bd Vlli Bernardo Vnlli el libro programmato
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