Tristano e Isotta hanno fatto centro di Giorgio Pestelli
Tristano e Isotta hanno fatto centro Wagner a Genova diretto da Horvat, regista Busse Tristano e Isotta hanno fatto centro Genova — Austera (ma felice) conclusione della stagione Urica 1983 al Teatro Margherita con Tristano e Isotta di Wagner, nuovo allestimento in lingua originale curato dall'ente genovese e affidato alla direzione di Mllari Horvat e del regista Peter Busse. Quando si e spento l'ultimo, estatico accordo di si maggiore della piena orchestra, una grande ovazione ha salutato direttore e interpreti e malgrado l'ora piccola (l'uria di notte) non un genovése si è mosso dal postò prima di aver fatto uscire al proscenio molte .volte la compagnia a forza di applausi Successo meritato, perché rispetto all'impresa tentata 11 bilancio finale è positivo e anche perché l'ultima scena ha avuto una delle realizzazioni più intense di tuttala serata. E poi. diciamolo pure, perché la morte di Isotta è quello che è, strappa l'entusiasmo anche al sassi, anche a chi ha sonnecchiato durante la prima parte dell'atto; il sublime, atroce delirio di Tristano si rivela come l'apice di tutta l'opera solo conoscendo per filo e per segno cosa dice l'eroe -.-.morente.(altrimenti, questa agonia' di quasi un'ora può {Strappare, come sembra sia avvenuto al San Carlo di Napoli, la voce popolare •quant'è bbella 'a morte subbtto»). Ma la morte di Isotta no, anche con un'idea vaga di cosa stia pronunciando, il colpo va sempre a segno e l'adesione riesce ogni volta immediata e totale. Quando in Tristano e Isotta sono solidi i fonda¬ menti del due protagonisti il colpo è fatto al settanta per cento: cosi avviene in questo allestimento genovese con il tenore Heribert Steinbach e il soprano Paullne Tinsley (che cantera ancora nelle recite del 25 e 31 màggio, avvicendandosi con Astrid Schirmer nelle serate del 22 e 29). La Tinsley non possiede un metallo vocale particolarmente leggiadro e uniforme, ma ha grande espressività, note sonore in ogni registro (specie l'acuto), molta attenzione alle sfumature del testo, riflesse con prontezza nell'intonazione e nell'accento. ' Il tenore, si sa, è il grande scoglio sul quale incappano anche 1 piti illustri teatri: ebbene, lo Steinbach supera con slancio la prova, ha voce sonora, duttile (incline ài toni baritonali), canta senza risparmiarsi per tutti i tre atti arrivando ancora ad affrontare con energia e concentrazione l'immane delirio finale; un velo di raucedine lo ha insidiato un palo di volte nella conclusione, ma più di questa circostanza, l'obbiettivo da raggiungere oltre la prestanza vocale è semmai una maggiore raffinatezza e interiorità anche nel movimento scenico. La regia di Peter Busse, con spaziose, belle scene di Michael Scott, è funzionale e intelligente, unici appunti: il gesto di Isotta che spegne la fiaccola, simbolo della luce, del .Giorno frodolento», ha un valore simbolico che richiede più evidenza; inoltre, non si capisce bene che Tristano per due volte si comporta da suicida, con Melot nel duello, gettando per terra la spada, e con Isotta alla fine, quando l'accoglie strappandosi le bende: egli infatti anela a tornare nel «grande regno della Notte» da cui dice di venire, come da un Monsalvat negativo. Ma in compenso 11 Busse ci da molte cose apprezzabili: un re Marco (il bravo Malcom Smith) vecchio e stordito come un re Lear, il grande duetto d'amore trasportato in regioni iperuraniche da una luce nebbiosa, e soprattutto la scena finale: re Marco, che di solito, come diceva Cerchi, resta 11 «guardandosi la punta delle scarpe», se ne esce divertitameli te, l'oscurità crescente toglie allo sguardo l'ammonticchiarsi dei cadaveri (Tristano, Melot. Kurvenaldo), la stessa Isotta, mentre canta il suo inno, perde poco alla volta contorni concreti e diventa un simbolo di compassione universale. Il direttore ha tenuto saldamente uniti strumenti e voci: in orchestra i problemi più grossi li ha avuti dai corni, ma anche la sezione ■degli- •archi' va irrobustita per non cambiare fisionomia all'equilibrio dèlie armonie. Con quanto aveva a disposizione ha latto bene, con una forte impronta unitaria; fra gli altri interpreti, oltre a Martha Szrlmay (incisiva Brangania) e a Louis Manikas (Kurvenaldo), bisogna menzionare Francesco Memeo, eccellente nella particlna del pa- storc' Giorgio Pestelli
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