Cattivi Pensieri di Luigi Firpo

DPapa in trionfo a Milano Cattivi Pensieri di Luigi Firpo DPapa in trionfo a Milano Venerdì 20, alle 16.55, Giovanni Paolo II è sceso in volo all'aeroporto di Linate, iniziando così una visita di tre giorni alla città di Milano e alla sua diocesi. L'avvenimento, al di là del suo evidente significato religioso — l'incontro del pastore della cattolicità con uno dei grandi centri storici della pietà cristiana, illustrato da santi come Ambrogio e Carlo — suscita tre spunti di riflessione e di perplessità. Il primo è l'inevitabile carattere di spettacolo che assume un evento quando coinvolge una cosi vasta partecipazione di folla ed è orchestrato con scenografie tanto elaborate e sapienti. C'è da chiedersi dove finiscano l'emozione intima, l'afflato religioso, e incominci invece una sorta di rappresentazione collettiva in cui la massa si fa protagonista: dai cardinali prostrati al bacio dell'anello, ai sindaci con fascia tricolore, dai generali agli scouts. tutti partecipano alla oceanica cerimonia protocollare. Lungo il percorso, a migliaia, sono schierati poliziotti e carabinieri, guardie di finanza e vigili urbani, militari di tutte le armi, mentre a bassa quota rombano gli elicotteri, gli agenti in borghese si mescolano sospettosi alla folla, sui tetti e le terrazze i tiratori scelti stanno col binocolo puntato, e lui, il Vicario di Cristo, passa nella sua veste bianca col mantello scarlatto (i colori splendidi dell'uniforme asburgica), ma su una jeep blindata, dietro cristalli a prova di proiettile, magari portando, come qualcuno sussurra, il giubbotto antiproiettile. Migliaia di persone hanno lavorato per mesi a organizzare ogni mossa, a riunire i docenti all'Università Cattolica, la Milano-bene per il concerto verdiano alla Scala, gli industriali alla Fiera campionaria, 15 mila suore al Palazzo dello Sport. 25 mila curiosi in Piazza del Duomo. 100 mila giovani all'autodromo di Monza e 100 mila operai a Sesto S, Giovanni. L'impressione è di uno show troppo esibito, di uno Stato troppo succube, che fornisce il Dc-9 militare per il viaggio e troppi militari il servizio d'ordine. Il Fi- \^pen glio di Dio era entrato a Gerusalemme tra i poveri sulla groppa di un asino... Il secondo spunto riguarda l'opportunità di un così intenso periplo proprio adesso e qui. Si sa che Papa Wojtyla viaggia molto e con aggressiva baldanza: altri han discusso se fosse giusto e saggio andare, ad esempio, in America Centrale, in una polveriera funestata dalle stragi più spietate, a recare un messaggio che ha suscitato problemi in maggior numero di quelli che sperava di risolvere. Cosi rilievi ed allarmi non sono mancati nella stampa italiana con riferimento al recente riaggio lombardo. Nessuno, ovviamente, si sogna di contestare il diritto del Papa di visitare le diocesi italiane, ma forse sarebbe stato segno di prudente astensione, di austero rispetto della sfera del profano e del contingente, evitare una visita cosi clamorosa proprio in periodo pre-elettorale, suscitando qualche malizioso sospetto. Oggi che, a tutto vantaggio dell'autentica religiosità, si sono diradate le immagini sacre e piangenti o sanguinanti e le Madonne pellegrine, una netta separazione fra la tumultuante lotta politica e l'interiorità della coscienza dei credenti gioverebbe sicuramente a liberare sia la purezza della fede dai compromessi con il potere, sia la pratica mondana dalle ipoteche dell'aldilà. L'ultima perplessità riguarda poi la frase centrale del primo discorso milanese del Papa, vero nodo essen¬ ziale del suo messaggio alla città, ma riferibile per ovvia estensione all'Italia intera e al mondo. Egli ha lamentato al fenomeni negativi che inquinano la società moderna e die hanno la loro matrice in un riduttivo secolarismo». Sarebbero queste le ('risultanze di un umanesimo immanentistico ispirato a una eccessiva ed erronea fiducia nelle risorse della ragione». Espresso in questi termini, il pensiero di Giovanni Paolo II è chiaro e senza mezze misure. Esso si ricollega, fra l'altro, ad una lunga tradizione teologica che vede nei figli di Adamo i portatori della colpa originaria, debilitati dal peccato e incapaci perciò di salvezza senza il lavacro purificatore del battesimo e senza l'assistenza della divina grazia. Sì tratta di una dottrina che si snoda per tutti i secoli del pensiero cristiano, ora più aspra (fino a giudicare l'uomo totalmente incapace di perfezione e di autogoverno), ora attenuata in più benevole accezioni, salvando una certa rettitudine naturale e una segreta aspirazione al bene, che tuttavia fatica a districarsi dal groviglio delle passioni e delle tentazioni carnali. Le parole del Papa, che hanno sottolineato questo limite dell'uomo circoscritto nell'ordine naturale, sembrano contraddire l'ottimismo da lui altre volte espresso circa una continuità sostanziale tra ragione e Rivelazione, fra natura e Vangelo, entrambi manifestazioni della sapienza divina. Daccapo vediamo la scienza e la tecnica poste sotto accusa e, comunque, confinate ad un ruolo subalterno, mentre la razionalità, strumento unico di conoscenza e di condotta nei confronti di una natura ostile e di una convivenza difficile, viene definita come insufficiente, immatura, c guardata con sospetto, preludendo a evasioni nell'irrazionalismo e nel fideismo supino. Rifare il processo a Galileo non consiste nel rispolverare vecchie carte legali o pronunciare assolutorie tardive, ma nel restituire autonomia e dignità alla ragione dell'uomo, in cui il credente dovrebbe riconoscere una scintilla del Logos divino.

Persone citate: Cattivi Pensieri, Giovanni Paolo Ii, Papa Wojtyla

Luoghi citati: America Centrale, Gerusalemme, Italia, Milano, Monza, Sesto