Prodi cerca capitali in Giappone per finanziare la ripresa italiana di Vittorio Zucconi

Prodi cerca capitali in Giappone per finanziare la ripresa italiana «Bastone e carota» nel discorso a Tokyo dell'ex ministro dell'Industria Prodi cerca capitali in Giappone per finanziare la ripresa italiana Se r impegno produttivo nipponico nel nostro Paese tardasse potrebbe scatenare il protezionismo - Il presidente dell'Iri ha chiesto nuovi investimenti nell'elettronica - «Non siamo alla vigilia di una ripresa» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — L'Irl lancia un «sos» al colosso Giappone e chiede investtmcnU e «joint ventures» in Italia. Mollo dignitoso (niente •cappello in mano» insomma) ma anche molto pressante, l'appello che il presidente Romano Prodi è venuto a pronunciare qui a Tokyo parte da un'analisi non pietistica della situazione italiana, e insieme da un giudizio molto preciso sulle responsabilità e il ruolo che il Giappone dovrebbe assumersi nel processo di ripresa mondiale. -L'alternativa — ha detto Prodi — è la guerra commerciale. E le guerre commerciali hanno la brulla abitudine di precedere sempre le guerre vere e proprie». Poco prima che pronunciasse il suo discorso, nella sede della Coniindustria nipponica, avevo chiesto scherzosamente a Prodi, per breve tempo ministro dell'Industria, se in Italia fosse peggio fare il ministro o il presidente del mammuth Iri. .Fare il ministro può essere più divertente — mi aveva risjwslo — soprai tutto se si ama la ribalta, ma fare il presidente dell'Iri è più utile. Quando si "schiaccia un bottone" da ministro di solito non succede niente. Quando lo si fa dalla presidenza dell'Iri, qualcosa almeno si muove-. Coerente con la sua stessa battuta. Prodi ha cercato di •schiacciare un bottone pulsante da cui possono uscire I miliardi di possibili investimenti nipponici in Italia. Già in prima fila con accordi come quello fra Nippon Steel e Finsider, o come la discussa joint venture» tra'Alfa Romeo e Nissan, l'iri sembra puntare ora soprattutto sull'elettronica industriale, i robots. La delegazione ha avuto lunghi colloqui alla Toshiba dal quali potrebbero scaturire accordi anche a breve scadenza. L'assenza di capitali e stabilimenti nipponici in Italia, in questo settore (dopo un breve e' infelicissimo tentativo di accordo fra la Sanyo e l'Emerson di Borghi), induce a considerazioni maliziose, che contraddicono le prediche giapponesi sul liberismo economico: -Si Ita l'impressione — ha detto Prodi — clic solo il rigido contingentamento delle importazioni di auto dal Giappone abbia portato alla decisione di realizzare un impianto in Italia (Nissan-Alfa, ndr)». Come dire che per avere investimenti in settori tecnologici di punta, come l'elettronica, si dovrebbe ricorrere al blocco dell'Import giapponese? . , La domanda è in buona parte retorica, visto ohe Tiri come tutta l'Italia, dipende troppo (più del Giappone) dal liberoscambismo internazionale per potersi concedere il lusso della chiusura protezionistica. Ma certo -è sorprendente — dice Prodi — die le grandi case giapponesi di elettronica abbiano crealo 31 centri di produzione nei Paesi cu ropei e neppure uno in ItaliaConi come è impensabile che -nazioni rimaste indietro nelle industrie innovative permettano, accettino il predominio dei pochi Paesi avanzati, come il Giappone e gli Usa, senza reagire». I giapponesi devono perciò -affiancare alla tradizionale politica dell'esportazione verso le arce di cojisumo la creazione di basi Sìrodutim-r *■ •••• '■' Insomma il bastone protezionistico e la carota degli investimenti, agitati secondo una logica certamente italiana, ma non solo italiana, ripete Pròdi. Perché la crisi economica internazionale, pensa il presidente dell'Iri, non una tempesta passeggera -destinala a lasciare il posto a una specie di nuova età dell'ogrossissimo, qui a Tokyo, il ro». Al contrario, proprio i vent'annidi sviluppo travol-' gente, nel primo dopoguerra, fino allo «choo« energetico del 73, -sono stati anomali e irripetibili- e i governanti^ i responsabili di grandi industrie pubbliche e private devono ora prepararsi alla nuova epoca di -incertezza gestita-. Non è più possibile far conto sulla -forza trainante- dei settori tradizionali, come le industrie metallurgiche e chimiche di base, ha insistito Prodi che parlava nel quadro di un convegno internazionale organizzato dal maggior quotidiano nipponico, lo Yomiuri Shimbun. - Questi settori — ha detto con parole che non suonano confortanti per l'industria siderurgica italiana — esercitano semmai una funzione frenante sullo sviluppo economico-. E Prodi lo ha ripetuto, fedele all'impc gno di non raccontare rosee favole sull'Italia ai giapponesi: -La crisi della siderurgia Ita portato, e continuerà a portare, netti ridimensionamenti nella capacità produttiva degli impianti primari: Le soluzioni, nella logica della permanente incertezza da «gestire» sono, lo abbiamo detto, individuate da Prodi nella ricerca di economie di scala «non più nel ciclo produttivo di un singolo bene, ma nei sistemi economici- nella loro interezza. Le richieste sono per una maggiore presenza produttiva, di capitale fisso giapponese in Italia, in ogni campo dall'elettronica all'au tomobile alla siderurgia. La speranza, per l'Irl, e quindi per tanta parte dell'economia nazionale, è che — senza illudersi sulla possibilità di arri vare al grado di «consenso sociale» che ha fatto possente 11 Giappone — continui e si approfondisca -la presa di coscienza dei problemi posti dai mutamenti internazionali nelle tecnologie e nelle realtà economiclie-. E si'acuisca -la sensibilità nuova mostrata dalle organizzazioni sindacali verso le necessità di ristrutturazioni settoriali e aziendali». Su questo, e in verità su poco d'altro, si fonda il -qualche ottimismo- per il futuro italiano che alla fine Romano Prodi ha espresso. Vittorio Zucconi