Il Vangelo secondo Toyota di Vittorio Zucconi

Il Vangelo secondo Toyota PENSIERI E MIRACOLI DEL FALEGNAME CHE FONDO* L'INDUSTRIA GIAPPONESE Il Vangelo secondo Toyota Un «libretto azzurro» racconta la vita del re dell'automobile nippònica - Quando nel 1890, giovane curioso, fu cacciato dai mercanti di mao. chinali stranieri -1 primi passi della multinazionale, che fino all'80 ha prodotto 30 milioni di veicoli - «Andate e vendete» - «Si tolse la giacca e aggiustò l'ingranaggio» - «Pianse dopo rincontro con l'imperatore» - Un documento prezioso e inquietante sul colosso Giappone DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO : All'età di 23 anni, dopo un'operosa giovinezza, trascorsa collezionando virtù e brevetti, il giovane falegname lasciò la casa del. padre e prese la via della, grande città, per visitare una mostra. Era l'anno 1890, e in un tempio della periferia, i mercanti del nuovo Giappone esponevano orgogliosi la loro mercanzia, lustre, modernissime macchine utensili importate dall'Europa e dall'America. Ogni mattina, col fagotto del riso bollito e delle verdure conservate per la colazione, il giovane falegname si faceva largo a gomitate tra la folla dei curiosi e dei compratori per vedere da vicino, toccare e provare gli straordinari ordigni venuti dall'Occidente. Faceva, anche molte domande, il giovanotto, e arrivati al settimo giorno di esposizione, uno dei mercanti, un vecchio affarista di Tokyo, perse la pazienza. «Senti un po', l'apostrofò brusco, tu vieni qui per passare il tempo, ma infastidisci noi che lavoriamo e disturbi 1 clienti che vogliono comprare. Vattene e non tornare più». Un calcio Con un calcio nel sedere, i mercanti cacciarono il falegname dal tempio della tecnologia e segnarono, con quell'umile gesto, il futuro industriale del Giappone. Spolverandosi dignitosamente il fondò dei pantaloni, il falegname si alzò e con lo sguardo fiammeggiante, nel padiglione fattosi naturai- mente silenzioso, gridò: .Ah, tu mi prendi a calci, mercante, tu mi offendi, e sei giapponese come me? Ebbene ti dico che dovresti vergognarti di vendere macchine importate dall'estero. Io sono orgoglioso di essere giapponese e ! a chi mi ascolta giuro che un giorno inventerò e fabbricherò macchine infinitamente migliori di queste, tutte giapponesi». Fu una specie di 'Schiaffo d'AnagnU industriale, una svolta, quel calcio nel sedere e forse, con un. poco pili di pazienza, lo stolto mercante avrebbe reso, cent'anni dopo, la vita più facile a Detroit, a Wolfsburg o a Torino: il piccolo falegname umiliato si chiamava Sakichi Toyota, e'dal suo giuramento è nata la seconda casa produttrice, e la prima esportatrice, di automobili al mondo, la ^Toyota.. Vedete che cosa 'succede, a volte, a picchiare i 'ragazzi. Ho tratto questa parabola del mercante collerico e del falegname curioso da un libro di quelli che di solito vengono buttati a bracciate nel cestino. Edito dal servizio 'Stampa e pubbliche relazioni» della Toyota, il volumetto ha- tutte le intenzioni e stigmate apparenti della propaganda d'azienda ed è invece una lettura affascinante e unica. In bella carta azzurra, sobria e rispettosa insieme, il libro raccoglie, come un vangelo profano, i pensieri e le parabole, i miracoli e la predicazione del fondatore della Toyota, dei suoi figli e degli apostoli dei consigli d'amministrazione. E' un affresco che va ben oltre le quiete pasture della piaggeria aziendale, il 'libretto azzurro» coi pensieri del Toyota è un documento prezioso e inquie- tante non sopra un uomo, né un'azienda, ma su un Paese intero. Il 'Vangelo secondo Toyota» è uno sguardo diritto al cuore, intoccabile e incomprensibile, del colosso Giappone. i Pensate a un Ford che impone le mani alle macchine e le guarisce, come i »re santi» francesi curavano gli scrofolosi. Immaginate un Agnelli* che, dopo un'udienza con l'imperatore, abbraccia il figlio e gli dice: «Non ho più. nulla da chiedere alla vita». Figuratevi un Massacesi che strapazza un metalmeccanico ottuso e soprattutto figuratevi il metalmeccanico che lo abbraccia è lo ringrazia per averlo «svegliato». Se davvero riuscite a 'Vedere» queste scene, avete capito che cos'è il Giappone. Se invece vi sembrano immagini improbabili, il 'Vangelo secondo Toyota» merita una lettura. Avvenne un giorno del 1930 che i vecchi 'dottori della legge» fermarono il futuro re dell'auto nipponica e cercarono di coglierlo in contraddizione. Fingendo ipocrita premura, gli chiesero i sepolcri imbiancati: «Le tue Idee sono interessanti, ma spiegaci: come farai a vendere automobili giapponesi all'estero, dove nessuno parla la nostra lingua e nessuno ci capisce?». «Vi rispondo subito, replicò pronto il giovane, che le automobili non parlano né l'inglese né 11 tedesco né il giapponese, ma parlano 11 linguaggio della qualità e del prezzo. E tutti, nel mondo, sono In grado di capirlo». Nell'anno 1935, i discepoli gli portarono orgogliosi la prima vettura interamente fabbricata «in cosa», uno. sgraziato, e già obsoleto, prototipo tutto copiato dagli americani e battezzato Al./ discepoli, annota l'oscuro evangelista dell'ufficio stampa, scoppiavano di soddisfazione, ma il loro signore li gelò. «Senza neppure degnare di uno sguardo 11 prototipo mormorò a voce bassissima: sciocchi, quella che provate non è legittima soddisfazione, ma è semplice autolnganno. Non siete voi. ma le genti, li giudice del nostro prodotto. Andate e cercate di venderla c, se ci riuscite, tornate soddisfatti. Solo allora mi unirò alla vostra gioia». Fruttuosa pentecoste. Da quell'imperioso «andate e vendete» pronunciato sul primo anatroccolo 'Toyota», nasce l'ecumenica multino-' Bionaie di oggi. Un totale di 30 milioni di sole auto prodotte fino al 1980, e di esse 11 milioni esportate. Un ritmo annuale di 3.600.000 veicoli, dei quali poco meno della metà (1,6 milioni) venduti all'estero. Profitti, in un anno di »vrisi» come l'82, da far sciogliere le campane e cantare il te deum a Torino: 842 miliardi di lire «after taxes», nette. E:più di mille miliardi previsti nell'83, se la »ripresina» terrà. Ma quando l'imperatore gli conferì poco prima della morte la decorazione del 'Sacro tesoro», solo ài terza classe perché non si montasse la testa, il falegname pianse di gioia, . Aveva i suoi momenti di debolezza. Nel 1910, ammette l'evangelista, «cominciò adu bi tare di riuscire davvero a produrre quel telaio automatico per 1 tessili che 11 padre, anch'egli falegname, aveva sognato e lui, Toyota aveva giurato di realizzare». «Si scoraggiò», osserva il 'libretto azzurro» e pudicamente aggiunge: «Temporaneamente abbandonò il lavoro Per uscire dalla crisi, decise dì fare un viaggio fatale in America. Da solo, con una va ligia, e senza parlare una parola d'inglese. «Vi dico, in verità che sentii gli occhi aprirsi», spiegò anni dopo a un gruppo di giovani ingegneri. «A mano a mano che attraversavo le grandi pianure, le grandi città degli Stati Uniti, mi sentivo travolgere dalla tremenda energia e vitalità che sprigiona vano da quelle terre e dalla gente. Ero furioso con me stesso, per aver dubitato del lavoro di mio padre e dei miei progetti dopo 1 prinil fallimenti. Capii che il Giappone poteva essere grande quanto il nostro coraggio l'avrebbe permesso». L'operaio Non risulta che raddrizzasse gli storpi, ma sapeva miracolare le macchine. «Una mattina mentre camminava nello stabilimento, vide un operalo che si grattava la testa davanti a un macchinario fermo. Cos'hai, 1 pidocchi? si informò premuroso. No, ho che la macchina non vuol funzionare. Sakichi Toyota si tolse la giacca si rimboccò le maniche, e affondò le mani nella vaschetta del lubrificante, estraendo un malloppo di grasso rappreso che aveva bloccato il condotto e fermato la macchina Mentre questa ripartiva allegramente, Toyota alzò il grumo di lubrificante perché tutti potessero vederlo e righe di unto nero gli colavano giù per le braccia Non si può lavorare senza sporcarsi le mani, esclamò». Dalla fabbrica, appunta l'evangelista, «si levò un urrà». Per nostra fortuna, il ridicolo è il destino inevitabile di tutte le propagande, siano es- se politiche o commerciali, il riso è l'unica salvezza dagli agiografi, da comitati cen trailo da pubbliche relazioni, e certo l'estensore del 'Vangelo secondo Toyota» vi sprofonda a piedi giunti, ma il suo libretto» non è affatto una lettura comica. Al contrario, esso ha accenti terrorizzanti, echi della stessa matrice asiatica che ha prodotto il culto della personalità e delle opere di Mao, figlia del dispotismo orientale che ha trasformato l'Urss delle speranze socialiste nel disastro stalinista. Ci sono tuttii meccanismi culturali ed etnici che hanno portato il Giappone a Pearl Harbor e a Hiroshima e poi, tradotti industrialmente, la »Toyota» a dominare il mercato internazionale dell'automobile. Le regole Non è solo retorica aziendale, perciò la frase che, nel '38, quésto cristo delle quattro ruote pronuncia all'inaugurazione del primo stabilimento: «Noi tutti siamo stati creati per compiere il dovere assegnato. La nostra forza è quella di una catena dove l'unione di tutti gli anelli genera una forza immensa. Ma della catena abbiamo anche la debolezza, perché basta che un solo anello si .spezzi perché tutto l'Insieme crolli. Ricordatevi, disse a migliaia di operai schierati, che l'errore di uno soltanto fra voi può distruggere il lavoro di tutti gli altri». Afori, prima della guerra, con 25 brevetti, fra cui il telaio per la tessitura automatico che fu la base della sua fortuna, e 80 licenze interna- ' zionalì. Non vide la guerra, e la sua fabbrica costretta a produrre camion militari con l'abitacolo di legno, i freni solo sulle ruote di dietro e un faro unico davanti, come un ciclope, per la mancanza di materie prime. E non vide neppure la prima macchina, una Crowm attraversare il Pacifico nel '57 e sbarcare in punta di piedi nel mercato americano fra le risate degli esperti. «Per dieci anni dovemmo subire soltanto umiliazioni e disfatte», rammenta l'amministratore delegato della Toyota, una specie di apostolo Pietro», «e qualcuno pensava che avremmo dovuto rinunciare. I nostri concorrenti, i giganti di Detroit, ridevano non capivano che per ogni passo indietro, ne facevamo due avanti». Ora hanno capito, e il numero di macchine giapponesi importabili negli Stati Uniti deve essere limitato da negoziati politici, che somigliano a veri e propri 'negoziati Salt»' commerciali. Il 30 ottobre del '35, davanti a un busto del fondatore scolpito dalla moglie, il figlio Kuchiro lesse il testamento del falegname. Erano cinque punti, i «cinque sempre» della Toyota, che restano scolpiti anche oggi nella memoria collettiva e nella pratica di questa fabbrica-chiesa: «1) Sempre fai il tuo dovere, contribuendo all'azienda e perciò al bene comune. 2) Sempre sii studioso e creativo, per essere in anticipo sulla tua epoca. 3) Sempre sii pratico, serio e concreto, ed evita frivolezze. 4) Sempre adoperati per costruire un'atmosfera calda e fraterna in fabbrica, come nella tua casa 5) Sempre rispetta Dio e sii grato per quello che hai». Con i «cinque sempre» si chiude il 'Vangelo secondo Toyota», ingenuo e tremendo documento tra De Amicis e Lenin, tra Menenio Agrippa e Mao Zedong. Ma più efficace di una ricerca scientifica nel darci il senso del 'modo di produrre» giapponese. E c'è andata anche bene: se l'Urss fosse così efficiente, oggi scriveremmo tutti in cirillico. Vittorio Zucconi

Persone citate: Agrippa, De Amicis, Lenin, Mao, Mao Zedong, Massacesi, Profitti