Un traffico d'armi fra Sofia e Beirut 5 arresti a Milano

(In traffico d'armi fra Sofia e Beirut S arresti a Milano Dopo due anni di indagine (In traffico d'armi fra Sofia e Beirut S arresti a Milano DALIA REDAZIONE milanese MILANO — Missili anticarro, fucili mitragliatori Kalashnikov, armi leggere, il tutto fabbricato in Paesi dell'Europa orientale e in Italia, venivano spediti tra la Bulgaria e 11 Libano, nel quadro di un traffico di armi che vede coinvolti anche alcuni italiani. Cinque di loro, infatti, sono stati arrestati venerdì da uomini della Guardia di finanza su ordine di cattura emesso dalla procura della Repubblica di Milano. Le accuse sono: associazione per delinquere, commercio internazionale di armi da guerra e armi comuni da sparo. Gli arrestati sono Renato De Giacomo, 52 anni, ingegnere milanese, Luigi Garsià, 59 anni, armatolo romano, il figlio del titolare di una impresa di spedizioni genovese, Antonio Scoccimarro, 31 anni, e uri impiegato della stessa, Paolo Spada, 62 anni, oltre a Renato Gamba, industriale delle armi del Bresciano già in carcere per un traffico di armi su cui sta indagando la magistratura di Trento. Un sesto ordine di cattura internazionale, pure emesso dai giudici milanesi, è a carico di Hassan Matragi di Beirut, destinatario finale delle armi, ma non è stato eseguito. E' stato invece arrestato un suo connazionale identificato'nel corso di una delle tante perquisizioni compiute in questi giorni. Si tratta di Isaak Saimassi, titolare di un ufficio di importazione: è indiziato di avere commesso reati valutari, ma si sta indagando sul suo conto per accertare se abbia avuto parte in questo traffico di armi destinate ad ambienti del suo Paese. Prima di dire una parola definitiva sulla sua posizione, giudici e Guai*' dia di finanza intendono esaminare con attenzione i ioaxmenti di cui è stato trovato in possesso. Intanto gli sono stati sequestrati 50 milioni in valuta estera e 100 in lire italiane. 8eeondo i risultati delle indagini; durate due anni, pare che le partite di armi non toccassero mai il territorio italia¬ no. Dal nostro Paese, alla volta della Bulgaria, partivano container» pieni di materiale «innocente»:' trombe acustiche per auto, salsa di pomodoro, articoli sanitari, bibite gasate, bicchieri, il tutto accompagnato da documenti degli uffici doganali perfettamente in regola. Spesso, fin dall'Italia, la merce (regolare) veniva stivata in speciali casse costruite per contenere armi (costò da uno a due milioni l'una) ottenendo lo scopo, all'arrivo, di far figurare gli equipaggiamenti come provenienti dall'Italia viste le complicazioni politiche che potevano sorgere da una origine bulgara. In Bulgaria, a Vania, secondo quanto hanno accertato 1 magistrati italiani, la merce veniva sostituita con armi e relativo munizionamento e i contair.ers proseguivano il loro viaggio -gerso il Libano sotto la copertura dei documenti rilasciati dalla dogana italiana, che aveva compiuto le verifiche al momento dell'uscita dei contenitori dal nostro Paese. Il ruolo degli italiani si sarebbe svolto attraverso società di import-export, che avrebbero organizzato il traffico e studiato il meccanismo per aggirare la legislazione italiana e quella Internazionale sul traffico di armi da guerra.

Persone citate: Antonio Scoccimarro, Hassan Matragi, Isaak, Luigi Garsià, Paolo Spada, Renato De Giacomo, Renato Gamba