Quei missionari dell'Isolotto di Vincenzo Tessandori

Quei missionari dell'Isolotto Che cosa è rimasto dei preti operai a 25 anni dalla loro comparsa Quei missionari dell'Isolotto Don Enzo Mazzi venne indicato come portabandiera della comunità di base e del dissenso - Dice: non si può parlare di dissenso, la nostra è stata piuttosto una ricerca sacerdotale nuova - Ora fa il maestro elementare a Scandicci - Un prete in fabbrica: «Il socialismo mi è entrato nelle ossa, ma il pei non mi ha mai convinto» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE FIRENZE — -Mi disse; "Vuoi fare il missionario? D'accordo, ma percìié non qui, nella nostra diocesi?". Così venni all'Isolotto, con la benedizione del cardinale Elia Dalla Costa. Era il 1954, avevo 27 anni, da quattro ero prete e possedevo una certa esperienza nella ricerca di rinnova' mento ecclesiale fatta in Italia e all'estero-. Don Enzo Mazzi da anni viene indicato come un portabandiera delle comunità di base e del dissenso, ma la definizione non gli pare felice: -Non si può parlare di dissenso, la nostra è stata piuttosto una ricerca sacerdo■ tale nuova, qualcosa che si è combinato con.la gente che avvertii^ un bisogno a volte esplicito di preti che vivessero un'esperienza diversa-. Oggi vive In un appartamento a piano terra nel cuore del -suo- quartiere; fa il maestro in una elementare, a Scandicci, dove si applica un sistema d'insegnamento sperimentale, a classi aperte «in senso verticale» con i ragazzi dei 5 corsi che hanno contatti continui. Prima era stato elettricista ma aveva dovuto smettere per ragioni di salute. L'Isolotto, sorto in quegli anni, divenne subito ghetto, strozzato fra l'Arno e la via Pisana, senza scuola, di fatto separato dal resto della città, abitato da gente poverissima che aveva alle spalle tremende esperienze di sradicamento da realtà soprattutto contadine-, ricorda Mazzi. Erano arrivati uri po' dappertutto, i più dall'Istria. Don Enzo fu parroco sino alla fine del '68, quando venne costretto a -consegnare le chiavi- dono cento scontri, incomprensioni e qualche malinteso con le gerarchie ecclesiastiche: Dalla Costa, l'uomo che aveva sbarrato le porte del palazzo arcivescovile in iaccia a Hitler, il omaggio '38, era stato sostituito da mons. Ermenegildo Florit, per ragioni di età, e la diocesi fiorentina, ricorda Mazzi, «era finita al centro delle attenzioni vaticane. Si sviluppò la repressione, prima contro La Pira, poi contro gli altri, per ultimo l'Isolotto. A esser sincero, ancora non so die cosa ci abbiano rimproverato, forse cose die oggi sono acquisizioni normali per molte parrocchie». Si chiedeva, in quella piccola chiesa di periferia, la non discriminazione per le scelte politiche, durante le funzioni veniva letta la Bibbia. -Il discorso sulla pluralità politica scatenò la de fiorentina, ma decisivi sono stati i motivi ideologici perdié permettevano alla gente di farsi una vita di fede non necessariamente legala ai condizionamenti culturali-. A fianco, Mazzi aveva altri due sacerdoti: Paolo Caciolli Sergio Oomiti. Più tardi, Oomiti, che ha ora 52 anni, diventò parroco di un quartiere anche più povero: le Minime. Dice: -L'Isolotto, e poi le Mìnime, allora, non davano né ricevevano niente sotto il profilo culturale». Come altri, anche 1 tre trovavano insopportabili I privilegi di cui gode un sacerdote. «Occorreuo essere economicamente indipendenti dalla curia-, afferma Oomiti. -Il lavoro doveva servire per quello, non per fare i preti in fabbrica perché sono proprio loro, gli operai, che più somigliano a Cristo». Da 13 anni don Gomiti è restauratore di libri alla Biblioteca Nazionale, 720 mila lire mensili. Con Mazzi è impegnato per lo sviluppo della chiesa di base: nei giorni scorsi ha partecipato, a Torino, al convegno internazionale sull'America Latina, Mazzi è partito per un seminario in Olanda. L'esperienza dell'Isolotto non è rimasta arida, affermano, anche se 1 contatti con la gerarchia ecclesiastica si sono interrotti. Ogni dome nica mattina, dal 1969, Mazzi dice messa nella piazza del quartiere. In chiesa il parroco ne celebra un'altra. Ha sèguito, anche se molli son partiti L'Isolotto è diverso, quasi un rione piccolo-borghese. -Una comunità più. che una realizzazione è una ricerca-, asserisce Mazzi, «e io credo die l'unico punto di riferiménto essenziale siano proprio le comunità dove le esperienze di solidarietà trovano precisi riscontri». La fabbrica, la. realtà operaia, alcuni sacerdoti l'hanno avvicinala come cappellani e, assicura taluno, qualche volta ci si è accorti di essere -dalla parte sbagliata». Cinquanta sette anni, prete da 33, Carlo Carlèvaris, torinese, entrò per la priifìa volta alla Fiat Grandi Motori nel 1953, come cappollano, ben accetto alla direzione. Un idillio breve. Dal 1967 è operaio, da 15 lavora come magazziniere in una industria di stampi per la co struzione di autovetture; al terzo livello-; guadagna 670 mila nette. E' impegnato a fondo nel sindacato. Giovane, voleva dedicarsi all'insegnamento, ma la prima esperienza, come viceparroco a Beinasco, cintura torinese, lo mise a contatto con una realtà incredibilmente aspra. Incontrai ragazzi che lavoravano nelle "boite", alle fornaci, ed erano sfruttati in ogni modo. Presi a occuparmi di loro. Erano anni molto difficili, il padrone poteva fare più o meno tutto, come vorrebbe fa re adesso». Era cresciuto in un -ambiente tipicamente clericale, cioè di anticomunismo, rione erano privilegiate la ricerca dell'ordine e la disponibilità alla soggezione e dove si riceveva un'educazione che fatalmente portava al mondo democristiano e a scelte pomicile di quel tipo. C'erano, insomma, i democristiani die erano "cristiani" e i "non cristiani" die erano comuni sti. La fabbrica mi ha fatto scoprire la tragicità di questa divisione, vedere l'uomo nella sua dimensione più spoglia e realista, trovare dei cristiani sfruttatori e dei comunisti che lottavano per la giustizia. Abituato a pensare che i "cri sliani"fossero perseguitati e i "non cristiani" persecutori, Ito trovato cristiani dichiarali die perseguitavano gli altri erano responsabili di licenziamenti, dei reparti di confino, di discriminazioni d'ogni tipo. Si dicei>a che l'operaio fosse lontano dalla Chiesa e da Dio: dalla Chiesa è vero, ma da Dio è tutto un altro discorso». Trovò, nel suo cammino, conforto e appoggio nel cardinale Pellegrino. La società, dice Carlèvaris, dovrebbe essere .socialista». -Non per questo penso di esser re marxista. Uso l'analisi marxiana, ma il marxismo non è l'unico strumento, ci può essere un'analisi freudiana, altrettanto valida. A differenza di altri preti operai, che hanno scelto il marxismo come bandiera per.cui battersi, perirle che ho vissuto gli Anni Cinquanta, conosciuto lo stalinismo in fabbrica e fuori, le delusioni e le suggestioni sono state minori. Lotto e pensoper una società diversa, ina il pel non mi ha inai convinto mentre il socialismo mi è entrato nelle ossa». E la fede non è mai stata scalfita: all'Ultimo piano della sua casa, in centro, celebra Messa, e non è nini M'io. - Apmpmceecodg Con altri preti operai, come Aldo D'Ottavio, 39 anni, ex dipendente Lancia, un brutto momento sospettato di simpatie per il terrorismo, ora magazziniere alla Fiat, ha accettato una -scommessa»: è errato, sostengono, asserire come fanno alcune comunità di base che non ci sia più bisogno del prete, sostituito dalla gente stessa del gruppo; semmai è la figura del prete-opeiraio a dover essere superata e il lavoro punta alla formazione di operai-preti. Una «sco7n'inessa» difficile, ma alla fonderla Fiat di Carmagnola, un •giovane, di nome Beppe, è diacono e in autunno sarà ordinato sacerdote. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: America Latina, Beinasco, Carmagnola, Firenze, Istria, Italia, Olanda, Scandicci, Torino