Depongono i «Proletari armati» accusati del delitto Torregiani

Depongono i «Proletari armali» accusati del delitto Torregiani Ventidue imputati al processo d'appello a Milano Depongono i «Proletari armali» accusati del delitto Torregiani MILANO —E' co nimicato ieri l'interrogatorio degli imputati al processo d'appello per l'assassinio dell'orefice Pierluigi Torreggiarli. Sono stati ascoltati Maria Pia Ferrari nella cui abitazione furono trovate armi e volantini dei «Proletari armati per il comunismo», il gruppo che rivendicò l'omicidio (ha detto di avere solo prestato l'abitazione a Giuseppe Memeo, uno dei principali imputati), Franco Angelo, Marco Masala. il quale si e dichiarato totalmente estraneo ai «Pac». Pierluigi Torreggiani venne ucciso il 16 febbraio del 1979 in via Mercantlni a Mila¬ no, mentre stava per aprire il suo negozio. Era con lui il figlio Alberto, allora quattordicenne che venne colpito alla schiena e rimase per lungo tempo paralizzato. Il delitto era stato deciso per rappresaglia: circa un mese prima Torreggiani, durante una rapina in pizzeria, aveva reagito Sparando e un bandito era rimasto ucciso. I «Pac», allora gruppo semisconosciuto del sottobosco terroristico, firmarono l'attentato giustificandolo come un atto di «giustizia proletaria». Poco tempo dopo l'uccisione di Torreggiani vennero eseguiti i primi arresti: giova- ni militanti del collettivo autonomo della «Barona». Alcuni vennero subito scarcerati per mancanza di indizi, ma le indagini proseguirono e, nel maggio dell'80, l'istruttoria si concluse con il rinvio a giudizio di 22 persone. Materiale all'accusa venne dai «pentiti», 1 quali però si limitarono a riferire voci circolate nell'ambiente terroristico. Molto più precisa la ricostruzione fatta da un imputato. Walter Andreatta, il quale avrebbe raccolto le confidenze dei due maggiori imputati Giuseppe Memeo e Gabriele Grimaldi. Durante 11 processo di primo grado Andreatta ritrattò dicendo di essere stato costretto, da sevizie e coercizioni morali, a fare quelle dichiarazioni. La Corte, però; non gli credette e accettò in pieno le tesi dell'accusa. Mémeo e Grimaldi vennero condannati a 28 anni di reclusione; a 25 anni Sebastiano Masala e Sante Fatone, che parteciparono all'agguato ma non spararono. Per gli altri inimitati le condanne variarono dai 2 ai 14 anni di reclusione. | Fatone è tuttora latitante. Tra il primo e il secondo processo è stato invece arrestato Pietro Mutti. in un primo tempo accusato dell'omicidio e poi condannato solo per banda armata. Era passato a «Prima linea» e ha poi deciso di collaborare con la magistratura. -Novità potrebbero venire anche da Giuseppe Memeo che al processo per l'omicidio Tobagl ha dichiarato di considerare «chiusa» l'esperienza della lotta armata. s. mr.

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