Etna: l'artiglieria aprirà un altro varco?

Il magma scorre tròppo lento e il canale artificiale si restringe, necessari nuovi interventi Il magma scorre tròppo lento e il canale artificiale si restringe, necessari nuovi interventi Etna: l'artiglieria aprirà un altro varco? I pacifisti all'Est soltanto tollerati Un ventaglio dì soluzioni: ancora esplosivi, mezzi meccanici, «raffreddamento» con acqua, diga di massi - Fortuna contrario al «bombardamento» Etna. Così app CATANIA — E" necessario demolire lo zoccolo, risparmiato dall'esplosione alla base della breccia aperta sul canale lavico a ridosso della bocca eruttiva, per deviare il flusso diretto verso le pendici dell'Etna. Il nuovo intervento dovrà completare il primo compiuto sul vulcano, ma anche impedire il ripetersi di nuove sbavature, come quella avvenuta sabato notte e minacciosamente orientata sul rifugio Sapienza e la stazione di partenza della funivia. La sbavatura, ad Est del braccio lavico principale, all'alba occupa per una lunghezza di venti metri, la metà esatta della strada in terra battuta che dal rifugio conduce al cratere principale; un percorso vitale per raggiungere agevolmente il teatro dell'eruzione 1SMàa ricorrere" dlió -scori" nesso sentiero che parte dajV l'aTOér'go deirEtriar'yui'-vjeirsante occidentale del vulcano. -Abbiamo già disposto e sono in corso — dice il prof. Franco Barberi, presidente della Commissione grandi rischi — movimenti di materiali Inerti per arginare questa sbavatura, che fortunatamente ha perduto vigore quando è arrivata a 150 metri di distanza dalla stazione della funivia. Riteniamo che questo movimento sta stato determinato dalla parziale ostruzione .del canale naturale di deflusso». Nel canale artificiale la lava si muove pigramente, a velocità ridotta rispetto al vertiginoso fluire del canale naturale. Ma il varco si è ristretto: un metro e mezzo rispetto ai quindici metri dell'intera breccia aperta nella notte tra venerdì e sabato. Stiamo valutando — dice Barberi — come demolire lo zoccolo ed abbiamo davanti varie soluzioni alternative: ti tagliò di Un altro tratto della parete del condotto lavico, a monte di quella demolita, facendo uso di esplosivi; ovvero sostituzione dell'esplosivo con un pendolo di acciaio; raffreddamento con getti di acqua dalla parete opposta a quella demolita, con un prevedibile restringimento del canale, l'innalzaménto conseguente al livello della lava e il trabocco successivo sul canale artificiale*. «C'è ancora un'altra ipotesi die stiamo valutando — aggiunge il prof. Villari—e prevede l'infusione di robuste sbarre di ferro incrociate subito, a valle della breccia. Quindi il lancio di massi di grandi dimensioni a monte delle sbarre. Nascerebbe una diga e sarebbe sufficiente che resistesse solo pochi minuti per determinare un trabocco sul canale artificiale. Lo scorrere della lava in questa nuova direzione provocherebbe la rastremazione dello zoccolo'. «Ciò che non possiamo rischiare — osserva Barbieri — è uji intervento che possa ostruire a valle, con dettiti, il canale lavico naturale: a qualunque quota avvenisse il blocco determinerebbe automaticamente digitazioni e sbavature con direzioni imprevedibili che dobbiamo dunque evitare*. Tra le Ipotesi di intervento, sostengono concordemente tanto Barberi' quanto Villari. c'è anche quella di bombardare da disianza ravvicinata, con obici, lo zoccolo: «Non riusciamo^ a comprendere perette i rappresentanti delle forze armate, pur presentì, nella commissione grandi rischi, abbiano escluso questa possibilità che, sia pure a livello di ipotesi, dovrebbe essere atten¬ V ppariva sabato a mezzogiorno il nuotamente considerata*, aggiungono i due professori. Prima di rientrare a Roma il ministro della Protezione civile, Loris Fortuna, ha però precisato che .esclude in questa fase un nuovo ricorso agli esplosivi; si cercherà con ogni mezzo meccanico disponibile di resecare lo zoccolo*. L'in¬ vo alveo artificiale della lava creattervento dei mezzi meccanici (pendoli d'acciaio, ruspe, escavatori a lama e a chiodo) presenta tuttavia non poche difficoltà, anche se lo zoccolo da demolire è friabile e di dimensioni molto ridotte. « Bisogna considerare — osserva il prof. Amedeo Sbacchi direttore dei iavori — due ele¬ o con l'esplosione di 37 candelottimenti: quello umano e l'altro tecnico. Ipotesi e teorie hanno tutte una loro dignità, ma non dimentichiamo che poi dobbiamo trovare tecnici disposti ad operare sulle macchine per aprire una breccia dalla quale fluirà un getto di lava rovente. Ammesso che si trovi, abbiamo sempre il dovere di tu- ti di dinamite \ telare la loro incolumità. C'è poi da tenere conto delle conseguènze di un forte irraggiamento di calore sulle macelli'ne: può andare fuori uso qualche tubo di gomma. Se decideremo di intervenire dovremo sempre avere a disposizione un secóndo mezzo capace di rimuovere quello che opera*. Resta da fare un'operazione d'ingegneria, sottolinea il direttore del cantiere, ed è dunque opportuno «die venga condotta dagli ingegneri* con tutte le indicazioni utili fornite dai vulcanologi. Sbacchi non è convinto delle possibilità di creare uno sbarramento del -flusso lavico con travi di ferro e massi: «Bisogno fare i conti con la forza viva della lava; i materiali di sbarramento devono presentare una ìdensttàmperiorea27 Utié piedi,-non so c^sWàndreb^ %e bène'. Il piombo ad'ésem' pie... ma fonderebbe subito* Tocca al comitato tecnicoscientifico decidere il tipo di intervento dopo aver analizzato tutte le ipotesi tecniche che verranno prospettate. E' scontato, tuttavia, che si cercherà di allargare la breccia attraverso la quale ormai soltanto un sette-otto per cento della lava emessa trabocca nell'alveo del canale artificiale. L'operazione è urgente. tanza di 20 mila La riunione sul d Mosca vuole un movimen fossero ballerine della "Scala"*) si rischiava la pelle. Il versiliese Franco Barberi che in più settimane di Sicilia ha smarrito con la voce l'accento di Carducci, si è trovato veramente addosso (a differenza di un novelliere che ama la metafora) una stilla di lava, sufficiente comunque a spedirlo al Creatore. Ha evitato il peggio rotolandosi per terra. La vita in pericolo, come la sua, era comunque quella di tutti, in un cantiere dove la morte forse non era nel tubetti di esplosivo maneggiato da esperte mani, ma la montagna che sputava rabbia proprio dove, pochi uomini in divise Impolverate da operai (tanto diverse dalle mimetiche degli inviati speciali: le più eleganti anche firmate), rispondevano con intelligenza alla forza della natura. Tanta acqua portata con le autobotti della Forestale e dei vigili del fuoco, dove solo i fuoristrada si arrampicano L'acqua ogni volta faceva il miracolo: raffreddava la lava proprio sulle teste di chi andava piazzando, tre metri più sotto, i tubi per le cariche. Lisciava, tastava quasi il polso al gigante con i suoi 1100 gradi di fuoco appena tre metri più dentro. «Ci lavoravano sopra con le pompe e con le ruspe. Per noi che eravamo sotto, era la sicurezza!*; dice Luigi Lino, responsabile per la Sicilia Orientale del WWF, uno degli ultimi ad abbandonare il cantiere prima dell'esplosione. Quella sicurezza la davano 1 vigili del fuoco e uomini come Ferdinando Pulci, giovane ruspista dal viso di ragazzo. «La lava cadeva giù e la ri' buttavo indietro ancora incandescente. Un caldo infernale. Ho dovuto anche cambiare il mezzo: stava divenendo incandescente. Dentro la cabina si bruciava*. Ferdinando, di Sommatine è giunto qui con 24 compagni di un'impresa di Ravanusa (Agrigento), con le ruspe si era fatto ^.o^s^^rp^,^ pp il terremoto. «Ma qui la paura erq^un'ctifya^.lNÒii Al crollo di uri cornicióne, ma la lava che poteva arrivarmi addosso, lavoravo con un occhio in basso e uno sopra, ma anche se mi fossi accorto del pericolo che c'era da fare? Buttarsi dalla cabina? E dove? In mezzo al fuoco?* E' anche grazie a Ferdinando e agli altri ventiquattro che quel 10 per cento di lava pigra nel canale artificiale fa parlare di «successo». Crisostomo Lo Presti Petra Kelly, deputato al Parlamento della Germania Occidentale, durante la manifestazione pacifista sulla Alexanderplatz di Berlino Est. Un poliziotto comunista (a destra) le strappò il drappo di protesta e poco dopo Petra Kelly fu espulsa. Con sempre maggiore chiarezza appare difficile, se non impossibile, costruire in Europa un reale movimento per la pace, tale cioè da coinvolgere su un piano di parità e reciprocità i Paesi dell'Est e dell'Ovest: lo hanno dovuto constatare I rappresentanti dei diversi gruppi e movimenti pacifisti dell'Europa Occidentale, del Giappone e degli Usa, riuniti la settimana scorsa al Congress Centrum di Berlino Ovest, per discutere I temi del disarmo nucleare in Europa. Oltre all'episodio del fermo e dell'espulsione da Berlino Est di due organizzatori del convegno, I leaders dei «verdi» tedesco-occidentali Petra Kelly e l'ex generale della Bundeswehr Bastlan, autori di un'improvvisa minimanlfestazione pacifista nel centro della capitale della Rdt, è stata eloquente l'assenza del rappresentanti del movimenti pacifisti dell'Est Invitati al Congress Centrum: si tratta di movimenti pacifisti autonomi, che niente hanno a che fare con I Comitati ufficiali per la pace, di organizzazioni propagandistiche legate a quella emanazione del Kgb che è II Consiglio mondiate della pace (fondato nel 1950 a Parigi e attualmente presieduto dal comunista indiano Ramesh Chandra), noto solo per le sue campagne propagandistiche contro la politica di difesa dei Paesi occidentali. Dunque, nessun rappresentante del pacilismo non.utltcia, le dei Paesi dell'Est è potuto venire a Berlino Ovest; eia perché i rispettivi governi non hanno concesso I visti (questo riguarda soprattutto l'Ungheria e la Rdt), sia perché i militanti più noti sono In carcere. E' il caso di nove rappresentanti del più forte gruppo pacifista dell'Rdt, quello di Jena, recentemente condannati a pene detentive fra i 30 e I 35 mesi; o di Sergej Batvorin, fondatore di un circolo pacifista sovietico, sottoposto, in un primo tempo , a perizia psichiatrica,' e poi Associazione Italiana Tecnici Pubblicitari ento «ufficiale» e chiuso in carcere, insieme con i suoi principali collaboratori, per .-agitazione antinovìatìca*. Risulta chiaro che l'unico pacifismo accettato da Mosca è quello funzionale alla sua strategia: impedire, grazie ad ogni sorta di pressioni sul Paesi euro-occidentali, l'installazione del missili Pershing II e Crùise. Il pacifismo, all'interno dei Paesi dei blocco di Varsavia, che osi parlare di una comune responsabilità delle due superpotenze nella corsa agli armamenti, e che, magari, associ la lotta per la pace a quella per i diritti civili, non è tollerato: neppure in quel Paesi, come la Rdt, che sembrava, due anni fa, interessala alio sviluppo di un movimento pacifista, in partecontrollato dalle Chiese protestanti: questo, infatti, poteva favorire, nell'altra Germania, anche come riflèsso propagandistico, un movimento ben altrimenti ampio e influente, come quello legato agli ecologisti, alla sinistra socialdemocratica (e anche al minuscolo, ma attivissimo pc filosovietico di Hebert Mies). Ora che il pacifismo dei gruppi di Jena e di Berlino Est ha rivendicato la revoca dell'istruzione militare nelle scuole e il diritto di scegliere in alternativa al servizio militare quello civile, il governo comunista non l'ha più tollerato. Da qui le persecuzioni e gli arresti; pedino la . proibizione di simboli e di slogane Innocui (come: «Trasfbr.. mara io armiInjuattirl. ■ In Urss il pacifismo non ufficiale è stato stroncato subito sul nascere: troppo dirompente poteva essere la sua azione in un Paese sempre più coinvolto in una sanguinosa guerra imperiale, come quella condotta in Afghanistan. Si capisce bene, cosi, che al Congress Centrum, tanti posti fossero vuoti. Si terrà conto di tutto questo, marciando su Comiso?. 4 Piero Sinatti allineato