Ma il terrorismo è morto davvero?

Ma il terrorismo è morto davvero? Ma il terrorismo è morto davvero? Rognoni: «La partita non è chiusa» jj^cg^ Nostra intervista con il ministro dell'Interno dopo i nuovi attentati - «Sono certo del fallimento politico del progetto eversivo: lo riconoscono gli stessi terroristi» - «Ma esistono ancora latitanti pericolosi» «Sono contrario a qualsiasi forma di amnistia» -1 maggiori risultati ottenuti - Sicurezza per le elezioni ROMA — «Rlèccócih. mormorava la gente assiepala alle transenne che isolavano, martedì sera, l'ufficio postale romano dove un giovane terrorista si era asserragliato con due ostaggi. Pochi giorni prima, c'era stato l'attentalo a Gino Giugni: ora questo clamoroso tentativo di rapina. Ma non si era detto che il terrorismo e ormai sconfitto? Questa ed altre domande, abbiamo posto al ministro degli Interni. Virginio Rognoni, 'fra tulli i suoi colleghi, e Torse il ministro che continua a lavorare di più. nonostante il Parlamento sia sciolto e il governo sia in carica solo per gli affari correnti. Ma tra gli «affari correnti», ci sono anche le elezioni, e al vertice della macchina elettorale c'è il ministro degli Interni. Cosi Rognoni, in pratica non abbandona mai il Viminale. E quando lo fa. per dove- Roma. 3 maggio. Il ministro dell'Interno Rognoni, subito dopo l'attentato al prof. Giugni re d'ufficio o per tornare a casa, rimane in contatto continuo con il ministero. Rognoni appara calmo e sicuro. Risponde meditando attentamente le parole. Dunque, signor ministro, il terrorismo non è sconfino? «Ho sempre sostenuto che contro il terrorismo la punita noti è cliiusa. Ho sempre (immollilo a non ritenere la violenza eversiva definitivamente debellata, a non abbassare la guardia, a non allentare la vigilanza, lo sono certo del fallimento po litica del progetto eversivo, un progetto senza speranza e senza futuro; lo riconoscono gli stessi terroristi che vengono processa ti. e che si dissociano dalla lotta armata. Del resto, i risultati sono sotto gli occhi di tutti, e tulli ce li riconoscono, nel mondo*. Ma non è il caso di cantar vittoria? « Vi sono ancora latitanti pericolosi, e c'è ancora la possibilità che si producano nuove leve. Quanti sono? «Una quarantina ~r dicòno alla Dlgos di Roma — quasi tutti sconosciuti, senza precedentl-I] numero è scaturito dall'analisi dei documenti rinvenuti dopo l'arresto di Luigi Novelli e Marina Petrella. presi a Roma il 7 dicembre dell'81. I «resti» del terrorismo, nella capitale", ammontavano allora .à 47 elementi. Quattro li hanno catturati alla fine di aprile: Carfora. Troiani, Rossella Riccione e Claudio Mai cucci. Tre sono finiti in carcere dopo la fallita rapina di martedì: Francesco Donati, Carlo Garavaglia e Barbara Fabri/.i. Facevano parte tutti dello stesso gruppo? Difficile dirlo. La -mappa» del terrorismo, ormai, è talmente labile e frammentata da dare adito a tutte le Ipotesi. Riceioni. Marciteci. Troiani e Carfora.. ad esempio. Occorre, dimane, spezzare la spirale del reclutamento, ed impegnare non solo la vigilanza, ma anche l'attenzione e la preoccupazione delle forze politiche e di tutta la società affinché le motivazioni al terrorismo non riprendano e non avvelenino altra gente, altri giovani». • Ministro Rognoni, crede ci sia un collegamento tra questi ultimi episodi e la campagna elettorale? cCerto. I momenti di maggiore tensione politica, di più acuta divaricazione tra i partiti, come di fallo sono sempre le campagne elettorali, sono i più favorevoli ai tentativi del terrorismo di inquinare la convivenza sociale e civile del Paese. Non dimentichiamo che una delle ragioni più imporanti dei risultati ottenuti contro il terrorismo, è stata, appunto, la solidarietà di mite le forze politiche: (piando questa solidarietà ha subito incertezze o incrinature, allora anche i risultali sono siati più scarsi. Per questo, il terrorismo ha sempre cercalo, nella sua strategia, di creare fratture, di rompere la compattezza di una determinazione e di un impegno comune». L'attentalo a Giugni e la rapina postale di Roma; sono i colpi di coda di un terrorismo ormai battuto, o i primi sintomi di crescita di una nuova leva del terrorismo? «Sono, tutte e due, interpretazioni possibili. Il ferimento del professor Giugni potrebbe indicare una linea di continuila nella strategia delle Br di caricare Il "sociale", mentre la fallila rapina di giorni fa, con l'arresto di due terroristi e la costituzióne dèlia Bàrbara Fabrizi.rivelu una condizione di sbandamento che noiie sólo organizza: tivo: una condizione senza via d'uscita, senza retroterra. Si. traila di fatti, comunque, che impongono attenzione e vigilanza. Le forze di polizia, la settimana scorsa a Roma, hanno dimostrato grande efficienza, sia nell'affrontare l'emergenza, sia nel capillare controllo del territorio urbano: questo è molto importante». Una domanda inquietante, che ormai si pongono in molti: il terrorismo strisciante sta diventando un fenomeno endemico per la nostra società, qualcosa che non si riuscirà mai a sanare completamente? (No: il terrorismo non può diventare un fenomeno endemico per la nostra società. Nessuna "rassegnazione" è tollerabile, nessuna "convivenza" deve essere ammessa. L'impegno delle forze del'ordine, la stessa solidarietà delle forze politiche e dell'intera società, sono stati, in questi tremendi "anni di piombo", una conferma del dovere di non concedere spazio alcuno alla violenza eversiva». Impegno e solidarietà di forze politiche e sociali, saranno sufficienti? «Dobbiamo anche estirpare dalla nostra convivenza la "cultura" della violenza e della distruzione. E non potremo sentirci tranquilli fino a che non avremo ottenuto il serio ripristino di quella pratica politica e di quei valori di democrazia, di giustizia, di pace, di partecipazione, ai quali dobbiamo affidare una robusta risposta non solo alle richieste, di una società esigente. Chi sono, dove ma soprattutto alle attese ed alle speranze delle nuove generazioni». La legge sui pentiti e la riorganizzazione delle forze di polizia hanno dato grandi risultati alla lotta contro il terrorismo. Ma non crede che ora siano urgenti altre decisioni politiche? Da più parti, ad esempio, si propone un'amnistia. Da altre, un maggior riguardo per la dissociazione. «Non credo di dover nascondere la mia contrarietà a qualsiasi forma di amnistia, e a qualsiasi possibilità di clemenza generalizzata: ritengo che non vi siano motivazioni sufficienti per provvedimenti del genere. Del resto, non esiste finora alcuna iniziativa governativa al riguardo. Altro discorso potrebbe essere quello di una nuora disciplina del fenomeno della dissociazione, che. in ogni caso, dovrebbe riguardare soliamo gli autori di reati di modeste entità, reali associativi, con esclusione ovviamente dei delitti di saligno. E la soluzione politica del problema terrorismo, su quale strategia deve poggiare? «Per la strategia politica globuie, che riteniamo debba essere (^fondamento della lotta contro l'eversione, è evidente che occorre ricorrere ad impegni diversi e molteplici, che intersecano l'attivila delle forze politiche, l'efficienza e la correttezza della rita pubblica; il modo di stare nelle istituzioni; il respiro di una democrazia aperta e capace di raccogliere ogni voce, ogni espressione politica, ideale e culturale; la tenuta o la sfida della operosa e pacifica convivenza -degli italiani contro ogni violenza». Elezioni, episodi di terrorismo, e da alcune parti politiche si avverte il pericolo di involuzioni autoritarie. Lei teme per l'ordine pubblico? «L'impegno del governo, del ministero dell'Interno, e delle forze dell'ordine per garantire condizioni di tranquillità e sicurezza allo svolgimento della campagna elettorale ed ull'eser tizio del diritto di voto, è rilevante. Le elezioni rappresentano uno dei momenti più significativi della vita collettiva, una delle espressioni più intense di partecipazione, di adesione a quelle regole del libero consenso che sono le regole irrinunciabili della democrazia. Ebbene: tutto l'apparato che sovrintende alla tutela dell'ordine pubblico sarà mobilitalo per assicurare un corretto, libero', sereno adempimento dei diritti e dei doveri elettorali». .11 ministro Rognoni dunque, non dubita della solidità della nostra democrazia. «La nostra democrazia ha radici oramai tanto profonde, da non poter dubitare che gli elettori offrano una nuova testimonianza di maturità civile: ma è certo che a riconfermare l'immagine di un Paese che vuole vivere e lavorare in libertà e in pace, mollo contribuiranno le forze politiche e la serietà con U. quale affronteranno i lenii della] campagna elettorale». ii P [ a le. Gianni Pennacchi [ Quello che aveva capito Carlo Alberto Dalla Chiesa assassinato con la moglie Emanuela in una via di Palermo. Furono in molti la sera del 3 settembre 1982 e l'indomani a concludere che lo Stato era definitivamente sconfitto. Non era cosi. Un'altra battaglia era certo perduta; ma lo Stato avrebbe retto. Proprio perché per la sua salvezza s'erano battuti — non da un giorno, ma da decenni — uomini come il solido «carabiniere-prefetto- che. contro la mafia, i terroristi, i folli, per scorta usava solo la sua forte coscienza di cittadino. Pochi mesi prima del mortale allentato i servisi di sicurezza italiani avevano ottenuto il plauso da tutto il mondo civile per la liberazione del generale americano Dozier dalle grinfie dei terroristi. I tentativi di sminuire quell'impresa con insinuazioni e recriminazioni non cancellano il merito di un'azione che ha dimostrato un fatto al quale forse troppi non erano abituati: lo Stato non è più disposto a mollare: non per virtù di questo o quell'«eroe-, ma per la coesione di milioni di cittadini, La determinazione e l'effl- clenza di quell'operazione non to il prefetto assassinato nascevano Infatti dal nulla. Alle spalle c'era il clima impresso giorno per giorno dagli uomini che avevano avuto una parte di primo piano nella lotta contro il terrorismo. Fra questi proprio il generale Dalla Chiesa ebbe a lungo una funzione di primo piano. L'antico subalpino aveva indagato a fondo ogni terra d'Italia, confrontando per molti lustri situazioni, costumi, caratteri: dalla Sicilia, ancora alle prese con un banditismo qui e là impregnato da idealità separatistiche, alle forme più agguerrite di criminalità affaristica. Per Dalla Chiesa il problema della sicurezza non poteva perciò essere risolto in termini di semplice lotta ai sbanditi*. V'erano da raggiungere due altri obiettivi, più ampi, generali, decisivi. Anzitutto la cura dei .suoi* uomini. Devoto al culto delVArma dei Carabinieri. Dalla Chiesa aveva per i «soldati» la cura elle i condottieri dell'antichità classica nutrivano per i reparti che li accompagnavano in imprese ritenute impossibili. Pagava di persona, perclié solo a quel modo il «comandante- è sentito per tale da chi lo segue. Genova, gennaio 1980.11 generalFerrini si stringono la mano ai In secondo luogo, Dalla Chiesa comprese che la controffensiva a difesa dello Stato sarebbe riuscita vittoriosa solo se fosse riuscita a riscuotere il pieno consenso del Paese. A tal fine le forze dell'ordine dovevano selezionare i propri uomini e meritarsi in ogni istante la stima dei cittadini per ottenere quella fiducia attiva che si traduce in spontanea colla borazione. Il nodo vero della crisi del- ale Dalla funerali l'Italia contemporanea al generale del carabinieri Dalla Chiesa si presentò infine come problema politico e, ancor più, istituzionale: cioè di definizione dei poteri di cui l'esecutivo deve far uso per sconfiggere i nemici della sicurezza interna, palesemente collegati con interessi stranieri. Su questa via egli cadde. Lo Stato però ha ratto e regge. Perché Dalla Chiesa — e altri con lui — ebbero il coraggio di agire, parlare, firmarsi quando i più temevano e si defilavano, sotto l'Incubo delle prime offensive terroristiche. Il delitto Moro rese poi necessaria l'istituzione di uno speciale comando, che — non si dimentichi — Dalla Chiesa resse con tale dedizione ed efficacia da fugare la tentazione di ricorrere, extrema ratio, a leggi speciali. Perciò è corretto affermare die la democrazia italiana rimane oggi al di sopra di qualsiasi minaccia: ma ciò è dovuto al fatto che, sia pure in misura difforme, l'immagine di quel «prefetto-carabiniere-, riverso sul corpo della sposa, è presente nell'opera quotidiana di tanti cittadini, celebri od oscuri, ma quanti bastano a/ar diga confro qualsiasi avventura, a. a. m. . PROROGA RMINI Chiesa e il dei carabi presidente nieri uccisi

Luoghi citati: Genova, Italia, Roma, Sicilia